drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Eduardo in due atti

di Rosa Carbone
  Dolore sotto chiave / Sik Sik l’artefice magico
Data di pubblicazione su web 14/12/2021  

Il crudo realismo e l’amara comicità del teatro di Eduardo de Filippo tornano sul palcoscenico nella nuova regia di Carlo Cecchi al Teatro Niccolini di Firenze. Lo spettacolo mette insieme due atti unici del drammaturgo napoletano, apparentemente lontani tra loro, ma accomunati dalla commistione di toni giocosi e drammatici.

Dolore sotto chiave nasce come radiodramma nel 1958 e va in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, mentre la prima messinscena risale al 1964 per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli. La trama racconta le sfortunate vicende di Rocco che, tornato a casa dopo mesi di lavoro in America, apprende dalla sorella Lucia la morte della moglie, da tempo malata. Alla tragicità dell’evento si aggiunge la scoperta di un’amara quanto duratura menzogna: Lucia ha portato avanti una farsa, mentendo a suo fratello sulle condizioni della consorte per evitare che quest’ultimo compisse gesti folli. La drammaticità della situazione viene però smorzata dall’ilarità della reazione del marito, il quale, ormai “in ritardo” per piangere la sua amata, è semmai afflitto dall’impossibilità di rifarsi una nuova vita con un’altra donna.


Un momento dello spettacolo

Sik-Sik l’artefice magico, atto unico in due quadri scritto nel 1929, presenta un intreccio più lineare e proprio questa sua estrema immediatezza suscita numerosi momenti di umorismo. Il protagonista Sik-Sik (che in napoletano significa secco, magro), reinterpretato dallo stesso Eduardo alla fine della sua carriera, è un buffo prestigiatore che si esibisce con la moglie Giorgetta e Nicola, che gli fa da spalla. Il mancato arrivo di quest’ultimo porterà Sik-Sik a scegliere di sostituirlo con Rafele, uno sprovveduto a cui interessano solo i soldi. La comicità di questa pièce si basa sul fallimento della performance illusionistica e sulla incomprensione linguistica che ne determina l’esito finale. 

Carlo Cecchi conferma la sua propensione per il recupero del teatro popolare e realizza una messinscena che mette in risalto la dimensione testuale, rispettandola e valorizzandone al contempo gli accenti più grotteschi e drammatici. Già regista e interprete di opere di Eduardo, Cecchi sceglie di mettere insieme due commedie emblematiche del teatro del Novecento e lo fa lasciando che sia la parola a produrre quel riso amaro tipico della drammaturgia di De Filippo. Se nel primo atto la gravità del senso della morte e della perdita viene ribaltata da momenti farseschi e di assoluta confusione, nel secondo il divertimento è immediatamente percepito e affidato alle stranezze del protagonista. Grande importanza è riservata all’elemento linguistico, come evidenzia lo stesso regista nel programma di sala: «L’uso che Eduardo fa del napoletano e il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro».

Le scene curate da Sergio Tramonti sono nel complesso essenziali, ma subiscono un radicale cambiamento nel passaggio dal primo al secondo atto, così come avviene per i costumi, risultato del lavoro di Nanà Cecchi. In Dolore sotto chiave la scelta cromatica predilige tonalità neutre sia per la scenografia che per gli abiti dei personaggi, in linea con lo stile degli anni Sessanta. Gli attori si muovono all’interno di una stanza ricreata con pochi e semplici mobili, uno su tutti il tavolo rotondo attorno al quale si animano i litigi dei due fratelli. Nella seconda pièce vengono ricreati due quadri, raffiguranti rispettivamente l’esterno e l’interno del teatro in cui si esibisce Sik-Sik: nel secondo ambiente spiccano colori accesi e vivaci, fra tutti il rosso della tunica del mago e l’azzurro del vestito di seta della sua singolare aiutante. La componente sonora ha una parte limitata all’interno della messinscena: nel primo atto si riduce a un suono di tamburi che riecheggia nei momenti della rivelazione; in Sik-Sik l’artefice magico la musica accompagna i fallimentari giochi di prestigio del protagonista.


Un momento dello spettacolo

Alla prova interpretativa degli attori è affidato gran parte del successo dello spettacolo. La recitazione rispetta la tradizione dialettale napoletana e, dunque, riserva molto spazio alla sottolineatura di una mimica particolarmente espressiva, in grado di catturare il pubblico fin dalle prime battute. Da lodare il lavoro svolto da quegli attori che hanno recitato in entrambe le commedie: Vincenzo Ferrara, che si cala prima nei panni dello sfortunato Rocco e poi in quelli di Nicola, e Dario Iubatti, una esilarante e grottesca signora Paola nel primo atto e, in quello successivo, il sempliciotto Rafele. Ma a colpire è sicuramente l’interpretazione di Angelica Ippolito, unica attrice in scena, in grado di colorire i suoi due personaggi, facendone delle vere e proprie macchiette. L’esperienza e la bravura di Carlo Cecchi, accennati nelle brevi battute della prima parte, si rivelano compiutamente soprattutto nelle vesti di un Sik-Sik protagonista indiscusso dell’omonima commedia.

Il sipario si chiude accompagnato dalle risa di un pubblico divertito e compiaciuto: gli esilaranti intoppi avvenuti nel teatrino di Sik-Sik sembrano cancellare per un momento la malinconica risata suscitata dai temi “impegnati” del primo atto. Si realizza così in scena quel gioco del “teatro nel teatro” in cui realismo e finzione, comicità e tragedia prendono forma e si intersecano sul palcoscenico.







Spettacolo visto il 4
dicembre 2021 al 
di Firenze

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013