Riunirsi in un mondo che si sta disgregando è il capitolo
finale de Il secolo della solitudine. Limportanza della comunità nelleconomia
e nella vita di tutti i giorni (Milano, Il Saggiatore, 2021) di Noreena Hertz, direttrice del Centre
for International Business and Management dellUniversità di Cambridge.
«La crisi
di solitudine odierna non è emersa dal nulla. È stata alimentata in misura
notevole da un particolare progetto politico – il capitalismo neoliberista. Una
forma di capitalismo egocentrica e egoistica che ha normalizzato lindifferenza,
ha fatto dellegoismo una virtù e sminuito limportanza della compassione e
della cura», «ha negato il ruolo fondamentale che i servizi pubblici e le
comunità locali hanno storicamente svolto nellaiutare le persone a prosperare,
e ha invece perpetuato la narrativa secondo cui il nostro destino è nelle
nostre mani. Non è che prima non fossimo soli. È che ridefinendo le nostre
relazioni come transazioni, assegnando ai cittadini il ruolo di consumatori e
generando un divario sempre più ampio di redditi e ricchezze, quarantanni di
capitalismo neoliberista hanno, nel migliore dei casi, marginalizzato valori
quali la solidarietà, la comunità, lunità e la gentilezza. Nel peggiore dei
casi, ha brutalmente calpestato questi valori. Dobbiamo adottare una nuova
forma politica – una che ponga al centro la cura e la compassione» (ivi, p. 267). «Persino Adam Smith, padre del capitalismo, pur se noto soprattutto come
eloquente sostenitore del libero mercato e della libertà individuale, in Teoria dei sentimenti morali (il precursore di La ricchezza delle nazioni)
scrisse ampiamente dellimportanza di empatia, comunità e pluralismo. Aveva
capito che lo Stato deve svolgere un ruolo ben definito nel fornire linfrastruttura
della comunità – e che quando i mercati hanno bisogno di essere frenati,
dovrebbero essere frenati» (ivi, p.
268). «Lantidoto al secolo della solitudine, in fin dei conti, può essere solo
lesserci luno per laltro, indipendentemente da chi sia laltro» (ivi, p. 289).
Con
Fra Cristoforo pensiamo: «Ecco un filo, un filo che la provvidenza mi mette
nelle mani. E in quella casa medesima!» (A. Manzoni, I Promessi Sposi, Milano,
Hoepli, 1998, p. 118).
«Gli
avvocati della globalizzazione neoliberista hanno rielaborato limmagine
neoclassica della buona società “economica” divulgata da Milton Friedman e altri, e il “trionfalismo” dei conservatori post
Guerra Fredda come Fukuyama. Il più importante è stato il supporto dato nel
mondo ai regimi che hanno abbracciato la dottrina neo-liberale del libero
mercato mantenendo il controllo politico nelle mani di minoranze (spesso
brutali) come varianti del tema della poliarchia (ad es. Cina, Russia
postsovietica, Arabia Saudita). Sullaltro versante, vi sono stati la condanna
e lintervento instancabile negli affari di società che hanno cercato di
abbattere il regime dellélite» (S. J. Rosow-J. George, Globalization & Democracy,
Lanham, Rowman & Littlefield, 2014, pp. 26-27).
«In
termini politici il mantra neoliberista era piuttosto semplice, consistente in
tre obiettivi politici fondamentali e universalmente attuabili –
privatizzazione dei settori più importanti delleconomia (ad es. trasporti,
miniere, telecomunicazioni, manifatture, salute e educazione) e delle imprese di
pubblica proprietà, deregolamentazione del sistema economico e delle sue
istituzioni-chiave (ad es. banche, relazioni industriali, mercati azionari) e
in generale lo spostamento di leggi e abitudini verso il libero mercato a ogni
livello della società». «Perciò negli anni Ottanta la teoria e pratica neoliberista
è divenuta dominante nelleconomia politica globale. Di fatto, va precisato che
la prima articolazione dei principi neoliberali, in pratica, fu in Cile nel
1973, quando la CIA aiutò il colpo di stato contro il presidente
democraticamente eletto (Allende) a favore di un generale di destra (Pinochet),
ritenuto giustamente ben più riconducibile alle dottrine neoliberali di
Friedmann e della scuola di Chicago. Loscuro lato antidemocratico del
neoliberismo fu evidente ovunque in America Latina, specie nei regimi spesso
brutali del Brasile e dellArgentina. Negli anni Ottanta tuttavia londa neoliberista
fu più evidente al centro dellanglosfera – UK di Margaret Thatcher (1979-1990)
e USA di Reagan (1980-1988). Dominò lagenda analitica e politica globale anche
in Australia, Nuova Zelanda e Canada. E negli anni Ottanta il neoliberismo egemonizzò
le maggiori istituzioni delleconomia politica globale (ad es. FMI e Banca
Mondiale), dove si abbandonarono le prospettive keynesiane e le originarie
istituzioni regolative di Bretton Woods divennero i centri più potenti dellagenda
di libero mercato globalizzato. Comunemente nota come Washington Consensus […]
emanante da FMI, Banca Mondiale e Dipartimento del Tesoro US, tutti con sede a
Washington» (ivi, p. 37). «Vi furono una massiccia espansione dei settori
finanziari in tutto il mondo […] e una accelerazione del processo di
globalizzazione economica, via via che in numero crescente le economie vennero
integrate in un sistema di mercato globale di “turbo-capitalismo”. In questo
processo, però, lo sviluppo finanziario osannato dai neoliberali è avvenuto
largamente al di fuori delle economie “reali” nel mondo del trading elettronico
delle valute, degli hedge-funds e dei “derivati”» (ivi, p. 38).
«Una
migliore comprensione dei vincenti nel contesto neoliberista focalizza unélite
transnazionale o globale che, nei suoi vari spazi e posti, è capace di trarre
vantaggio dalle condizioni sociali e politiche intrinseche alla democrazia neoliberista.
La variante della narrativa democratica occidentale è allora utile non solo
agli ideologi USA che invocano il “manifest destiny” come pietra angolare della
leadership americana, ma anche a ognuno dei numerosi regimi al potere in Medio
Oriente, Asia, Africa e Europa orientale, che possono facilmente manipolare con
successo le promesse del libero mercato neoliberista a proprio (antidemocratico)
vantaggio» (pp. 41-42). «Si può forse capire meglio questo progetto di
democrazia gestita in termini di poliarchia» (ivi, p. 43): tipicamente, Trump e
Putin.
«La concezione
poliarchica della democrazia non riconosce il grande significato delluguaglianza
economica come parte integrante della democrazia». «La definizione poliarchica
di democrazia de-enfatizza le questioni di eguaglianza sociale e economica che
sono intrinseche alle articolazioni classiche della democrazia della prima
modernità, suggerendo invece che monopolizzare ricchezza e potere da parte di
una minoranza è di fatto conforme con la democrazia – fin che esistono “libere
ed eque” elezioni a intervalli regolari» (ivi, p. 44). Sono «gli anni di Putin:
riportare lo stato dentro, lasciando fuori la democrazia» (ivi, p. 109).
Vecchia storia, ricordata da Adriano Panatta nella vicenda del tennista Djokovic agli Austrialian Open 2022, con la battuta di Alberto Sordi ripresa dal sonetto Li sovrani der Monno vecchio del Belli: «Cera una vorta un Re cche
ddar palazzo / mannò ffora a li popoli steditto / “Io sò io e vvoi non zete un
cazzo».
Dopo
linvasione russa dellUcraina «si fa la mossa di prendersela con gli
oligarchi, ma di fatto sono coinvolte poche centinaia di persone, senza un
controllo sistematico e con molte scappatoie mentre bisognerebbe mirare alle
decine di migliaia di patrimoni russi investiti nei circuiti finanziari e
immobiliari occidentali». «Il problema è che il sistema legale e finanziario creato
dallOccidente in decenni mira anzitutto a proteggere i più ricchi, che lhanno
creato, a spese di tutti gli altri» (T. Piketty, Affronter la guerre, repenser les sanctions, in «Le Monde», 15 marzo 2022, on line).
Sovrani del Mondo nuovo prefigurato nel 1932 da Aldous Huxley e messo a punto nel 1958 con Ritorno al mondo nuovo.
«In
agricoltura, sette società controllano la metà del commercio mondiale. Spesso con
sede svizzera, comunicano poco e preferiscono di gran lunga loscurità. “Sono
deliziate quando ci si interroga sulla finanziarizzazione delle materie prime”,
nota Javier Blas [autore di The World for sale, London, Penguin Books, 2021], “mentre la vera questione è
la loro presa di potere”. La loro potenza è tale che a volte osano speculare
sulla fame nel mondo, scrive nel suo libro» (E. Albert, Les matières premières, «dernier bastion du capitalisme sauvage», in
«Le Monde», 1° aprile 2022, on line).
Con la Russia di Putin che invade lUcraina, la speculazione è sulla pace nel
mondo.
Un
problema fondamentale della storia politica moderna è equilibrio o egemonia.
Equilibrio o egemonia è «un problema
fondamentale della storia politica moderna», scriveva lo storico tedesco Ludwig Dehio nellEuropa distrutta del
1948. «Oggi pare a noi che il gran gioco, che nelletà moderna ha tenuto in
moto lEuropa e alla fine il mondo, sia terminato. «Lantico sistema di stati
civili composti di parti piccole fu completamente eclissato dalle giovani
gigantesche potenze che esso aveva chiamato in suo soccorso, perché ora meno
che mai poteva aiutarsi da sé» (L. Dehio, Equilibrio
o egemonia, Bologna, il Mulino, 1988, p. 239). «Ma lantica tendenza
europea al frazionamento viene ormai cacciata da parte dalla nuova tendenza
mondiale alla unificazione. E questa, nella sua tempestosa avanzata, non avrà
posa finché non si sia fatta valere in tutto il globo terrestre» (ivi, p. 240).
«Appena che lultimo temporale si è scaricato, se ne addensa uno nuovo. Col
restringersi dello spazio, in conseguenza della civilizzazione, procede il
restringersi del tempo: ogni invenzione accelera il decorso» (ivi, p. 241). Civilizzazione
tecnologica, che nega «una sfera insopprimibile di autonomia del singolo nei
confronti del potere statale», precisava nel 1988 Sergio Pistone nel presentare ledizione italiana (ivi, p. 15).
«Abbiamo
ricevuto una straordinaria educazione». «Leducazione europea […] è quando
fucilano tuo padre, o quando tu stesso ammazzi qualcuno in nome di qualcosa di
importante o quando crepi di fame o radi al suolo una città» (R. Gary, Educazione europea, Vicenza, Neri Pozza, 2006, p. 256). Il Putin “europeo” che, «suggerisce
Boris Nemtsov, “crede che la Russia
abbia bisogno di uneconomia di mercato affluente, sfortunatamente non crede
che la Russia abbia anche bisogno di democrazia”». «Daltra parte, può avere
meno a che fare con le tendenze anti-democratiche della cultura russa in sé e
più con la recente esperienza della sua varietà neoliberista. Certo questa è
stata una delle tensioni della Russia del ventunesimo secolo, giocata nel
confronto fra stato e contestatori in questi anni» (Rosow-George, Globalization & Democracy, cit., p. 42). Come Pinochet in Cile, Trump in USA, Xi Jinping in Cina, Bolsonaro in Brasile, Modi in India, Orbán in Ungheria, il PiS in Polonia e così via.
Col
nome darte Romain Gary, Romain Kacev, lituano di genitori russi
e combattente francese nella seconda guerra mondiale, allEuropa affida un dialogo
tra due partigiani. «Janek chiese a Dobranski: “Tu ami i russi, vero?” – “Amo
tutti i popoli, ma nessuna nazione. Sono un patriota non un nazionalista” –
“Che differenza cè?” – “Il patriottismo è amare la propria gente; il
nazionalismo è odiare gli altri. Russi, americani… Un grande sentimento di
fraternità va maturando nel mondo, i tedeschi saranno serviti almeno a questo”»
(ivi, p. 238). Questa è lUE, tanto più necessaria dopo linvasione dellUcraina
a conferma dellormai inderogabile necessità di effettivo governo democratico europeo
eletto dal parlamento europeo e responsabile di fronte ad esso e a noi cittadini
europei. È la modernità alla prova senza fine della storia, su cui riflette Leszek Kołakowski, nato a Radom in
Polonia nel 1929 morto a Oxford nel 2009. «Non considero antiquata lidea dellEuropa
centrale come area culturale condivisa; oso credere che la rinascita di un tale
spazio culturale, libero da dominazioni, sia possibile e desiderabile; anzi,
può anche essere critica per il destino dellEuropa». E, constatiamo, per il
destino del mondo spinto da Putin verso la terza guerra mondiale. «Leducazione
alla democrazia è educazione alla dignità; e ciò presuppone due cose: la
disponibilità a lottare, unita alla libertà dallodio. La libertà dallodio che
si ottiene solo fuggendo dai conflitti è una virtù fittizia, come la castità
degli eunuchi» (L. Kołakowski, Modernity on Endless Trial, Chicago, The
University of Chicago Press, 1990, pp. 255-260).
La disponibilità
a lottare unita alla libertà dallodio è la prova dellodio nazionalista di Putin
(e gli altri) per il patriottismo UE, mentre nellEuropa distrutta del 1948
Dehio ci ammonisce che «non un inceppamento della nostra fantasia, ma il suo
allargamento dovrebbe fruttarci lo sguardo comparativo rivolto al passato: un
affinamento del senso della nostra inderogabile responsabilità personale, non
un ottundimento causato dal fantasma dun determinismo regolato da leggi che ci
esonererebbero dalla responsabilità. Le idee che le diverse scienze si fanno di
un corso obbligato della storia umana sono pur tutte quante un efflusso della hybris dellidea della civilizzazione: opporsi a quella vuol dire ravvivare la forza
che è radice della nostra civiltà, la vita personale» (Dehio, Equilibrio o egemonia, cit., pp. 248-249).
Civiltà dei diritti umani, propria della democrazia, e per noi europei «il problema
primo è se siamo ancora capaci di un patto giurato: lunica cosa certa è che il
pericolo realmente esiste e che solo dal pericolo, non dalle speculazioni
astratte, esso può nascere» (P. Prodi, Homo Europaeus, Bologna, il
Mulino, 2015, p. 228).
Patto
giurato di democrazia negli Stati Uniti dEuropa in una «epoca di grandi sfide
e contraddizioni, ma anche di speranza. Perché ora abbiamo una vera opportunità
di riunirci e costruire un futuro completamente diverso» (Hertz, Il secolo della solitudine, cit., p. 287). «LEuropa dovrà rafforzare lautonomia (a
livello industriale e tecnologico) del suo mercato interno e ridurre le
diseguaglianze sociali prodotte dalla precedente globalizzazione. Senza
coesione sociale sarà difficile riformare» (S. Fabbrini, Putin obbliga a ripensare la globalizzazione, in «Il Sole 24 ore», 29 marzo 2022, p. 8).
Non a caso la democrazia
è nata in Europa.
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