Nellanno del centenario
della nascita di Pier Paolo Pasolini va in scena, in prima nazionale, al
Teatro Goldoni di Venezia Pa, un raffinato profilo biografico, dedicato alla
sua identità poetica. Si tratta di una produzione del Teatro Stabile del
Veneto - Teatro Nazionale, diretta da Marco
Tullio Giordana, con convinzione e maestria sulla scia
dellimpegno già mostrato nel film Pasolini,
un delitto italiano (1995), e interpretata con
particolare intensità espressiva da Luigi Lo Cascio. La drammaturgia,
curata da entrambi, poggia su una selezione accurata delle liriche pasoliniane,
inserita nel quadro di unefficace scenografia minimalista, firmata da Giovanni
Carlucci, che inventa un viaggio nei luoghi dellartista.
Emerge dallo spettacolo una
linea di riflessione incisiva sulla passione poetica di Pasolini, che saccende
già nel transito degli anni infantili («Ho vissuto dentro una lirica a Casarsa»), si evidenzia nel trasferimento a Roma e prosegue fino alle soglie
della morte-sacrificio. Allinizio Lo Cascio percorre la platea, fasciato in un
abito scuro da cerimonia che lo rende goffo, prima di lasciare emergere una
trepidante visione della fanciullezza, segnata dallimprovvisa partenza del
fratello Guido, il quale un giorno imbraccia le armi per entrare nella
resistenza antifascista. Il grido del poeta salza forte mentre sulla scena,
che sintetizza il bordo di un prato ravvivato dal brillare delle lucciole, la
figura dellamato Guido, il partigiano Ermes ucciso in montagna, sallontana lentamente
e svanisce tra gli spettatori. Una scena dello spettacolo © Serena Pea
I versi di Pasolini
svelano, intanto, la fisionomia della madre, fragile donna-bambina, angelo
smarrito che conosce soltanto la forza dellamore; è la «triste voce» materna, la voce che «canta nelle
parole», quella che fa sospirare
il figlio tormentato. Lambientazione sbianca verso un paesaggio sconosciuto
che a poco a poco rivela essere la periferia romana; limmagine della città
eterna si staglia allorizzonte, desiderata e svelata a partire dalle sue
marginalità. Il professore Pasolini si lascia assorbire dal mondo dissonante e
vitale delle borgate. Lo attirano le grida dei ragazzi, il loro slancio per il
calcio; sono quei giovani spiantati che lo invitano a giocare, chiamandolo a
gran voce: «a Pa!». La regia di Giordana fa apparire, allora, la
presenza-immagine di un amico che gli lancia il pallone. Una scena dello spettacolo © Serena Pea
Di volta in volta i
sussulti segreti e le fragilità di Pier Paolo emergono dalle espressioni che rammentano
il verbo della religiosità, dal rimpianto dellamore ancestrale, dalle pulsioni
sessuali incluse nella densità del desiderio e negli sguardi disperati. La
trama della rappresentazione ricerca, ancora, i concetti della politica, commenta
i tratti contraddittori della lotta di classe e il tramonto delle speranze. Tali
pensieri sinterrano tra i rifiuti che inondano il palcoscenico: sono un
tappeto di fogli accartocciati, una pioggia di immondizia sospesa in cielo,
rottami di elettrodomestici e materassi deformati dal tempo. Frattanto la voce
del poeta Pasolini sprofonda sotto le ruote di unautomobile senza smettere di
sfidare lidea della morte, che si coniuga con la scommessa esistenziale
dellindividuo dentro il destino del mondo.
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