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Amore e soldi, tutto a buon mercato

di Gianni Poli
  Peachum. Un’opera da tre soldi
Data di pubblicazione su web 25/11/2021  

I mendicanti di John Gay diventano barboni e immigrati di oggi, tinti di violenza neonazista. Peachum non fornisce loro i costumi, perché gestisce con la moglie un negozio di borse, “La Borsa o la Vita”, dal quale i grandi marchi si vendono però tramite i “vu’ cumprà”. Il bandito Mickey ha la sua banda, ma non sposa Polly: i due innamorati convivono da quando lei ha lasciato la famiglia al primo incontro. Non forse a Londra: la vicenda si svolge in una metropoli il cui governo è connivente sia con i ricchi, sia con i rappresentanti dei pezzenti. Le categorie (o fazioni) a confronto nascono dallo scontro fra le classi, che ora si accentua nell’aspetto patologico del potere imprenditoriale, connotato dall’idolatria del denaro. Fausto Paravidino autore mostra coerenza di idee, di scrittura e rappresentazione, in una commedia dall’intreccio originale, rispetto ai celebri precedenti, e bene articolata nella nuova struttura. Macheath è diventato Mickey, Jenny-delle-spelonche è sparita e il Capo della Polizia è stato sostituito dalla Signora Sindaco.

Un momento dello spettacolo
© Luca Guadagnini 

Anche grazie alla collaborazione di Rocco Papaleo, interprete creativo, si apprezza la scelta di estremizzare i registri rappresentativi, con scarto palese dalla razionalità dialettica brechtiana. E gli elementi costanti sono trattati con altri strumenti drammaturgici. Paravidino ipotizza: «Succede quello che succede nell’Opera di Gay, nel Sogno di una notte di mezza estate, in Otello e in moltissime fiabe. A un padre portano via la figlia. Il padre la rivuole» (cfr. Note di regia). Il soggetto dichiarato del rapimento pare però offuscato da quello dell’amore liberato che rompe anarchicamente gli argini sociali. Quanto ai moventi, «le avventure e disavventure che Peachum incontrerà nello sforzo di riprendersi la figlia» – prosegue il regista – «saranno un viaggio in un mondo fatto di miserie: la miseria dei poveri, la miseria di chi si vuole arricchire, la miseria di chi ha paura di diventare povero. La guerra dei ricchi contro i poveri non è mai stata così feroce».


Un momento dello spettacolo
© Luca Guadagnini 

Il realismo volgarmente contemporaneo impresso all’ambientazione partecipa anche alla recitazione, a volte in parodia, dalla quale il comico consegue più che dalle battute. Non allegorie di sentimenti e vizi, ma coincidenza di impulsi e azioni, in personaggi riferibili alla comune attualità, caratteri dipinti con maschere e costumi, riconducibili a stereotipi individuabili. Peachum ha però una personalità più distinta, se pure deturpata dalla malattia del possesso e del denaro, che lo rende esemplare in una “società di mercato”; sicché «il protagonista dello spettacolo è Peachum» – precisa  ancora Paravidino – «che io ho trasformato in un commerciante. E per questo motivo la mia è più una commedia dei vizi alla Molière che una dramma dialettico alla Brecht».


Un momento dello spettacolo
© Luca Guadagnini 

Un murales variopinto fa da scena ai “numeri” della storia– serie di clichés calzanti sulla teppaglia povera e degradata, resa con qualche difetto di pronuncia e gesti di falsa umiltà, commentati da motivi pop-rock. Nei protagonisti, l’interpretazione di Papaleo offre una partecipazione approfondita dall’espressione perfino dimessa. Ne emerge un disegno preciso del suo limite invalicabile: monetizzare le persone nei loro bisogni e sentimenti elementari. Paravidino attore (rapato e un po’ rauco) rispetta l’assunto di nutrire sprezzo e disgusto per il suo personaggio, un Mickey capriccioso, seccato e irridente, cinicamente perverso, fino al ridicolo, per meglio immergersi così nel suo ruolo. Eppure, «i soldi non comprano tutto», afferma quando il commerciante glieli offre perché lasci la sua bambina. Quella bambina assume in Romina Colbasso l’aria dell’ingenua-sincera e la sostiene con naturalezza, anche mentre sta a letto con l’amante. Con i genitori usa un piglio schietto che la riabilita, almeno agli occhi di tanti coetanei, nel rifiuto di una paternità che la giudica senza capirla. Ancor più estranea, la madre (Marianna Folli) vestita di firme, che frequenta la stessa beauty farm del sindaco (Iris Fusetti) in completo di pelle. Davide Lorino dà bieco rilievo al sedicente amico, l’allenatore che tradisce il capo giurandogli affetto. Così Mickey cade sotto i colpi dei compari, viene rocambolescamente nascosto in casa Peachum e là rinasce, per morire di nuovo nella sparatoria cinematografica che coinvolge la famiglia e la città. Trambusto sedato infine da una attesa visita del papa, la cui presenza è ridotta all’imitazione della sua voce. Questa suscita un ultimo dilemma di partecipazione, civile e spettacolare: se sia perdonabile la somma di miserie e orrori rappresentati.

Il pubblico, di istinto sincero, concede il perdono, conscio della finzione provocatoria che gli attori improvvisano. La proposta è comunque coraggiosa, non tanto per l’improbabile richiamo a una coscienza di classe – allusa per assenza e nel rimpianto di un’utopia perduta – ma per la scelta dei toni di denuncia dei vizi estremi, tanto irrazionali e gratuiti. Con un’oltranza, oltre l’analisi sociologica, che tende a risvegliare lo stupore di fronte alla volontà del male, l’indignazione per l’indifferenza e l’avidità dilaganti incontrastate.




Peachum. Un’opera da tre soldi
cast cast & credits
 



© Luca Guadagnini

Spettacolo visto il 17 novembre 2021 al Teatro Ivo Chiesa di Genova

 
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