drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

K O sul ring famigliare

di Gianni Poli
  Sorelle
Data di pubblicazione su web 09/03/2022  

Del drammaturgo francese Pascal Rambert, ex direttore del Théâtre National de Gennevilliers, era stato rappresentato in Italia Clôture de l’amour (2012), interpreti Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi, nella coppia coinvolta in una lacerante separazione, intellettualmente vivisezionata. Tornano ora in Sorelle, primo adattamento italiano di Sœurs, prolungati monologhi in parallelo, non lunghi come quelli di Clôture, analoghi a quelli di Bernard-Marie Koltès. Il loro ritmo alternato e distanziato ammette un dialogare insolito, un rapporto di scambio mimico e gestuale ravvicinato, secondo un metronomo oscillante, tra frenesia e stasi di recupero energetico. Sequenza incessante di assalti e di difese. Dei due personaggi femminili si mostrano le diversità di carattere, mentalità e vocazione. Differenze non stereotipate e rispondenti a tipologie reali riconoscibili; non ridotte a schemi manichei o manieristici, ma ricchi di profonde e sfumate contraddizioni.

Un momento dello spettacolo

Nata da famiglia colta e benestante, Sara (la maggiore) è la più dotata fisicamente, atleta che ha praticato il nuoto ad alto livello agonistico. Rinunciataria, si è impegnata in missioni umanitarie per i migranti. Anna ha raccolto dai genitori una vocazione intellettuale, è diventata scrittrice, ha sposato un insegnante di scuola media, ma sentendolo inferiore nella propria autostima. Una rivalità originale ha segnato i loro rapporti difficili che l’esistenza in contrapposizione (favorita da attese e giudizi soprattutto paterni) ha ancor più inaspriti. Quando in scena Anna raggiunge Sara, è il momento del bilancio decisivo di una vita esasperata da silenzi e ripetuti, consolidati equivoci sulle colpe e le offese reciproche. Così l’incontro sarà scontro in fasi aggressive e difensive di un combattimento doloroso, senza sollievo e senza vincitrice. Il metodo sarà imitarsi a vicenda per rappresentare, accentuandoli, i difetti e le colpe dell’altra.

La premessa strutturale della pièce è simile a quella di Clôture, ma alleggerita dall’intellettualismo che condizionava quel precedente successo: qui azione e reazione hanno maggiore immediatezza ed efficacia, aderenti al tormento di un’esperienza vissuta profondamente. Spiega l’autore e regista: «Non esiste una trama, mi piace immaginare lo spettacolo in termini di energia. Non mi interessa raccontare una storia di conflitto ma focalizzarmi su come le interpreti incarnano il testo, sull’energia reale e organica che scaturisce dalla relazione che i loro due corpi instaurano nello spazio. La forza del conflitto risiede, infatti, su due elementi: il potere dello scambio verbale e l’eco che questo genera nello spazio e nel tempo. È qualcosa che si rinnova ogni sera e che richiede un notevole sforzo fisico».


Un momento dello spettacolo

Lo spazio scenico è il palco intero, vuoto, illuminato da tubi al neon, nel quale le sedie colorate vengono sistemate da Sara (Sara Bertelà) per la conferenza che sta preparando. Prima del convegno irrompe Anna (Anna Della Rosa), la minore. Lontane all’inizio delle ostilità, man mano le distanze s’accorciano. Si stabilisce perfino contatto, quando ascoltano la musica, ballano insieme in un momento condiviso, rilassato e quasi lieto, ascoltando da auricolari dell’unico telefonino. Poi il contrasto insanabile cresce, diventa più fisicamente rude e Sara cade. Il susseguirsi dei ricordi personali richiama l’attenzione. Torna Anna al ricordo dell’incontro con il ragazzo di Bagdad (che anche a Sara piaceva) con il quale fece l’amore. Poi è l’evocazione del legame di Sara con la compagna Isabelle a suscitare le accuse dell’altra. Eppure Anna confessa: «ti amavo, ti ammiravo, ti copiavo». Viene l’arringa di Sara, che difende l’amore della compagna e le riconosce l’aiuto nella cura della madre malata, mentre rincara impietosa sull’indifferenza di Anna. Questa recrimina e rimpiange, denuncia il torto subito di non essere informata sullo stato della mamma. Lo strumento di analisi e di condanna è ancora mimare il sentimento e il comportamento della madre, in un tempo trascorso in Africa. Finché anche la voce della morente viene imitata, nell’invocazione della morte chiesta come liberazione. Vicenda che si tronca quando potrebbe continuare a evolvere, come fantasia emblematica se non storica, con risonanze che nelle interpreti amplificano assenza e piaghe personali.

Un momento dello spettacolo

Infatti, il nome dell’attrice passa al proprio personaggio, che nel tempo della rappresentazione – frutto di probabile improvvisazione su risvolti analogici autobiografici – donano corpo-voce alle parole necessarie a una coppia quasi gemellare: «siamo intercambiabili», riconosceva Anna. Parole spesso poetiche per ambiguità e portata universale, se riescono a suggerire in paradosso un innegabile amore. Bertelà dà potenza rattenuta e rabbia all’affermazione di sé, proveniente dal modello della vincente a cui è educata, ormai in una pronuncia razionalizzata. Della Rosa attinge a istinto e sensualità la forza di rivalsa alle frustrazioni sofferte.

La doppia prestazione non tanto stupisce per la volontà comune di ferire, quanto per la salda dedizione e la capacità di fondere sentimento ad abilità espressiva. L’originale impronta di ciascuna impreziosisce l’intera composizione, per senso di connivenza intima. Complicità contagiosa anche sul pubblico e che si trasforma in gioia, conforto e gratitudine per l’arte teatrale, durevole ben oltre la serata conclusa dai lunghi applausi meritati. 





Sorelle
cast cast & credits
 


 Pascal Rambert

Spettacolo visto il 3 marzo 2022 al teatro Duse di Genova
 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013