Nellambito
del festival La Democrazia del Corpo, va in scena a Cango - Cantieri Culturali
Goldonetta Paradiso, il
nuovo lavoro di Virgilio Sieni, già presentato a Napoli e a Ferrara, nato
nellambito delle celebrazioni per il settecentenario dalla morte di Dante.
Dopo
tante rivisitazioni dellInferno, il
coreografo e danzatore fiorentino sceglie di rappresentare la terza cantica,
collocandola in un Eden o in unideale foresta tropicale in cui gli uomini
vivono in eterna armonia con la natura. Afferma Sieni: «Dante non è un flâneur,
viaggiatore della notte alla ricerca di se stesso nelle pieghe infernali della
città; né un wanderer, viandante immerso negli abissi della malinconia e
letteralmente risucchiato dai paesaggi emozionali; né un passeggiatore
scanzonato, come ci indicava divinamente Petrarca, cioè un camminatore
che tiene lontani i pensieri invadenti e si sospende nell“errabondare tra le
valli”. È un cammino dallumano al divino, dal tempo alleterno».
Le
piante – unici elementi scenografici – e i corpi – che si mimetizzano nel buio
e nel verde – rimandano a una dimensione naturale e primordiale. In questo
viaggio ai confini delle logiche quotidiane, il coreografo toscano in parte si
distacca da un certo immaginario del Paradiso, tipico della cultura occidentale
e cattolica, e in parte ne riprende la tradizione. Si pensi all'immagine della "pietà", proposta da alcune pose dei danzatori, e al ruolo della
musica vocale, lunica capace di innalzarsi al “Cielo”: nella composizione
originale di Paolo Damiani si passa (un po come nel quarto movimento
della sinfonia n. 9 in re minore di Beethoven) da tonalità basse, quasi
percepibili come “rumori”, a suoni strumentali, fino alla voce.
Ma
è evidente anche lo sforzo di proporre una visione inedita. Fondamentale luso
della luce: i giochi chiaroscurali e luso della macchina del fumo accompagnano
lo spettatore in un mondo “altro”, misterioso e solo in parte percepibile. Unesperienza
sensoriale che sembra riecheggiare i versi che Dante affida a Beatrice:
«dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte lali» (Canto II).
Un momento dello spettacolo
La
parola poetica è sapientemente affidata allazione coreografica. Sebbene lo
stile di Sieni sia sempre ben riconoscibile, la sua ricerca sul gesto è in
costante divenire. I corpi androgini, ora statuari, ora in preda a movimenti convulsi che richiamano lo scorrere di un fluido, sono responsabili di un
continuo mutamento di scenografia. Spostare oggetti, dialogare con la natura,
sono elementi costanti nel linguaggio corporeo del coreografo. La danza, affidata
a cinque danzatori – Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio
Giunti, Andrea Palumbo e Giulio Petrucci –, minuziosamente
costruita «per endecasillabi», restituisce il «senso della lentezza e dello
scorrimento», del «peso» e del «volume» (così Sieni). Notevoli i
passaggi corali più vorticosi i cui il movimento del singolo performer è
origine del gesto dellaltro; i corpi dialogano senza toccarsi mai.
In un panorama della danza contemporanea forse
troppo statico e ripetitivo, bisogna riconoscere a Virgilio Sieni, dopo una
carriera trentennale, la capacità di rinnovarsi e di generare dallenergia e dalla
fatica corporea sempre nuova arte.
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