«Auri sacra fames», lesecranda fame
doro dellEneide virgiliana, conduce a «la miseria de lavaro Mida, /
che seguì a la sua dimanda gorda/ per la
quale sempre convien che si rida» (Dante,
Purgatorio, XX, 106). Nella modernità lintelligenza umana si forma in
purgatorio.
«Dopo un anno catastrofico i mercati
finanziari sono rimbalzati da poco più di un mese», «ma rischia di essere solo
illusione, ammonisce la Banca Centrale Europea nel rapporto sulla stabilità
finanziaria, il 16 novembre». «Secondo la BCE i mercati finanziari non hanno
valutato bene la reale misura della recessione in arrivo». «Laltro monito è
più tecnico e inquietante. È sui rischi di disfunzione dei mercati, come nel
fallimento della banca americana Lehmann Brothers che nel 2008 provocò un
crollo mondiale». «La BCE cita il panico finanziario a settembre nel Regno
Unito. Il governo presentò un grande piano di riduzioni fiscali senza copertura
di bilancio e provocò lovvio rialzo del tasso di interesse delle obbligazioni
statali. Ma luragano ha fatto tremare parte dei fondi-pensione, possessori di
prodotti derivati [contratti finanziari legati al valore di altri cespiti, ndr] che li esponevano a rialzi troppo
brutali dei tassi. Nellemergenza hanno dovuto coprire in contanti le perdite,
vendendo di furia altri titoli e aggravando la caduta dei mercati. Solo
lintervento della Banca dInghilterra ha ristabilito la calma. La BCE teme che
così possa accadere nel settore della energia». «Il problema, secondo la BCE, è
che i derivati sono per lo più detenuti da “alcune grandi imprese dellenergia” e forniti solo da un pugno
di grandi banche. È un mercato piccolo e gestito da pochi attori, ma riguarda
imprese di importanza sistemica. “Posizioni molto concentrate […] pongono
rischi di stabilità finanziaria”». «Al momento il mercato ha tenuto. Ma suona
la sveglia» (É. Albert, Pour
la BCE, le risque financier sur les marchés “augmente”, in «Le Monde», 16
novembre 2022, on line).
Anche «il boom delle criptovalute è
stato enormemente incoraggiato dalle montagne di liquidità iniettata dalle
banche centrali nel sistema finanziario. Questo denaro, creato praticamente dal
nulla, ha spinto gli investitori a attività sempre più rischiose e sempre più
barocche per avere rendimenti sempre più alti. Il ritorno a politiche monetarie
più ortodosse ha il merito di bucare la bolla delle criptomonete. Vanno
regolate con fermezza» (Èditorial. Réguler enfin les cryptomonnaies, ivi).
«Due settimane fa Sam Bankman-Fried
era nella stratosfera. Terza in importanza, la sua criptovaluta FTX era
valutata 32 miliardi di dollari; il patrimonio personale 16. Per i prorompenti
venture capitalist di Silicon Valley era il genio finanziario che poteva
stupire», «a Washington è stato il volto accettabile di crypto». «Oggi restano
un milione di creditori furiosi, decine di società di crittografia traballanti
e un proliferare di indagini normative e penali». «Che crypto sopravviva o
diventi curiosità finanziaria come secoli fa i bulbi di tulipano, non dipenderà
dalla regolamentazione». «Non cè innovazione se investitori e utenti temono
che i loro soldi finiscano in nulla. Per risalire, crypto deve trovare usi
validi, lasciando perdere le boiate» (Is the end of crypto?, in «The
Economist», 19-25 novembre 2022, on line).
Secondo il «presidente Theodore
Roosvelt (1901-1909), “Spendere fortune in opere benefiche non potrà mai
compensare il comportamento scorretto che ha permesso di accumularle”» (J.-M. Bezat, Philantropie: Jeff
Bezos, enfin, in «Le Monde», 16 novembre 2022, on line). Due guerre
mondiali dopo, David Bazelon confermava che «il solo significato
esistenziale di iniziativa si riferisce a ciò che gli uomini daffari
generalmente stanno facendo in quel momento, e libera è soltanto la
concomitante pretesa di esser lasciati in pace a farlo. Nel complesso
lideologia corrente del mondo economico è soltanto unevasione dalla realtà
della vita accompagnata da pugni sul tavolo. Faceva il gallo nel pollaio prima
del New Deal e resta oggi linterpretazione più onnipresente di Quel che Stiamo
Facendo. Ma si è messa sulla difensiva, e da qualche tempo il suo principale
contenuto è sempre più: Quel Che Stiamo Facendo di Sbagliato» (D. Bazelon, Leconomia
di carta, Milano, Edizioni di Comunità, 1964, p. 29).
Ora è il Purgatorio Shock Economy.
Lascesa del capitalismo dei disastri (N. Klein, Milano, Rizzoli, 2012), in
cui un «evento inaspettato e non prevedibile, esterno al sistema economico, ne
influenza in modo positivo o negativo landamento» (Dizionario di economia e
finanza, Treccani on line). Per dire, la guerra di Putin che «sta
facendo della Russia uno stato fallito, confini fuori controllo, formazioni
militari private, popolazioni in fuga, decadenza morale e possibile conflitto
civile. E benché sia aumentata la fiducia dei leader occidentali nella capacità
dellUcraina di resistere al terrore di Putin, cresce lallarme sulla capacità
della Russia di sopravvivere alla guerra. Potrebbe essere ingovernabile e
precipitare nel caos» (Russia risks becoming ungovernable and descending
into chaos, in «The Economist», “Today”, 22 novembre 2022, on line). Tra superprofitti
e alta inflazione, Biden ha varato un piano di protezione e rilancio
industriale, ma in UE «bisognerebbe rompere il dogma di libero-scambio, ultimi
paesi sviluppati a sostenerlo» e per «accelerare la transizione energetica
lEuropa deve comprare cinese, compromettendo la propria rinascita industriale
in questi settori. La scelta tra sovranità industriale e clima è già fatta» (P.
Escande, Transition ou industrie, le dilemme, in «Le Monde», 3 dicembre
2022, on line). Ma si è infine raggiunto laccordo franco-tedesco per costruire
il prototipo del futuro aereo da combattimento europeo (Accord sur lavion de chasse européen du futur, ivi).
È il ritorno di Europa.
Il ritorno di
Europa. La nuova
Germania e il vecchio continente di Hagen Schulze, docente di storia contemporanea
e teoria della storia allUniversità di Berlino, ricorda che «purtroppo la
storia non è avara di figure di “capi” generati dal caos, che abbiano tentato
di mascherare le contraddizioni interne proiettandole allesterno (e dichiarando
guerra al vicino)». «E fino a quando la democrazia russa sarà una pianticella
indifesa senza salde radici, la tentazione del bonapartismo resterà attuale.
Non meno rischioso lo scenario alternativo, che vedrebbe una Russia in grado di
fermare il processo di disgregazione e avviarsi al prossimo secolo con un
sistema moderno e rigenerato» (H. Schulze, Il
ritorno di Europa, Roma, Donzelli, p. 7). E «soltanto adesso ci si rende conto di una verità
imbarazzante: tutti, persino i più accaniti sostenitori dellunità europea, in
realtà avevano contato sul mantenimento dei due blocchi; nessuno aveva mai
davvero progettato e pensato unEuropa unitaria. La logica del filo spinato era
stata più forte della speranza» (ivi, pp. 8-9).
«Mancano argomenti geomorfologici in
grado di distinguere Asia ed Europa. E così ai geografi riuniti negli anni
sessanta in megacongressi organizzati dal Consiglio dEuropa per redigere una
volta per tutte definizioni da manuale, non restò che negare ogni base
scientifica del continente. Si giunse alla conclusione che lEuropa poteva
essere considerata autonomamente solo a partire “dalluomo e dalle sue opere di
colonizzazione del territorio, dalla sua economia, dalla sua cultura, dalla sua
storia e dalla sua politica”» (ivi, p. 16) «LEuropa diventa veicolo di
identificazione politica in presenza di un nemico avvertito come totalmente
“altro”; lopposizione fondamentale è sempre libertà “europea” / dispotismo “barbaro”;
il concetto di Europa scompare con lallontanarsi della minaccia. Ma queste
sono antiche e sparse tracce, delle quali una sola è arrivata a noi in tutta la
sua forza: lidea della libertà» (ivi, p. 18). «È proprio questa la situazione
attuale: senza i due despoti del XX secolo, Hitler e Stalin, il
movimento unitario europeo non sarebbe mai nato» (ivi, p. 25).
«Ma lostacolo decisivo a un senso
forte di identità europea sta proprio nella testa della gente. Poiché il
sentimento comunitario discende da un passato condiviso, ci si riconosce
anzitutto nella propria storia nazionale». «Perché lEuropa prenda corpo dobbiamo
imparare a pensarla» (ivi, p. 27). «Si delinea dunque un elemento decisivo
dellidentità europea: la varietà delle idee, delle culture, delle regioni e
degli stati, che impedisce il perdurare delle egemonie dei singoli». «La
varietà dura fino a quando è in grado di autoregolamentarsi: nelle relazioni
tra stati, nei rapporti tra stato e cittadino, e tra cittadini di una stessa
comunità. Il balance of powers è il corrispettivo della democrazia
interna, in cui gli interessi dei cittadini e delle associazioni trovano un
equilibrio su base giuridica, per lo più sotto forma di costituzione:
attraverso di essa vengono bilanciati non solo diritti, doveri e interessi dei
singoli, ma anche le competenze delle istituzioni statali, mediante una
vigilanza reciproca che tempera il potere di ciascuna» (ivi, p. 30). «Se dunque
parliamo di continuità storica, la potremo intendere soltanto in un senso:
lunità di una cultura caratterizzata dalla pluralità, nata da matrici greche,
romane, cristiane, umanistiche, culminata nellidea di libertà e dignità
delluomo, protetta dalla democrazia» (ivi, p. 36). Sta qui lidentità europea.
Lo conferma laggressione russa
allUcraina, oltre a confermare che «la distinzione tra identità nazionale
soggettiva (modello francese e occidentale) e oggettiva (modello tedesco,
mittel-europeo e orientale) non è affatto una costruzione arbitraria degli
storici. Ha avuto spesso conseguenze politiche tangibili come nel caso degli
alsaziani, tra i primi ad aderire alla repubblica francese dopo la Rivoluzione,
e che tuttavia i tedeschi continuarono a considerare parte del proprio
territorio a causa della loro lingua. Le tragiche conseguenze dello scontro tra
i due modelli di nazione sono visibili ancora oggi. Se persino in Europa
occidentale lereditaria inimicizia franco-tedesca riuscì a perpetuarsi per
centocinquantanni, si potrà forse immaginare la portata degli odi diffusi in
quelle regioni dellEuropa orientale dove quasi ogni villaggio parla una lingua
diversa. Le rivalità tra polacchi e lituani, dei bielorussi e degli ucraini, di
bulgari, serbi, macedoni, greci e turchi hanno avvelenato lEuropa conducendola
alla prima guerra mondiale, sopravvivendo ad ogni conflitto». «LEuropa di oggi
corre i medesimi rischi». «Contrariamente alle aspettative, le pressioni del
capitale occidentale non sono sufficienti a temperare i conflitti orientali, né
a impiantare democrazie pacifiche. I materialisti profeti del benessere si
trovano di fronte a una realtà inattesa: i sentimenti nazionali possono essere più
forti degli interessi economici» (ivi, pp. 38-39). Ma cè di più.
«Non è la divisione in nazioni a
minacciare lEuropa, ma la pressione di stati nazionali che aspirano
allimpossibile coincidenza di nazione, lingua e territorio. In un continente
dai confini così angusti, limpossibilità di tale progetto ha già più volte scatenato
la nevrosi di massa del nazionalismo». «Abbiamo bisogno di ordinamenti più
ampi» (ivi, p. 41). «Le nazioni europee, allinizio del XIX secolo ancora
costruzioni utopiche, oggi rivelano la loro vitalità culturale e spirituale, e
molto di più: esprimono quella pluralità che costituisce lessenza dellEuropa»
(ivi, p. 42) e la sua memoria.
«La memoria, sia individuale sia
collettiva, si rivela come il più grande ammortizzatore per lo shock» (Klein, Shock
Economy, cit., p. 530).
«Lesperienza universale di sopravvivere a un grande shock è la sensazione di
essere completamente impotenti: di fronte a forze colossali, i genitori perdono
la capacità di salvare i loro bambini, i coniugi sono separati, le case –
luoghi di protezione – diventano trappole mortali. Il modo migliore per
risollevarsi dallimpotenza si rivela quello di essere daiuto: avere il
diritto di far parte di un risanamento collettivo» (ivi, p. 533). Il diritto
attuato nel Next Generation EU, finanziamento temporaneo 2021-2027 di 806,9
miliardi di euro (750 stando ai prezzi del 2018) per rendere lEuropa più
verde, digitale e resiliente. Ma nel Mediterraneo e nella Manica non è
rispettata lantica legge del mare di salvare i naufraghi. Due torti non fanno
una ragione, «è tempo di finirla con un blame game (“la faute à lautre”
[“scaricabarile”]) mortale» (Éditorial. Migrations transmanche: limpossible
statu quo, in «Le Monde», 22 novembre 2022, on line). Cè un ottimo motivo
per farlo.
Se «i meccanismi della dottrina dello
shock sono profondamente e collettivamente compresi, diventa più difficile
cogliere di sorpresa intere comunità, diventa più difficile gettarle nella
confusione. Sono diventate a prova di shock» (Klein, Shock Economy, cit., p. 525). «A volte, di fronte
a una crisi, cresciamo: in fretta» (ivi, p. 529). I popoli e gli scambi –
politica e economia – prosperano nella relazione e collassano nel conflitto:
come nei rapporti personali, contano durata e qualità della relazione. «Negli
Stati Uniti, la crisi del 1929 ha permesso un salto federale (creazione di unimposta
federale sui profitti, legislazione sulle banche, New Deal, ecc.)» (P. Larrouturou, Cest plus grave que ce quon vous dit…
mais on peut sen sortir, Paris, Nova Éditions, 2012, p. 95). «Jean Monnet diceva sempre che
lEuropa avanza solo con idee semplici. Mettere in comune acciaio e carbone,
creare una moneta unica, sono cantieri enormi ma idee semplici che un bambino
di cinque anni può capire. LEuropa avanza solo con idee semplici. Semplici, ma
radicali» (ivi, p. 96).
Messi in comune carbone e acciaio e ora
la moneta, è tempo di unaltra «idea semplice: costruire insieme unEuropa
politica, dove il voto dei cittadini ha un impatto diretto sulle politiche
europee, e quindi istituire un regime parlamentare» (ivi, p. 97). In area euro,
perché una moneta forte fa la differenza tra governo e governatorato, con
lobiettivo storicamente europeo di realizzare «lidea di libertà e di dignità
delluomo, protetta dalla democrazia» (Schulze, Il ritorno di Europa,
cit. p. 36). Dopo la rivoluzione francese, il crollo degli imperi
austroungarico, tedesco, turco, russo e due guerre mondiali, Keynes ci
ha aiutati a capire che economia e politica funzionano solo se lavorano insieme
per – non contro – i diritti delle persone e dei popoli.
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