È vincente e convincente la formula del trittico coreografico, e lo sa molto bene Eleonora Abbagnato, la direttrice del Corpo di Ballo dellOpera di Roma, che la propone al Teatro Costanzi nella stagione di danza capitolina. Il titolo Forsythe/ Inger/ Blanc mette subito in evidenza i nomi di due maestri: William Forsythe, corifeo del postclassicismo, e Johan Inger, esponente del contemporaneo, a cui si aggiunge quello del giovane Nicolas Blanc, seguace del neoclassicismo. Tre banchi di prova per i ballerini chiamati a interpretare il Novecento coreutico con le sue differenti peculiarità espressive e la sua diversa resa scenica.Una mise en danse che vede protagonisti létoile Susanna Salvi, i primi ballerini, i solisti e la Compagnia di Balletto romani. Un organico che sotto la direzione dellAbbagnato, già étoile dellOpéra di Parigi e artista internazionale, si è affinato e raffinato nella preparazione tecnica e nella presa dei ruoli arrivando a quel respiro e a quella qualità tipici delle grandi compagini tersicore.
Non solo ma questo trittico se da un lato con “la danza da fare” arricchisce il repertorio e stimola la sensibilità interpretativa dei coreuti, dallaltro con “la danza da vedere” si propone di educare il gusto del pubblico con serate composite alternate a balletti classici come latteso Corsaro a maggio. Insomma una lungimirante progettualità artistica sorretta dalla competenza di Eleonora che – e non poteva essere altrimenti – è stata riconfermata alla guida del Corpo di Ballo dellOpera di Roma per un altro triennio dal sovrintendente Francesco Giambrone.
Forsythe/ Inger/ Blanc è tra gli eventi del cartellone del Teatro Costanzi – meglio conosciuto come Teatro dellOpera di Roma –; e se nel trittico ci sono due coreografie storiche come Herman Schmerman di Forsythe e Walking Mad di Inger, è presente anche la prima assoluta From Afar di Blanc. Una creazione commissionata dal teatro e nata su invito dellAbbagnato per rendere omaggio al genio e alla memoria di Ezio Bosso, deceduto a maggio del 2020.
Herman Schmerman, un pezzo del 1992 su musica di Thom Willems, è – come dice Forsythe – «un titolo affascinante che non significa nulla» ma proprio per questo si trasforma in un inno a quella cosa chiamata “danza-danza” e ai corpi dei ballerini, fasciati da body e calzamaglie scuri di Gianni Versace e Forsythe ed esaltati dalle luci soffuse di Tanja Rühl e dello stesso Forsythe. Il lavoro, messo in scena da José Carlos Blanco Martínez in prima romana, è un esempio dello stile postclassico “forsythiano” fondato sullipertecnicismo accademico e sullipercinetismo fisico e si compone di due parti. La prima è contrassegnata da un quintetto formato dalle soliste Federica Maine e Marianna Suriano, da Elena Didini del Corpo di Ballo, dal Primo ballerino Alessio Rezza e da Alessandro Vinci dellorganico; la seconda è incentrata su un duo con létoile Susanna Salvi e il primo ballerino Michele Satriano.
scena del balletto Herman Schmerman
Lo spazio, secondo il modus operandi di Forsythe, è occupato di volta in volta dai danzatori che entrano ed escono di scena con un ritmo coreutico e coreografico che segue quello percussivo e ossessivo della partitura di Willems. E se le donne usano in modo non ortodosso le scarpe da punta passando velocemente dall en dedans all en dehors, dal balance all off balance con passi eseguiti in décalé, i partners non sono di meno e compiono dinamici e virtuosistici tecnicismi. Come in un gioco il dancemaker americano si diverte a smontare e rimontare le basi della danse décole a partire dal pas de deux e del pas de trois, qui riproposti al femminile, al maschile o misti, in un concept coreografico che resta in bilico tra imput atletico e afflato artistico. Lottimo quintetto va veloce e passa il testimone al superbo duo Salvi-Satriano che sciorina con nonchalance gli enchaȋnements, accentuando la bellezza androginica di corpi ravvivati dai deliziosi gonnellini gialli di Versace e spronati da un arduo e studiato cimento.
Spetta a Walking Mad di Inger catapultarci nel mondo della danza contemporanea che ci trascina in unaltra atmosfera anche grazie alla musica travolgente del Bolero di Ravel e a quella struggente di Für Alina For Piano di Arvo Pärt. Creato nel 2001 e ripreso da Yvan Dubreuil, dopo il debutto al Costanzi nel 2018, Walking Mad è un balletto contemporaneo di impostazione teatrale e meta-teatrale a cominciare dallinizio quando un uomo in bombetta e trenchgira per la platea, si ritrova poi sul palcoscenico e infine è spinto verso il proscenio da un muro invalicabile, ideato da Inger. Tutto infatti ruota intorno a questo muro che, di volta in volta, taglia in diagonale la scena, la delimita orizzontalmente e verticalmente, condiziona le azioni e le emozioni dei personaggi vestiti in modo casual da Inger e accompagnati dalle luci chiaroscurali di Erik Berglund.
scena del balletto Walking Mad
Tre donne (Giorgia Calenda, Marta Marigliani, Annalisa Cianci) e sei uomini (Giovanni Castelli, Alessio Rezza, Jacopo Giarda, Michele Satriano, Giacomo Castellana, Simone Agrò) traducono in danza – come spiega Inger – «un viaggio pieno di sorprese e svolte inattese» che però finisce dove era iniziato portando con sé qualcosa di nuovo. Tra forze centrifughe e centripete gli interpreti si muovono in una realtà fagocitata da loro stessi e segnata da questo muro delle incomprensioni e delle divisioni. Il Bolero fa da colonna sonora alla prima parte e sottolinea il parossismo corale di individui stremati, consumati dal bisogno di trovare una via di uscita al loro disagio esistenziale. Tutto però sembra inutile, niente pare avere senso e resta una donna sola, risucchiata dalla parete del muro nel deserto della sua solitudine. A salvarla arriva Für Alina For Piano di Pärt, una musica che restituisce umanità a queste figure “bechettiane”. Unumanità ritrovata con lultimo dolce, malinconico duetto che nellamore indica la strada da percorrere al di qua e di là di ogni muro.
Walking Mad è unopera in cui esplode la visceralità della danza contemporanea tra abbracci, prese, salti e cadute di corpi preparati al meglio per restituire lo stile del coreografo svedese e la sua ricerca di attorialità e teatralità nella mise en danse. In chiusura il neoclassicismo di From Afar di Blanc, sulla Sinfonia N.1 Oceans di Bosso, sposta laccento sullevanescenza e sullineffabilità.
La creazione prende ispirazione dalla musica di Bosso per raccontare – come sottolinea lo stesso Blanc – «un viaggio, un naufragio interiore ed esteriore di un uomo e una donna […] tra presenza e assenza, vicinanza e distanza» in un flusso di note che, come le onde delloceano, metaforicamente avvolgono e travolgono la nostra vita tra gioie e dolori, sogni e delusioni. Sulla scena di Andrea Miglio un enorme relitto di nave accoglie un gruppo di naufraghi che iniziano la loro danza di speranza e salvezza guidati dai solisti Sara Loro e Giacomo Castellana. Vestiti da Anna Biagiotti con setosi costumi celesti per richiamarsi al cangiante colore oceanico, e illuminati da Fabrizio Marinelli, i ballerini volteggiano nel mare della nostra esistenza tra ensemble, soli, duetti e terzetti.
Il francese Nicolas Blanc nella sua aggraziata coreografia ha ben presente la lezione del grande Balachine ma riesce a dare personalità a From Afar e a guidare il Corpo di Ballo nella resa del suo neoclassicismo.
scena del balletto From Afar
Forsythe/ Inger/ Blanc è uno spettacolo bello e ben fatto e non sono mancati gli applausi del pubblico. Una soddisfazione per Eleonora Abbagnato e un ulteriore riconoscimento per limpegno profuso nella direzione della Compagnia di Balletto del Costanzi che, proprio grazie a lei, a giugno si esibirà a Parigi al Palais des Congrès. Ci auguriamo per loro e per tutti noi che linaccettabile conflitto russo-ucraino non impedisca allarte di esprimersi e di contrastare la barbarie umana.
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