Pregno di una qualità onirica spiccata,
accentuata dal luminismo avvolgente di Vinicio Cheli, e percorso da un
frenetico dinamismo circense, Lelisir damore allestito al Teatro
dellOpera di Roma recupera uno spettacolo di Ruggero Cappuccio andato in scena
per la prima volta al Costanzi nel lontano 2011, forse eccessivamente
affollato, comunque carico di ritmo teatrale. Un allestimento che non si basa
su unidea registica forte, ma che immerge lazione in unatmosfera sognante
che rende credibili le oscillazioni emotive e i comportamenti bizzarri dei
personaggi.
Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni
Dicevamo del ritmo; effettivamente i
protagonisti vengono costantemente impegnati ad assecondare i guizzi di una
partitura fra le più brillanti nellampio catalogo donizettiano, in un flusso
di danza quasi ininterrotto. Fanno eccezione le oasi di lirismo che, con le
loro aperture improvvise, aprono spiragli su unemotività di romantica
pregnanza. Saltimbanchi e acrobati definiscono coordinate dal sapore
felliniano, in equilibrio fra realtà e immaginazione. Dulcamara scaturisce da
una sorta di astronave a forma di piramide, piegato come un nano o come una
creatura sovrannaturale, salvo poi mostrarsi in tutta le sue furfantesche
dimensioni. I soldati che accompagnano Belcore hanno le movenze di pupazzi
meccanici, come luomo barbuto dal cui ventre spunta un paio di voraci forbici.
Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni
Lintero allestimento ha il sapore del gioco,
del divertissement al quale si può perdonare anche una certa genericità
nella confezione registica. Perché il divertimento, che è la sostanza
dellopera, trabocca abbondante negli occhi degli spettatori, i quali tributano
agli interpreti un vero e proprio trionfo. Se lo spettacolo addita movenze da
teatro delle marionette, umanissima appare invece lesecuzione musicale. NellElisir,
Donizetti trascende i limiti del farsesco confezionando una partitura colma di
risonanze emotive. Il microcosmo idilliaco del villaggio si apre a improvvise
crudeltà, perché tale è latteggiamento di Adina nei confronti del languente
Nemorino. Se la posa adorante del tenore amoroso genera disprezzo, il distacco
del quale si mostra capace una volta convinto dellefficacia dellelisir
stimola al contrario curiosità e interesse; perché il desiderio si infiamma per
ciò che appare irraggiungibile. Ecco dunque che le maschere comiche, filtrate
attraverso lesperienza rossiniana, acquistano un carattere inedito e del tutto
peculiare.
Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni
Le figure meccaniche si vestono di una
toccante umanità, come se un ignoto demiurgo avesse girato la chiave che non
solo attiva il movimento, ma anche dona inedito spazio ai sentimenti. Rispetto
al modello francese, il libretto di Le philtre confezionato da Eugène
Scribe per Auber, lorizzonte espressivo assume qui una complessità inusitata.
Nemorino può farci sorridere con i suoi atteggiamenti naïf ma, quando si
effonde in frasi colme di rimpianto come Adina
credimi, te ne scongiuro, riesce davvero a commuovere fino alle lacrime.
Screziature emotive che John Osborn evidenzia con tutta la maestria della quale
è capace. La vis comica e le
immersioni sentimentali vengono rese con una linea di canto sempre impeccabile,
in grado di delineare sia le esternazioni più ingenue quanto i malinconici
ripiegamenti. La furtiva lagrima è
davvero un momento di sospensione, un gesto poetico ritagliato nel vorticoso
procedere della trama. Osborn riesce a conferire unanima al personaggio,
trasformando Nemorino nel prototipo del tenore romantico.
Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni
Aleksandra Kurzak è unAdina ricca di
personalità e fornita di una vocalità limpidissima, alla quale si può perdonare
qualche fissità in zona acuta. Il volubile ondeggiare dellanima, il
capriccioso dipanarsi del carattere femmineo viene reso con sensibilità e
dovizia di sfumature. Impagabile Simone Del Savio nel ruolo del ciarlatano
Dulcamara, vero motore dellazione. La sua interpretazione, mai sopra le righe,
delinea il carattere di un personaggio complesso e senza paragoni nel panorama
coevo. La vocalità è piena, il timbro rotondo, la dizione perfetta. Molto meno
convincente il Belcore di Alessio Arduini, non a proprio agio nei panni del
sergente spaccone. Il timbro arido e laccento sommario mancano il
bersaglio. Ottima la Giannetta di Giulia Mazzola, vocalmente e scenicamente
molto convincente. Francesco Lanzillotta dirige con attenzione e ritmo
teatrale, ma manca un poco di fantasia. Da segnalare infine lottima prova del
coro, ben preparato da Ciro Visco.