Servo del signor
conte è il titolo
dellincontro, promosso dagli Amici della Musica di Foligno allAuditorium San
Domenico il 9 ottobre, per ricordare Elio
Pandolfi a un anno dalla scomparsa, avvenuta a Roma l11 ottobre 2021: il
concerto dei Solisti Veneti è stato preceduto dalla proiezione di una video
intervista del 2005, in cui Pandolfi ricorda Luchino Visconti, e da una rievocazione de Limpresario delle Smirne, allestimento goldoniano firmato dallo
stesso Visconti. Serata organizzata dal maestro Marco Scolastra, legato allattore da affetto e stima, frutto di una
pluridecennale collaborazione, fatta di tante serate in giro per lItalia.
Nella
lunga carriera dellattore linterpretazione del soprano Carluccio, che aveva
segnato lingresso del giovane Pandolfi nella primaria compagnia
Morelli-Stoppa, era stato il momento di cui Pandolfi andava maggiormente fiero.
Sei anni dopo la storica Locandiera,
Visconti era tornato a mettere in scena Goldoni
con la compagnia Morelli-Stoppa, questa volta un testo minore, Limpresario delle Smirne, che debuttò
al teatro La Fenice di Venezia martedì 30 luglio 1957, nellambito del XVI
Festival Internazionale del Teatro di Prosa, con un cast deccezione, che
vedeva Paolo Stoppa nei panni di Alì
e Rina Morelli come Annina, cantante
bolognese, che, affiancata dalle due rivali, la toscana Ilaria Occhini e la veneta Edda
Albertini, insieme con la scelta della versione in versi martelliani,
inseriva il testo nellorizzonte della riforma goldoniana di ‘imborghesimento-superamento
della Commedia dellArte. Secondo Ludovico
Zorzi, infatti, Limpresario delle
Smirne era un testo oscillante, «in una forma mista tra il superamento
tecnico dellArte, la commedia di carattere, il garbato pamphlet di costume e il puro giuoco del divertissement» (Lattore, la
Commedia, il drammaturgo, Torino, Einaudi, 1990, p. 291).
Al
debutto parigino, il critico di «Le Monde», memore della sensazione suscitata
dalla Locandiera, decretava
entusiasta: «Era una sfida. Ce lha fatta. Stupenda dimostrazione di maestria,
di buon gusto, di erudizione, questo spettacolo uguaglia, se non supera, il
precedente». Venendo poi agli interpreti, il Carluccio di Pandolfi si
guadagnava la terza posizione, subito dopo i due capocomici: «Paolo Stoppa
strabuzza quei suoi occhioni bianchi spaventati sotto il turbante
dellimpresario musulmano; Rina Morelli stilizza con maestria la parte di
Annina, la diva bolognese. Mi piace la sua grazia nervosa, aspra. Eppoi cè un
inverosimile tenorino [soprano] dalla voce di castrato che Elio Pandolfi
interpreta con arguzia» (C. Sarraute in «Le Monde», 16 aprile 1958, in L.
Visconti, Il mio teatro, a cura di C.
dAmico de Carvalho e R. Renzi, Bologna, Cappelli, 1979, vol. II, pp. 146-147).
Spesso
ospite nella villa di Visconti sulla Salaria, Pandolfi così ricorda quelle
serate: «Luchino con me si divertiva tantissimo, amava soprattutto le mie
imitazioni. Ogni tanto in maniera del tutto estemporanea, durante queste serate
me ne chiedeva qualcuna, e per me era una vera gioia poterlo accontentare. Una
volta imitai Rina Morelli con lei presente, e fortunatamente la stessa Morelli
trovò la sua caricatura molto divertente! Insomma, da Visconti ero, come si
dice, di casa, anche prima di fare teatro insieme. […] Provai invece grande
soddisfazione quando mi accorsi che durante la rappresentazione de Limpresario delle Smirne Luchino stava
nascosto dietro il sipario e rideva di gusto durante le mie scene più
divertenti. Mi diceva sempre: “Fai meno che puoi con le parole, hai una faccia
espressiva, giocati tutto sulla faccia”» (E. Pandolfi, Che spettacolo!, a cura di C. Taricano, introduzione di S. Della
Casa, Roma, Gremese, 2018, pp. 116-117).
Il
gusto per le imitazioni, che divertivano tanto Visconti, risaliva al periodo in
cui Pandolfi frequentava lAccademia Nazionale dArte Drammatica, quando Silvio dAmico, incrociandolo nei
corridoi, gli chiedeva di imitare la circolare, il tram che da Valle Giulia
porta al Verano: «Ricordo che proprio in Accademia cominciai a imitare tutti i
più grandi attori italiani; Silvio DAmico si divertiva moltissimo, la sua
preferita era quella di Gino Cervi e
poi cera la parodia della gallina (che tanto avevo potuto osservare stando in
campagna da nonna), per la gioia di Orazio
Costa che la trovava adorabile» (ivi, pp. 88-89).
Risalgono
agli anni dellAccademia anche le amicizie destinate a durare una vita, prima
fra tutte quella con Bice Valori,
alla quale lo legava unintesa così forte da ingelosire Paolo Panelli, suo marito, e accadeva spesso che amici e colleghi
finissero nellobiettivo della cinepresa Super 8 di Pandolfi: «Ho fatto
moltissimi filmati dei viaggi, delle tournées,
dei giorni di vacanza che condividevo con i miei amici. Ho persino realizzato
un piccolo documentario tutto ambientato e girato a Ostia dove racconto una
delle nostre giornate al mare. Si intitola Ostia
parade e ci sono Bice Valori, Tino
Buazzelli, Carlo Giuffré, Nino Manfredi, Flora Carabella, Lina
Wertmüller, Marcello Mastroianni con il fratello e molti
altri…» (ivi, p. 91).
Ma
chi era Elio Pandolfi? Nato a Roma il 17 giugno 1926, attore brillante, talento
versatile, nella sua lunga carriera ha rivestito molti ruoli, attraversato i
diversi mondi dello spettacolo, sempre distinguendosi per professionalità
ironia e leggerezza. Il cinema, di cui era un profondo conoscitore, è stato il
suo grande amore, frequentato sia come attore sia come doppiatore, una passione
non adeguatamente ricambiata e fu per lui fonte di qualche rammarico. Gliene
rende atto Steve Della Casa: «La
poliedricità del personaggio è evidente, incontrovertibile, ricca di sfumature.
Ma lofferta da parte dellindustria del cinema non ha saputo minimamente
valorizzare tali potenzialità, e cè un evidente velo di tristezza quando
Pandolfi certifica che gli venivano soprattutto offerti ruoli di effeminato,
eunuco, omosessuale. Una scelta miope, oltre che meschina, da parte
dellindustria. Perché basta vedere lo sposino di Altri tempi, il film da lui interpretato per Alessandro Blasetti, o lo straordinario alter ego comico di Gian Maria Volonté, da Pandolfi
proposto nel favoloso Per qualche dollaro
in meno, per capire che le sue doti recitative erano una notevole tavolozza
della quale sono stati utilizzati pochissimi colori. Basta ascoltare le
tonalità di voci che egli presta agli attori più diversi (durante la sua
carriera ha doppiato tra gli altri Donald
OConnor nella parte cantata di Cantando
sotto la pioggia, Charles Laughton e un giovanissimo Tomas Milian) per capire come sappia
modulare non solo la voce, ma anche lo sforzo recitativo nelle direzioni più
impensate. Senza contare quanto abbiamo già ricordato, e cioè la straordinaria
performance che lo porta a riassumere in sé tutte le voci della scena della
conferenza stampa nel capolavoro di Fellini La
dolce vita» (ivi, pp. 10-11).
Voce
della radio, iniziò prestissimo a collaborare ai programmi della Rai,
scritturato nella Bisarca (1948-1950),
rivista radiofonica che lanciò la coppia Pietro
Garinei e Sandro Giovannini, coi
quali sarebbe tornato a lavorare al Teatro Sistina in Alleluja, brava gente (1970). La televisione iniziò a frequentarla
sin dalle prime trasmissioni, chiamato nel 1953 dal regista Sergio Pugliese, riandava nel ricordo
ai primi pionieristici passi, culminando in unesclamazione di comprensibile
orgoglio: «Furono dieci mesi faticosissimi. Andavamo in diretta, e perciò
eravamo sfiniti dalle prove. Però fu unesperienza straordinaria, lemozione
era indescrivibile, perché quando si accendeva la lucetta rossa voleva dire che
tutta lItalia – quella che aveva la televisione – ti stava guardando. Noi in
fondo siamo stati i primi!» (ivi, p. 108).
Grandi soddisfazioni gli diede lincontro con il
mondo delloperetta, il più adatto a valorizzare i suoi molteplici talenti di
attore, cantante e ballerino. Nel 1967 debuttò, accanto a Sandra Mondaini, al San Carlo di Napoli ne La principessa della Czarda di Emmerich
Kálmán per la regia di Vito Molinari, lo stesso titolo con il quale
avrebbe debuttato di lì a poco al Teatro Verdi di Trieste, inaugurando una
proficua collaborazione con il Festival dellOperetta, sino allindimenticabile
interpretazione nel ruolo di Njegus ne La
vedova allegra di Franz Lehár,
con Raina Kabaivanska, regista Mauro Bolognini, che oggi si può
rivedere su YouTube, dalla quale partire per un viaggio infinito nella rete
sulle tracce di Elio Pandolfi.
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