«Dal 2000 il debito delle società non finanziarie è
passato da 64% del Prodotto Interno Lordo a 81% in USA e da 73% a 110% in area
euro. (In Gran Bretagna è un modesto 68%, più o meno come nel 2000, raro punto
di sollievo per uneconomia altrimenti assediata). Insieme, le società per
azioni americane, britanniche e area euro ora devono ai creditori quasi 19
trilioni di dollari, e altri 17 trilioni le società non quotate. Quanto traballa questa pila di debiti?» (A reckoning has begun for corporate debt monsters, «The Economist», “Today”, 27
settembre 2022, on line).
In Capitalism,
socialism, democracy, nel 1942 Joseph Schumpeter definì “distruzione
creatrice” il processo innovativo senza fine della rivoluzione industriale nata
in Europa poi mondiale con la crescente centralità dei poteri economico-finanziari.
«La creazione
della società a responsabilità limitata è stata un potente strumento […] per
sbloccare guadagni economici nel settore privato, ma anche per limitare linfluenza
dellimpresa e proteggere democrazia e istituzioni civiche dai suoi eccessi» (Stakeholder capitalism poisons democracy,
argues Vivek Ramaswamy, «The
Economist», 24 settembre-3 ottobre 2022, on line). Abrogato nel 1999 dal
Congresso repubblicano USA il Glass-Steagall Act, che dopo la “grande crisi”
del 1929 separò attività bancaria ordinaria e investimento, le imprese hanno
avuto mano libera. «Le corporation possono aver sostenuto
linnovazione nellultimo secolo, migliorando la vita attraverso nuove
tecnologie, scoperte mediche, progressi nei trasporti e simili. Ma negli ultimi
quarantanni hanno esagerato. Hanno fatto pressioni per affossare lo stato
sociale, costringendo un grande numero di persone a lottare ogni giorno per
sopravvivere. Hanno fatto pressioni a favore della impunità in modo da
alimentare il cambiamento climatico, inquinare laria, intasare gli oceani con
la plastica e distruggere le foreste e le specie (aumentando il rischio di
pandemie mortali, tra le altre cose). Hanno combattuto la democrazia su ogni
fronte e hanno favorito una nuova ondata di autoritarismo. E hanno fatto tutte
queste cose perché, istituzionalmente, è quello che sono progettate per fare.
Non è una sorpresa che abbiano fatto quello che hanno fatto. La tragedia è che
glielo abbiamo permesso» (J. Bakan, Siamo qui per voi. Come ci governano le
nuove corporation, Milano, Feltrinelli, 2022, p. 157).
Sempre più le imprese impongono i loro interessi a
democrazia, istituzioni civiche, noi cittadini e alla terra che ci ospita e
possiamo distruggere, ma non creare. Allalba delletà moderna – la nostra – ci
fu detto che ci sono più cose tra cielo e terra di quante ne possiamo sognare
nelle nostre filosofie. Nella crisi ambientale in anticipo sulle previsioni e
nel mondo unito tecnologicamente ma via via più frammentato in centri sempre
più ricchi e gigantesche periferie sempre più misere, tra cielo e terra è determinante
il rapporto tra ideologie e scienza economica.
Ideologie e scienza economica (Firenze, Sansoni, 1966), un volume
di Joan Robinson, che lo pubblicò
nel 1962 a Cambridge dove insegnava politica economica, conclude su Le regole del gioco. «Nel pieno della
confusione, cè un solido, immutabile blocco di ideologia, talmente scontato
per tutti noi che il più delle volte neppure lo si rileva: il nazionalismo» (ivi,
p. 185). «Un punto di vista genuinamente universalistico è molto raro. Al
massimo, possiamo arrivare a dire che in un mondo prospero noi viviamo
meglio che in un mondo in miseria. La prosperità degli altri non è desiderabile
per amor loro, ma come contributo ai nostri agi; quando quella
prosperità appare come una minaccia a questi ultimi, non è desiderabile
affatto. Questo sembra un modo di pensare così naturale, così giusto e
appropriato, che non ci accorge neppure che è comunque un modo particolare
di pensare: è unaria che abbiamo respirato dalla nascita, e non ne avvertiamo più
lodore» (ivi, p. 187).
«Gli enormi progressi fatti dalla produzione in regime
di concorrenza internazionale ci hanno condotti alla paradossale situazione
odierna. Mai prima le comunicazioni sono state così totali. Mai prima
lopinione pubblica colta in ogni paese è stata così consapevole del resto del
mondo. Mai prima si è trovato opportuno pensare alla povertà come ad un
problema mondiale: solo ora appare possibile, con lapplicazione della scienza
alla salute, al controllo delle nascite e alla produzione, sollevare lintera
razza umana dalle sue peggiori miserie» (ivi, p. 189). «Ma linimicizia interna
viene vinta proiettando allesterno gli istinti aggressivi. Molte cose che
verrebbero considerate un male in patria si giustificano in nome dellinteresse
nazionale. Come dice il dottor Johnson, “il patriottismo è lestremo rifugio
degli scellerati”. Ancora una lunga strada ci resta da percorrere, perché la
coscienza nazionale si evolva in modo tale da trasformare il patriottismo in
desiderio di comportarsi rettamente» (ivi, p. 190). «La rivoluzione keynesiana
smascherò il preteso internazionalismo delle dottrine del libero scambio, e
aiutò ad introdurre un internazionalismo autentico nel nostro modo di pensare.
Gli accordi internazionali del dopoguerra, sebbene profondamente influenzati
dagli ideali del libero scambio, contemplarono clausole di salvaguardia per
paesi che avessero difficoltà nella bilancia dei pagamenti e per le nazioni
sottosviluppate; e permisero alla politica delloccupazione interna di avere la
precedenza sugli obblighi internazionali». «Senza lo schermo della dottrina del
laissez faire, il problema morale, su scala mondiale, ci guarda
chiaramente in faccia» (ivi, p. 191). Infatti.
Servendosi dello stato
o asservite allo stato, tipicamente in USA e Russia, le corporation accrescono
sempre più la loro presa su noi e sul mondo, nel credo neoliberista di una
democrazia solo formale di periodiche elezioni non (troppo) palesemente
manipolate (ma con margini sempre più ampi, come il tentato colpo di stato
elettorale di Trump dimostra). In
gergo, populismo. È latavica politica di forza dei potenti di turno, come nei
fatti accertati giudiziariamente nelle nostre vicende di stragi. Magistrato dal
1970 al 2015, Giovanni Tamburino
«rinvia a una ragione sostanziale rappresentata dalla difesa degli interessi» (Dietro
tutte le trame: Gianfranco Alliata e le origini della strategia della tensione,
Roma, Donzelli, 2022, p. 118). «Sin quando questo insieme di interessi ancora
attuali non verrà analizzato compiutamente e dissolto attraverso gli strumenti
del diritto, non potremo essere sicuri che la stagione delle stragi sia
tramontata nel nostro paese» (ivi, p. 122) e ovunque limpressionante
disponibilità di risorse finanziarie riservate dei servizi di sicurezza e informazione
«spiega la convinzione secondo cui “chi è padrone dei servizi è padrone dello
Stato”» (ivi, p. 120). «Non poche volte con il passaggio più o meno diretto dal
comando dei servizi a ruoli di vertice nello Stato. I casi stanno sotto gli
occhi. Uno di questi riguarda lautore dellaggressione (febbraio 2022)
allUcraina» (ibid.). A beneficio di interessi misurabili in denaro.
«Quanto sta accadendo
alla Borsa di Amsterdam con i contratti futures sul gas naturale è
probabilmente solo un assaggio. Il punto di scambio virtuale Ttf [Title
Transfer Facility, mercato del gas istituito nel 2003 in Olanda, ndr] è infatti un mercato piccolo,
sottile». «Con leffetto leva, bastano pochi ordini a far oscillare
violentemente i prezzi. Il ricatto russo sulle forniture di metano allEuropa
ha semplicemente amplificato il meccanismo tipico della speculazione che dopo
aver fatto il pieno di gas – laumento delle quotazioni del Ttf europeo in un
anno è stato del 753% – è già pronta a cambiare bersaglio, cercandone uno più
grosso. Leuro, nelle brame degli avvoltoi, ha una stazza decisamente
appetibile». «Nel panorama economico attuale e soprattutto con una guerra in
corso alle porte dEuropa non si possono escludere anche gli scenari estremi.
Quelli peggiori per i cittadini europei e migliori tanto per la “finanza
casinò” quanto per il presidente Vladimir
Putin: incertezza, confusione, frammentazione sono a entrambi utili per far
saltare leuro-banco». «LEuropa, nellaffrontare lultima grande crisi
finanziaria undici anni fa, commise soprattutto lerrore di non mostrare
compattezza, anzi di spaccarsi. Non fu cioè in grado di condividere per tempo i
rischi. Allora ci mise una pezza – meglio, un vero e proprio scudo – la Bce e
in particolare lallora presidente Mario
Draghi, con il whatever it takes, “qualsiasi cosa serva” per salvare
leuro». «I danni ormai prodotti alle economie di alcuni paesi e in particolare
della Grecia furono però enormi, proprio a causa del ritardo nella risposta
Ue». «Un singolo Paese con un debito da 2.766 miliardi, pur sovrano, non
sarebbe in grado di fermare la speculazione. È la stessa scommessa di Putin:
può vincere la sua guerra solo con unEuropa disunita» (M. Girardo, I velleitari e gli avvoltoi, «Avvenire», 6 settembre 2022, pp. 1 e
4).
«Il cancelliere Scholz si è comportato sul gas più o
meno come avrebbe fatto Salvini in
Italia. Ha preso duecento miliardi a debito e li ha destinati ad aiutare imprese
e famiglie tedesche: pagherà lo Stato la differenza tra il prezzo ideale e
quello reale delle bollette, e lo finanzierà con uno scostamento di bilancio,
in deroga alla sua tradizionale disciplina fiscale». «Il fatto che Scholz lo
faccia non vuol dire che abbia ragione Salvini». «Gli sbalzi del prezzo del gas
in questo momento non sono determinati dalla scarsità del bene. Abbiamo ridotto
sostanzialmente e rapidamente la nostra dipendenza dalla Russia. È un mercato
con sede ad Amsterdam a fissare infatti il prezzo, su basi largamente
speculative (scommesse su “future”). Se dunque i Paesi europei lasciano in
piedi quel casinò, e versano anzi soldi pubblici sul tavolo da gioco, non fanno
altro che finanziare chi ci sta strangolando. Se mettono invece un tetto alle
puntate di quel tavolo, cosicché non sia più conveniente alzare la posta,
riducono stabilmente il prezzo dellenergia. E, naturalmente, lo possono fare
solo insieme» (A. Polito, La giusta idea
di Europa, «Corriere della Sera»,
22 ottobre 2022, p. 1).
Disunione e unione
hanno una logica interna. «Lo spazio delleconomia nazionale non è il territorio
della nazione ma il campo che abbracciano i piani economici del governo
e degli individui (non parliamo – lo si noti – del piano economico della
nazione). Questi piani economici anche in un regime liberale sono diversamente
dominanti e dominati e normalmente incompatibili gli uni con gli altri.
Linternazionalizzazione di questi spazi non consiste quindi in una
redistribuzione di risorse tra spazi nazionali né in unaddizione o
combinazione di spazi nazionali; essa consiste nel rendere compatibili i
piani economici dei governi e degli individui. Questo sforzo solleva delle vere
difficoltà, ma anche indica dei veri risultati. Le difficoltà esistono, quali
che siano i tracciati di frontiera, i risultati si possono raggiungere teoricamente
tra paesi che accettano la sostanza delleconomia di mercato senza rettifiche
di frontiera. Dato che lo spazio economico è daltronde un campo di forze,
la nazione si presenta come un punto di passaggio di queste forze e come un
insieme di centri o poli dai quali emanano e dove vanno talune di esse. A
seconda dei settori delleconomia concreta, a seconda della natura delle
attività considerate, a seconda dei periodi, gli spazi nazionali assumono
dunque un significato eminentemente variabile, che non può mai essere
precisato dal loro tracciato o dal loro contenente» (F. Perroux, Leconomia
del XX secolo, Milano, ETAS Kompass, 1967, p. 141).
«Se applicassimo lanalisi delineata ad un gruppo di
nazioni (perché no allEuropa?) saremmo radicalmente guariti dalle seduzioni
dello spazio economico europeo, della grande nazione europea e anche del
“blocco liberale”. Si scorgerebbe distintamente la differenza tra una
cooperazione economica che svalorizzi le frontiere e unaltra che
pretenda soltanto di allargarle» (ivi, p. 142). «Leconomia europea come
ogni altra economia non è localizzabile e le politiche che lo
dimenticano sono nocive» (ivi, p. 143). Nel percorso politico
verso uneconomia europea, abbiamo attraversato il Rubicone della moneta unica,
tra grandi difficoltà perché è la compatibilità dei piani economici di governi
e individui che dà alla moneta il suo valore di cooperazione e scambio, distrutto
dai conflitti insieme alle vite umane e al mondo che ci ospita, in una sequela
di crisi sempre più gravi provocate tuttora dagli interessi, “li soprani der
Monno vecchio” (Io so io, e vvoi nun zete
un cazzo, sonetto 362da Sonetti Romaneschi di G.G. Belli]. Perciò
«la cosa più importante per gli economisti, quando discutono tra di loro, è di
“tentare molto seriamente”, come il professor Popper ci dice che fanno gli
scienziati della natura, “di evitare di porre falsi problemi” e, rivolgendosi al
mondo – annunciando in modo chiaro e distinto le loro dottrine – di combattere
e non coltivare, lideologia che pretende che i soli valori che contano sono
quelli misurabili in moneta» (Robinson, Ideologie e scienza economica, cit., p. 213).
“Saper fare” con radici antiche: «non
usate i beni di questo mondo solo per voi stessi e per il vostro egoismo, ma
servitevene per generare amicizie, per creare relazioni buone» (Il Papa: scaltri secondo il Vangelo vuol dire creativi
nel fare il bene, in «Avvenire», 20 settembre 2022, on line). «Le voci di caduta di
Credit Suisse fanno impazzire gli investitori», perché la seconda banca
svizzera sarebbe il «remake del crollo di Lehmann Brothers nel 2008 a Wall
Street e della crisi finanziaria internazionale» (S. Enderlin in «Le Monde», 5 ottobre 2022, on line). «Amante
di metafore svelte non sempre politicamente corrette, il celebre investitore
americano Warren Buffet usava dire di
sentirsi, nelle crisi finanziarie, “come
un maniaco sessuale nellharem”» e gli economisti, «punti sul vivo dalla
Regina dInghilterra che nel 2008 chiese loro perché non avessero visto
arrivare quella crisi, le hanno risposto riconoscendo “lo scacco della immaginazione collettiva di persone brillanti e
intelligenti sia in Regno Unito che altrove”. Ci risiamo» [P. Escande, Comme un parfum de déjà-vu, in «Le Monde», 5 ottobre 2022, on line]. Manca lintelligenza diffusa
delleconomia che, come dice Perroux, non è localizzabile, neppure negli
interessi.
PS. Cito spesso libri
della mia formazione. Come il vino, sono buoni se lo sono ancora dopo anni.
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