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Aspiranti martiri (e renitenti) in un mondo degradato

di Gianni Poli
  I rifiuti, la città e la morte
Data di pubblicazione su web 20/10/2022  

A notevole distanza dalla scrittura, la rilettura del testo del drammaturgo tedesco Fassbinder tende ad attenuare la violenza provocatoria tipica dei suoi personaggi, rifluiti da un’intima emblematica autobiografia. Poco rappresentato in Italia, creato dal Teatro dell’Elfo (regia di Bruni e De Capitani) nel 1998, suscitò scandalo e polemiche, soprattutto a causa dell’antisemitismo percepibile nel personaggio del Ricco Ebreo. La regia di Giovanni Ortoleva mostra lo sforzo di adeguare i contrasti problematici originali alla sensibilità e alla temperie culturale odierne.

Mezzo secolo fa, incalzato dalla propria condizione di artista omosessuale, alieno e ribelle alla patria società, Fassbinder si ispirava al rituale mitologico e poetico di Jean Genet. Prima che dilagasse l’AIDS e mentre nutriva la rivalsa contro il disprezzo e la persecuzione dei quali si sentiva bersaglio, già mirava, grazie a teatro e cinema, alla conquista di autonomia e originalità creative. Sulla scena il dramma svolge in dodici “stazioni” espressioniste un destino collettivo, incarnato in individui tormentati e tragicamente accomunati. Attorno al centro, intensamente simbolico, di Roma B., puttana da marciapiede, agiscono figure tipiche di una città (forse una Francoforte fantasticata) corrotta e invivibile. I rapporti di potere che si delineano nelle dichiarazioni e nel comportamento, coerenti e disperati, dell’Ebreo trovano eco in Roma. Gli altri si adeguano alle dipendenze, debolezze, vizi e dolori della situazione. Cerca una via d’uscita la donna, nel tollerare il magnaccia prepotente e manesco Franz, omosessuale latente, bisognoso d’amore, in reciproca funesta simbiosi. Pure nell’odio esasperato per quanto nel maschile senta mostruoso, ella cova per lui una morbosa attrazione.


Una scena dello spettacolo
© Andrea Avezzù - La Biennale

L’incontro di Roma con l’Ebreo ribalta la situazione, poiché l’uomo che le chiede appena di godere da solo, rinunciando all’amplesso, le induce una gratitudine affettuosa. La ragazza si emancipa nel mestiere, realizza in proprio guadagni esorbitanti e ascende rapida la scala sociale. Franz l’abbandona al nuovo ambiente, anche perché attratto da Oscar Cor trafitto. Roma, intanto, sempre più isolata, ripudiata dalle ex compagne come traditrice, sembra inseguire una redenzione rovesciata, nel prendere coscienza di doversi sacrificare per l’umanità più miserabile di lei.

Nella scena spoglia, su una pedana sfilano gli attori, maschere grottesche dei ruoli. Il regista dichiara nell’antirealismo la scelta più opportuna per ambientare la vicenda, composta di allegorie, fuori della città, oltre la terra, luoghi tanto inquinati moralmente da produrre rifiuti materiali e umani. Quindi connotativi i nomi dei personaggi, quali Piccolo Principe (Andrea Delfino, delatore in veste di speaker), Hansel Cor contento e Oscar Cor trafitto (Edoardo Sorgente). I costumi da convenzione sfoggiano bei dettagli coloristici. La musica di Pietro Guarracino, spesso in forma corale sacra, integra litanie di una liturgia cristiana parodiata e blasfema, intonata dalle “signorine”. Sono invece canzoni a commentare la sequenza dei passi dolorosi. La Canzone della città fa da intermezzo nella prima “sfilata”, doppiata in play-back. La musica solenne, di stridente sacralità, varia in elegia funebre, evocativa di agonismo fra vita e morte, quando il convegno fra i due strani amanti compone una patetica (o abietta) “pietà”. Sgorga la domanda di perdono dell’Ebreo che, nel linguaggio lirico e verboso della traduzione di Roberto Menin, confessa a Roma la paura, la solitudine, le rischiose connivenze mafiose. Il motivo seguente, dei Sogni - Desideri, colto dalla Cenerentola disneyana, introduce sarcasticamente alla rivelazione del carattere dei genitori di Roma, coppia dal bieco, rimosso passato di nazisti.


Una scena dello spettacolo
© Andrea Avezzù - La Biennale

Il vecchio padre Signor Müller, nel cabaret dove si esibisce travestito, si svela alla figlia. È un numero di bravura, seriamente grottesco, inserito a contrappunto ironico nelle battute sull’olocausto, crude e raggelanti per allusività storica e ideologica. Lusso e sfarfallio di banconote e gioielli ostentati, in un festino nel locale equivoco. Dopo il pestaggio subìto da Franz dai suoi rivali, la Canzone Tutta di pelle esalta risibilmente il vizio sado-masochista e la sua divisa. Il giallo con delitti si addensa nel finale, quando i sensi di colpa di Roma e il bisogno di immolarsi la convincono ad “abdicare” alla vita. Le indagini sul delitto sono depistate e per salvare l’Ebreo, mediatore fra notabili, anche Piccolo Principe, testimone oculare, viene eliminato.


Una scena dello spettacolo
© Andrea Avezzù - La Biennale

La recitazione è ben tessuta coralmente. Qualche riserva sorge sull’interpretazione delle attrici. Camilla Semino Favro tende a nobilitare l’aspirazione di Roma al vero amore, con una dizione lirica fin troppo corretta e contenuta, che però emoziona nel momento della preghiera decisiva. Anna Manella attenua ogni volgarità nelle comparse da prostituta e recupera stile asciutto e preciso quale Signora Müller, inferma su carrozzina. Gabriele Benedetti disegna egregiamente un archetipo di ebreo, dimesso e laconico, razionalmente orientato dal determinismo che lo guida. È l’unico ad accogliere la terribile richiesta della sua pupilla. Pare logico il suo gesto inaudito di ucciderla, quando lo esegue funzionale per strangolamento e offre l’eroina in sacrificio per la salvezza della città malvagia. Sul palcoscenico che si oscura, resta Franz, un Marco Cacciola ammutolito e dolente, nello stupore ingenuo anch’egli capro espiatorio, ma involontario. Accanto, il cadavere della sola che abbia amata e lo abbia ricambiato.

Spettacolo discutibile, a tratti avvincente, tra la riabilitazione di uno stile drammaturgico e la denuncia, aggiornata nei nefasti, di una civiltà malata incurabile.




I rifiuti, la città e la morte
cast cast & credits
 




Spettacolo visto al Teatro della Tosse di Genova il 14 ottobre 2022
 
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