Per la realizzazione di questo dittico dautore sono stati chiamati due trentenni: lisraeliano Dadon e litaliano Tortelli che accompagnano i sedici danzatori emiliani in un viaggio attraverso lesotismo infantile del primo e il giovanilismo positivo del secondo. Yeled, che in ebraico significa bambino, è una riflessione danzata sulla perdita dellinnocenza primigenia quando quel “fanciullino” pascoliano che alberga in ognuno di noi viene soffocato e messo a tacere dalletà adulta. Unindagine volta alla ricerca di quando questo cambiamento è avvenuto ma anche indirizzata alla scoperta di quanto è rimasto della nostra capacità di restare piccoli in un mondo fatto solo per i grandi.
Yeled è una bella occasione per apprezzare Dadon, già noto sul piano internazionale ma poco visto in Italia, e per conoscere la sua danza. Una danza che ha qualcosa di particolare per il fatto che nasce da un movimento fuori dagli schemi contemporanei in cui il corpo è lasciato libero di muoversi allinsegna di una cinèsica che diventa coreutica e si sposa alla perfezione con la musica.
Di altro segno coreografico, ma altrettanto notevole e originale, è
Shoot me dello stesso Tortelli. Coreografo residente della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto dal 2018, il
dancemaker si è già fatto onore e ha vinto nel 2021 il primo bando per artisti italiani istituito dalla Biennale di Venezia, Settore Danza, diretto da
Wayne McGregor. Una vittoria che lo vedrà protagonista a fine luglio 2022 a Venezia con la messa in scena del premiato
Fo:NO. Shoot me di Diego Tortelli
© Christophe Bernard
Tortelli presenta
una creazione che si ispira alla forma del “balletto-concerto” contemporaneo in cui non cè spazio per la narratività ma predominano visività e sonorità. Sulle note degli Spiritualaized, una band rock inglese nata nel 1990, e sulla voce registrata e graffiante di
Jim Morrison che recita versi inneggianti alla libertà, Tortelli traduce in movimento quello che per lui è «un gioco di seduzione, di sguardi, di sudore, un assalto ai sensi, unode al corpo, al respirare la stessa aria, sudore, lacrime, furia, pride».
I ballerini sulla scena e gli spettatori in sala partecipano a questo coinvolgente
happening stimolati dal punto di vista sonoro, visivo ma soprattutto orchestico con una “metadanza” piena di energia. Un vitalismo giovanilistico che trasuda dalle pose spigolose delle braccia, dal ritmo incalzante delle sequenze, dalla dinamicità dei legati, dallalternanza di quadri corali e momenti solistici, dal rapporto empatico con il pubblico che viene catturato dagli improvvisi e intensi fasci di luce di
Roman Fliegel.
Shoot me è un “lavoro frontale” che nel titolo vuole da un lato fare riferimento allazione del
videomaker che filma la realtà esterna, in questo caso laccadimento coreico-musicale, e dallaltro richiamarsi alla cultura pop che usa il termine
shoot me (“sparami”) per sollecitare la partecipazione emotiva, quella degli interpreti e degli spettatori.
Al Teatro Valli abbiamo assistito a unacclamata
première in pieno stile Aterballeto che conferma le innovative,coraggiose scelte di una compagnia “aperta”, capace di interpretare stili e linguaggi contemporanei diversi. E questo perché, come Cristoforetti, se «mettere al centro i maestri è facile e doveroso» – e non a caso fra i futuri impegni spiccano quelli con nomi del calibro di
Angeli Preljocaj,
Crystal Pite e
Rachid Ouramdane – daltro canto è altrettanto fondamentale scoprire nuovi talenti e offrire loro «opportunità e sfide importanti da affrontare».