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La follia finta del finto imperatore

di Gianni Poli
  Enrico IV
Data di pubblicazione su web 14/02/2022  

Lo scenografo Yannis Kokkos, greco trapiantato in Francia, ha maturato l’arte della regia ampliando e fondendo le proprie doti inventive. Conoscitore dell’arte italiana, da ex-direttore di Villa Médicis a Roma, mette in scena il dramma della creatura di Pirandello con l’intenzione di indagarne, più che di svelarne, i moventi misteriosi. Immerge perciò l’avventura del protagonista in uno spazio scenico preciso e funzionale alla sua ricerca e vi aggiunge una terza attenzione forse superflua: sottolineare il processo del teatro nel teatro che il drammaturgo siciliano assunse a principio, divenuto proverbiale in certi suoi capolavori. A tale scopo, sul palcoscenico, organizzato in elementi staccati (il trono accessibile con una gradinata, la parete con le due figure dipinte di Enrico e Matilde), si nota la serie di camerini dove gli attori sostano a parlare prima della recita.

Un momento dello spettacolo

Già il testo svolge la sua introduzione esplicativa sulla condizione del sedicente Enrico IV, ospitato in casa del Marchese Di Nolli suo nipote. Dai primi discorsi dei consiglieri, la sua disgrazia appare nella fissazione alienante della pazzia che ne ha indotto l’isolamento. Si apprende dell’incidente occorso durante una remota cavalcata in maschera e si descrive come sia controllato e protetto nel suo mondo illusorio. Con l’arrivo dei co-protagonisti dell’evento traumatico di vent’anni prima (la caduta provocata dal rivale Belcredi), si assisterà a un tentativo di guarirlo, proposto dal dottor Genoni, mediante la rievocazione del momento scatenante la psicosi. La figlia di Matilde, Frida, impersonerà la madre, sperando che la vista della compagna, giovane come allora, produca uno shock nel malato da farlo rinsavire. Una registrazione video documenterà l’esperimento. I personaggi si sono travestiti e quando compare Enrico, in veste monacale scura, sembra riconoscerli compagni di quel passato. Svolge un’accorata, profonda riflessione (se pure molto accorciata, come del resto tutte le battute) sul suo personaggio in rapporto con quello di Matilde di Canossa, scena che lo conferma nella “maschera” assunta e nella finzione consolidata. Il primo atto si chiude, senza il risultato atteso, mancando l’intervento della giovane Frida.

Dopo l’intervallo, il medico verifica le sue ipotesi sulla registrazione dei comportamenti del pazzo e vi trova conferma all’idea di inscenare la recita mostrando in Frida Matilde nello stesso costume. Gli interpreti travestiti accolgono Enrico, ora anch’egli in abito regale. Assecondato il dialogo fra i personaggi storici rappresentati, passa bruscamente all’invettiva e sgomenta gli interlocutori. Emerge così l’arte dell’attore, persino esuberante, nel potere delle parole, capace di sbaragliare gli astanti, i consiglieri confusi e ammutoliti al sentirsi chiamati per nome, scoperti nell’inganno in cui credevano di averlo irretito. Enrico si rivolge poi a se stesso, alla sua identità, neppure garantita da un nome proprio. Allo specchio, «Sono o non sono?», si domanda, quasi giustificando un suo carattere “amletico”.

Un momento dello spettacolo

Bella prova e a momenti avvincente, per Sebastiano Lo Monaco, che ha assimilato e reso senza artifici vocali lo spirito più acre e percussivo dell’arte pirandelliana e lo applica per scombinare tante certezze di apparenza. Il suo monito raggiunge tutti i personaggi. Il gruppo dei creduloni, succubi seguaci per comodo e ignavia ignorante, dei consiglieri, sono resi clowneschi da attori duttili, agili e giocosi. Gli antagonisti principali dipingono in convenzione efficace la coppia conflittuale di Matilde (Mariàngeles Torres) e Belcredi (Claudio Mazzenga). Inoltre, il pazzo sagace sa entrare poeticamente nel regno del sogno, tornare a un’infanzia fantasticata e travolgere i nemici con una risata sarcastica e contagiosa. Esce, avendo dettato al Monacello (il Cameriere) il Decreto di Magonza.

Il dramma precipita nello scioglimento del terzo atto. In luce violetta si animano i due ritratti, ne balza fuori Frida-Matilde e le due donne, vicine, appaiono uguali. Enrico s’avvia al trono, a spiegare come, rinsavito, abbia scelto la follia per strumento di vendetta e di affermazione. «Chi meglio dell’attore, che ogni sera si sdoppia, può recitare la follia? – propone il regista – Chi meglio di lui può recitare il teatro dell’inconscio, visto che tutte le sere si sottopone a una seduta psicoanalitica? L’attore finge, proprio come Enrico, il quale, attraverso la finzione, costringe gli altri, a loro volta, a fingere. […] Il giuoco ambiguo della finzione non si coniuga più con realtà, ma con follia, tanto che, la nota formula “Finzione o realtà?” si trasforma in “Finzione o follia?”». Per Enrico è la follia l’unica finzione possibile. Attratto irresistibilmente dalla Matilde sognata e ritrovata, la abbraccia («Sei mia…») e a Belcredi, che cercava di fermarlo, spara un colpo di pistola. La scelta ormai cosciente lo assolve e gli regala verità e libertà, per sempre.



Enrico IV
cast cast & credits
 



Lo spettacolo è stato visto 
il 9 febbraio 2022
al Teatro Ivo Chiesa di Genova

 
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