Nel bicentenario della nascita di Adelaide Ristori, il Teatro Nazionale di Genova dedica uno spettacolo a una grande ambasciatrice dellarte drammatica italiana nel mondo. Gli ideatori di questo nuovo allestimento sono attratti dapprima da Macbeth (Macbetto, nella traduzione approntata da Giulio Carcano per Ristori), la tragedia di Shakespeare entrata nel repertorio dellattrice – dopo Mirra di Alfieri, Medea di Legouvé e Francesca da Rimini di Silvio Pellico – e recitata a Londra nel 1857 e a Parigi nel 1860. Poi la scelta produttiva devia dalladattamento del testo e opta per un racconto sceneggiato della vita e della carriera dellartista famosa.
Un momento dello spettacolo
Essendo comunque disponibile lArchivio Ristori, presso il genovese Museo Biblioteca dellAttore, la creazione ha tratto da esso la documentazione preziosa sul soggetto dello spettacolo. Nota il regista: «Abbiamo immaginato uno studio televisivo, un contenitore, un caleidoscopio, un accumulatore di immagini e di esperienze visive. Un meccanismo scenico che ci offre il pretesto per un gioco ironico e auto-ironico, perché fare sorridere di sé è un grande atto di intelligenza» (dal Programma di sala). Non quindi ricostruzione storica soltanto, ma composto originale di testimonianze rievocative dellarte e dellimprenditorialità della protagonista.
Il testo di Andrea Porcheddu, sintonizzato con gli snodi drammatici e gli effetti scenici (“realtà aumentata”), include generi diversi, dal programma televisivo allaneddoto biografico. Elisabetta Pozzi, oltre che Adelaide Ristori, interpreta se stessa che interagisce con il regista (fuori scena) e con tante altre presenze, gestite dal presentatore-narratore Alberto Mattioli. Così partecipano le figure di George Orwell, Camillo Benso di Cavour, Giuseppe Verdi, Victor Hugo, Alexandre Dumas, Eleonora Duse. Interventi progettati per la spontaneità e limprovvisazione di un metateatro gradevole, se pure con qualche iniziale impaccio didattico negli “incidenti” di scena. Una suite, del resto, di parti (o movimenti) che, dalla forma narrativa, punta man mano al nucleo drammatico più importante.
Un momento dello spettacolo
Fatti storici e note di costume troverebbero naturale e più impegnativa evoluzione nella recita delle scene del Macbetto. Purtroppo, i brani estratti dal contesto, o appena immersi nel suo clima, non sviluppano tutto il loro potenziale. È comunque significativo il passo che rievoca la modifica apportata da Verdi alla sua opera omonima, dopo aver assistito alla performance della Ristori nella scena del sonnambulismo. Segue poi, defficace teatralità, la lettura della lettera di Macbeth alla moglie, recitata da Pozzi in duetto con limmagine animata dellantesignana interprete: una tragica sequenza sotto un cielo corrusco e arrossato di sangue. Latmosfera si conferma nel finale, dallo stile più netto e deciso, per larte riconoscibile che Elisabetta Pozzi offre allattrice storica, impegnata nel ruolo della Lady. Il pathos sintensifica nellangoscioso tentativo di tergersi le mani. Finché, alla luce di candela, risuonano le ultime fatidiche parole: «Quel che è fatto / Non può disfarsi» e, nel sussurro disperato della Pozzi, si immagina la voce viva e avvincente della Ristori. Momenti in cui abilità ed equilibrio vocale sostengono lespressione dei brani celebri, pure tanto sintetizzati e straniati.
Sebbene più esteso, nitido e partecipato appaia il profilo di Ristori, si apprezza lintelligenza sensibile dellattrice che dal ruolo di Lady Macbeth, assunto quasi estemporaneamente, fa scaturire moventi e riflessi inquietanti della tragedia del potere. Forsanche perché aveva già affrontato, con coerente e convincente resa, leroina shakespeariana in Macbeth Remix, “travestimento” di Edoardo Sanguineti, diretto e musicato da Andrea Liberovici nel 2016.
Un momento dello spettacolo
Oggi, in particolare, si evidenzia il valore musicale del testo citato, al quale la traduzione depoca conferisce patina antica senza oscurarne il bagliore poetico. Il regista Davide Livermore ottiene adesione e dedizione ai due personaggi dalla sua interprete, forte e umile, complice nellironia e nella partecipazione al gioco, condiviso con un pubblico contento e plaudente.