La stagione 2021-2022 del Teatro Stabile del Veneto
è stata inaugurata presso il Teatro “Carlo Goldoni” di Venezia con la
messinscena della Turandot di Carlo Gozzi, curata con maestria da
Pier Luigi Pizzi, a partire dalladattamento del testo, ridotto dai
cinque atti originali a un solo tempo, fino al progetto della regia, delle
scene e dei costumi. A rappresentare la sfida a colpi di enigmi che il principe
tartaro Calaf intesse con la crudele principessa cinese Turandot è una nutrita
schiera di giovani interpreti, molti dei quali sono allievi della scuola dello
Stabile. Un momento dello spettacolo © Serena Pea
Il prosciugamento della fiaba gozziana è voluto per
evitare, anzitutto, le complessità dellambientazione e il nodo della
versificazione per valorizzare una trama essenziale, per nulla secondaria, che
rende i protagonisti immediatamente riconoscibili agli occhi degli spettatori,
osservandoli meglio sul versante della mutazione morale e sentimentale. La base
del racconto poggia sul dramma nascosto, causato dalla separazione tra ruoli
civili e pulsioni interiori; i personaggi, insomma, appaiono tormentati nella
difesa dellimmagine pubblica di sé stessi, nonostante nei loro animi affiori
il desiderio di comprendere le sventure degli altri. In tal modo si va ben
oltre la barriera di quella legge estrema che nella prova voluta da Turandot, avversa
in modo incerto al sesso maschile, conduce alla tragedia di una morte che
umilia i nobili pretendenti alle sue nozze. Quando Calaf riesce a superare la
trappola iniziale, lo scambio dei reciproci indovinelli tra i due innamorati
stabilisce una linea dazione obbligata, che sembra rimanere senza soluzione,
nonostante labbraccio sensuale che li travolgerà alla fine della recita.
Lo spettacolo mostra un ambiente orientaleggiante, essenziale
e stilizzato con abilità, uno spazio che gioca sulla definizione delle luci e dei
colori, abbinandoli alle sembianze di ciascun soggetto; le quattro maschere
della Commedia dellArte, che fanno da tramite tra il potere e la realtà
popolare, giocano sulla mimica e sulle sonorità degli strumenti a percussioni
che recano con sé.
Un momento dello spettacolo © Serena Pea
Sul piano interpretativo limpegno dinamico degli
attori non supera del tutto, in alcuni di loro, le incertezze dellesordio.
Interessante è la Turandot di Federica Fresco, ben disegnata nello
scarto tra crudeltà e tenerezza; alterna è la recitazione di Leonardo Tosini
nelle vesti di Calaf. Buona la coerenza espressiva di Andrea Bellacicco
come Altoum; di Elisa Pastore nei panni di Adelma, la nobile decaduta
costretta a servire la principessa; e di Maria Anolfo come Zelima, laltra
schiava di Turandot. Si ricordano, inoltre, il personaggio di Barach affidato a
Riccardo Gamba, il Pantalone di Massimo Scola, il Tartaglia di Gaspare
Del Vecchio, il Brighella di Marco Mattiazzo, lagile Truffaldino di
Pierdomenico Simone; e ancora il Timur di Daniele Tessaro e
lIsmaele di Cristiano Parolin.
Tutti sono stati applauditi con affetto alla fine
della rappresentazione.
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