Del drammaturgo francese Pascal Rambert, ex direttore del Théâtre
National de Gennevilliers, era stato rappresentato in Italia Clôture de
lamour (2012), interpreti Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi, nella coppia coinvolta in una lacerante
separazione, intellettualmente vivisezionata. Tornano ora in Sorelle, primo adattamento italiano di Sœurs, prolungati monologhi in parallelo, non lunghi come
quelli di Clôture, analoghi a quelli di Bernard-Marie Koltès. Il loro ritmo alternato e
distanziato ammette un dialogare insolito, un rapporto di scambio mimico e
gestuale ravvicinato, secondo un metronomo oscillante, tra frenesia e stasi di
recupero energetico. Sequenza incessante di assalti e di difese. Dei due personaggi
femminili si mostrano le diversità di carattere, mentalità e vocazione. Differenze
non stereotipate e rispondenti a tipologie reali riconoscibili; non ridotte a
schemi manichei o manieristici, ma ricchi di profonde e sfumate contraddizioni.
Un momento dello spettacolo
Nata da famiglia colta e benestante, Sara (la
maggiore) è la più dotata fisicamente, atleta che ha praticato il nuoto ad alto
livello agonistico. Rinunciataria, si è impegnata in missioni umanitarie per i
migranti. Anna ha raccolto dai genitori una vocazione intellettuale, è
diventata scrittrice, ha sposato un insegnante di scuola media, ma sentendolo inferiore
nella propria autostima. Una rivalità originale ha segnato i loro rapporti
difficili che lesistenza in contrapposizione (favorita da attese e giudizi soprattutto
paterni) ha ancor più inaspriti. Quando in scena Anna raggiunge Sara, è il
momento del bilancio decisivo di una vita esasperata da silenzi e ripetuti,
consolidati equivoci sulle colpe e le offese reciproche. Così lincontro sarà
scontro in fasi aggressive e difensive di un combattimento doloroso, senza
sollievo e senza vincitrice. Il metodo sarà imitarsi a vicenda per
rappresentare, accentuandoli, i difetti e le colpe dellaltra.
La premessa strutturale della pièce è simile a quella di Clôture,
ma alleggerita dallintellettualismo che condizionava quel precedente successo:
qui azione e reazione hanno maggiore immediatezza ed efficacia, aderenti al
tormento di unesperienza vissuta profondamente. Spiega lautore e regista: «Non
esiste una trama, mi piace immaginare lo spettacolo in termini di energia. Non
mi interessa raccontare una storia di conflitto ma focalizzarmi su come le
interpreti incarnano il testo, sullenergia reale e organica che scaturisce
dalla relazione che i loro due corpi instaurano nello spazio. La forza del
conflitto risiede, infatti, su due elementi: il potere dello scambio verbale e
leco che questo genera nello spazio e nel tempo. È qualcosa che si rinnova
ogni sera e che richiede un notevole sforzo fisico».
Un momento dello spettacolo
Lo spazio scenico è il palco intero, vuoto, illuminato
da tubi al neon, nel quale le sedie colorate vengono sistemate da Sara (Sara Bertelà) per la conferenza che sta
preparando. Prima del convegno irrompe Anna (Anna
Della Rosa), la minore. Lontane allinizio
delle ostilità, man mano le distanze saccorciano. Si stabilisce perfino
contatto, quando ascoltano la musica, ballano insieme in un momento condiviso, rilassato
e quasi lieto, ascoltando da auricolari dellunico telefonino. Poi il contrasto
insanabile cresce, diventa più fisicamente rude e Sara cade. Il susseguirsi dei
ricordi personali richiama lattenzione. Torna Anna al ricordo dellincontro
con il ragazzo di Bagdad (che anche a Sara piaceva) con il quale fece lamore. Poi
è levocazione del legame di Sara con la compagna Isabelle a suscitare le accuse
dellaltra. Eppure Anna confessa: «ti amavo, ti ammiravo, ti copiavo». Viene larringa
di Sara, che difende lamore della compagna e le riconosce laiuto nella cura
della madre malata, mentre rincara impietosa sullindifferenza di Anna. Questa
recrimina e rimpiange, denuncia il torto subito di non essere informata sullo
stato della mamma. Lo strumento di analisi e di condanna è ancora mimare il sentimento
e il comportamento della madre, in un tempo trascorso in Africa. Finché anche
la voce della morente viene imitata, nellinvocazione della morte chiesta come liberazione.
Vicenda che si tronca quando potrebbe continuare a evolvere, come fantasia
emblematica se non storica, con risonanze che nelle interpreti amplificano assenza
e piaghe personali.
Un momento dello spettacolo
Infatti, il nome dellattrice passa al proprio personaggio,
che nel tempo della rappresentazione – frutto di probabile improvvisazione su
risvolti analogici autobiografici – donano corpo-voce alle parole necessarie a
una coppia quasi gemellare: «siamo intercambiabili», riconosceva Anna. Parole spesso
poetiche per ambiguità e portata universale, se riescono a suggerire in
paradosso un innegabile amore. Bertelà dà potenza rattenuta e rabbia allaffermazione
di sé, proveniente dal modello della vincente a cui è educata, ormai in una pronuncia
razionalizzata. Della Rosa attinge a istinto e sensualità la forza di rivalsa
alle frustrazioni sofferte.
La doppia prestazione non tanto stupisce per la
volontà comune di ferire, quanto per la salda dedizione e la capacità di
fondere sentimento ad abilità espressiva. Loriginale impronta di ciascuna
impreziosisce lintera composizione, per senso di connivenza intima. Complicità
contagiosa anche sul pubblico e che si trasforma in gioia, conforto e
gratitudine per larte teatrale, durevole ben oltre la serata conclusa dai
lunghi applausi meritati.