drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Umanità e natura in musica, parola e danza

di Gianni Poli
  Amore
Data di pubblicazione su web 17/12/2022  

Quale esempio d’arte della finzione, eppure vera azione liturgica di momenti vitali, per caso, per grazia, dolore o sorriso, tipici appunto della parola “amore”, l’ultima prova di Pippo Delbono prosegue con successo la sua tournée iniziata nel 2021. Lo spettacolo, composto di “a solo” calibrati e incisivi, reca una costante misura corale che unisce la diversità artistica degli attori. Una compagnia di personalità spiccate di varie provenienze, che sollecita il pubblico internazionale a uno scambio di piacere estetico. La partecipazione produttiva coinvolge tanti enti e teatri, nel dedicare la rappresentazione a mondi anche lontani, ravvicinati dalla bellezza invocata, amata e pure sofferta. Ed è subito amore per la natura, che risuona in quest’ultimo incontro “sentimentale” con una realtà che ci nutre e ci possiede, buona ad alleviare la morte con una fede che l’amicizia umana incarna.

Lo stupore viene da dentro, deborda a sorpresa per cose note, riudite o rivissute. Accenti da riascoltare, poiché non sondabili fino in fondo. È semplice e chiaro, il messaggio: «Il nostro destino: amore senza limiti. / Amare la nostra stessa carenza d’amore», confessa Carlos D. De Andrade. S’incontrano genitori che patiscono la perdita d’una figlia per violenza nemica, in Belina di Artur Nunes, vissuta in luminosa severità dalla cantautrice angolana Aline Frazão. Rivivono le persecuzioni portoghesi in reazioni di lotte libertarie, estese a Capo Verde. Necessità di preghiera esprime in Fado minore, Mario Rahino: «Dicono che il fado è una preghiera / quindi io prego».

Parola e musica vibrano all’unisono o, “a cappella”, l’intimità della voce induce emozioni e moniti in cantanti dalle mille sfumature, eppure potenti, come Miguel Ramos. Le chitarre possono imitare gli impulsi del cuore e in quella di Pedro Jóia il fado è gioco fatale di note, dialogo con la sostanza ritmica canora che sfugge o rincorre la vita, diretta al proprio destino. Fino a tacere, a diluirsi nel vuoto silenzioso o nella densità dei colori, qual è il rosso ossessivo sulle tre pareti dello spazio scenico disegnato da Joana Villaverde, allusivo al magma eruttivo d’un vulcano. La presenza di Delbono, in quinta o in sala, avvia il racconto con enfasi sillabata, non tanto perfezione quanto piuttosto un idioma familiare alla tribù che lo attornia mentre lo rappresenta, apprendista e creatore in un viaggio in sodalizio che dura da decenni condivisi.


Un momento dello spettacolo
© Luca Del Pia

Lo sguardo è attratto soprattutto dal simbolico albero stecchito, già caro a Beckett. Ora, la pianta è protagonista della parabola in cui un monaco la annaffia per anni per saggiare il potere della fiducia, fino a meritare la prodigiosa rinascita, quando sbocciano fiori argentei sui rami, pervasi da linfa nuova. Le digressioni poetiche – dove l’ansia d’amore sfiora erotismo e sensualità metafisicamente protesi, o bisogno disperato come nei versi di Florbela Espanca – attraversano un immaginario Mediterraneo che sfocia in Africa, frugata oscenamente e sfruttata, violata dall’uomo in guerra perpetua. La cifra dichiarata, se non fosse palese nella fusione d’immagine-movimento-suono, sorge dalla sacralità riconosciuta alla natura. Imperativa, esigente, talvolta struggente, fino ad assopire la passione, che poi si riaccende nell’implorazione, nel “grido”, come quello del titolo del film autobiografico di Delbono (2006), o s’immerge nel “buio feroce” d’un altro suo poema teatrale, famoso e premiato. La gamma espressiva riecheggia e condensa tanti stilemi del regista, dall’espressionismo contrastato all’elegia di certe movenze decadenti, capace di ironizzare su sé stesso e sui compagni di ventura.


Un momento dello spettacolo
© Luca Del Pia

Ogni figura, senza nome, è un attore fattosi allegoria d’una persona innamorata e ogni cantante o danzatore, uno stato, mutevole ed espressivo, del sentimento rivelato. Il senso del rituale – dall’abbraccio gratuito affettuoso d’una coppia dolente, ma pacificata (figlio e madre?), all’omaggio di collane d’oro sul seno generoso e ricettivo d’una donna, lo svuotamento d’un sacco-cornucopia colmo di semi che si spargono a terra – torna a segnare introspezione canora e dizione fuori campo di versi e di canzoni, riemersi di nuovo dall’alveo del fado. Oppure lamenti, grida risate o strida d’uccelli che interagiscono con effetti luminosi e in sintonia con passi danzanti, ora lenti ora in crescendo frenetico. 

L’autore, in disparte, sale in scena nel finale, accolto come dormiente (o morente rasserenato) sotto l’albero, apparso ormai strumento sacrificale di rigenerazione e di resurrezione.



Amore
cast cast & credits
 



Un momento dello spettacolo visto il 7 dicembre 2022 al teatro "Ivo Chiesa" di Genova
© Luca Del Pia

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013