«Ventanni fa lAmerica decise di rimodellare lordine
mondiale dopo gli attacchi dell11 settembre. Oggi è facile concludere che la
sua politica estera è stata abbandonata su una pista dellaeroporto di Kabul» (America
and the World. The real lessons from 9/11, in «The Economist», 11-17 ottobre 2021, on
line). Ma secondo un sondaggio Yougov «condotto tra il 4 e il
7 settembre, il 43% degli americani crede che la “guerra al terrore”, incluse operazioni militari allestero e più
sicurezza e sorveglianza in patria, sia “valsa la pena”» (Daily
chart. Twenty years after 9/11,
Americans give Joe Biden poor marks on terrorism, in «The Economist», “Today”, 20 settembre 2021, on line). «La politica estera è guidata dagli eventi e dalla strategia: Bush
ha governato su una piattaforma di conservatorismo compassionevole, non di
guerra al terrorismo. Biden deve improvvisare risposte a unetà turbolenta. Ma non dovrebbe pensare che una
politica estera subordinata a quella interna ridarà vita alla pretesa dellAmerica
di guidare il mondo» (America and the World. The real lessons from 9/11, ibid.).
«Trump ha confermato i sospetti di molti che gli ideali professati
dellAmerica camuffino lesercizio del potere per interessi personali, dando un
quadro buio della storia dellAmerica. “Ci sono un sacco di assassini. Pensi che il nostro paese sia così innocente?”, ha
chiesto nel 2017 difendendo Putin in unintervista su Fox News» (Ashes
from ashes. How America wasted its unipolar moment, ibid.). Antico delitto che
si ripete nelloccidentalizzazione del mondo.
Loccidentalizzazione del mondo, «un complesso di valori il cui tratto dominante è luniversalità»
(S. Lautoche, Loccidentalizzazione del mondo, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, p. 42). «LOccidente si è identificato
quasi completamente con il paradigma deterritorializzato cui ha dato
origine. Limportante, a nostro avviso, è la credenza, inaudita sulla scala del
cosmo e delle culture, in un tempo cumulativo e lineare e lattribuzione alluomo
della missione di dominare totalmente la natura, da una parte; e la credenza
nella ragione calcolatrice per organizzare la sua azione, dallaltra. Questo
immaginario sociale che svela il programma della modernità così comè
esplicitato in Newton e in Descartes, ha chiaramente origine nel
fondo culturale ebraico, nel fondo culturale greco e nella loro fusione.
Al di fuori dei miti che fondano la pretesa al dominio della natura e al di
fuori dello schema continuo, lineare e cumulativo del tempo, le idee di
progresso e di sviluppo non hanno a rigore alcun senso e le pratiche tecniche
ed economiche che ne derivano sono del tutto impossibili perché insensate o
proibite». «Irriducibile al territorio, lOccidente non è soltanto una entità
religiosa, etica, razziale o anche economica. LOccidente come unità sintetica
di queste diverse manifestazioni è una entità “culturale”, un
fenomeno di civiltà. Bisogna tuttavia intendersi sul senso di questi termini e
individuare la specificità di questa civiltà» (ivi, pp. 48-9). «Che si metta laccento sugli ingranaggi
economici o su quelli tecnici, sulla mimesi o sulla costrizione
burocratica, lhybris del sistema consiste proprio nellassenza di
controllo del nostro controllo della natura, secondo la formula di Marshall
Sahlins. Questo progetto è anticulturale non soltanto perché è puramente
negativo e uniformizzante (perché si possa parlare di una cultura bisogna che
ve ne siano almeno due…), ma soprattutto perché non fornisce risposta al
problema dellesistenza sociale dei “perdenti”. Integrando in
astratto il mondo intero, elimina in concreto i “deboli” e dà diritto di vita e cittadinanza soltanto ai più
efficienti: da questo punto di vista è il contrario di una cultura che implica
una dimensione olistica; la cultura fornisce una soluzione alla sfida dellessere
per tutti i suoi membri» (ivi, p. 58).
«Loccidentalizzazione è un processo economico e culturale con doppio
effetto; universale per la sua espansione e la sua storia; riproducibile
per il carattere del modello dellOccidente e la sua natura di “macchina”. In entrambi i
casi, il punto di arrivo ideale è laccesso uguale di tutti e per ciascuno ai
benefici della “macchina”; sia perché ogni gruppo umano potrebbe riprodurre a proprio
profitto una tale “macchina”, sia perché, essa sola, la “macchina”, estenderebbe a
tutti i suoi benefici. Ponendosi come modello la macchina occidentale si
presenta come accessibile a tutti. Ciascuno può costruire una simile meraviglia
per proprio conto» (ivi, p. 63). «Il problema per questa leggenda rosa è che
questa doppia universalità si tradisce proprio per questa dualità. I due
processi mimetici si neutralizzano e contraddicono. La riproducibilità non è
universale perché implica lespansione. Più essa tocca il nocciolo duro del
sistema, più è difficile, conflittuale e limitata. Dal canto suo lespansione
riguarda soltanto la propagazione delluniformità culturale a scapito della
creatività locale. Il mimetismo dello sviluppo non è altro che una caricatura
tragica delluniversalità, allombra della quale si perpetua una dominazione di
fatto dei “signori anonimi della macchina”» (ivi, p. 64).
Non più anonimi: «“ogni volta si ripete lo stesso copione: la piattaforma
di Facebook viene usata a fini malevoli, magari per condizionare elezioni
politiche, organizzare lassalto al Congresso, attaccare minoranze etniche. I
tecnici di sicurezza che governano la rete se ne accorgono e danno lallarme,
ma non succede nulla di significativo. Così i social producono grossi danni ai
sistemi politici e sociali. A quel punto lazienda è costretta e correre ai
ripari e i suoi capi, chiamati a rendere conto dei guai combinati, si scusano
promettendo che non sbaglieranno più. Ma non cambia nulla. Lo abbiamo
raccontato nel nostro libro e cerchiamo di spiegare anche perché: per cambiare
davvero Mark Zuckenberg dovrebbe rinunciare al suo business model
basato su un aumento impetuoso del traffico e delle connessioni sulle sue reti
sociali senza tanti vincoli e controlli che rallenterebbero la crescita di
fatturato e profitti”. Sheera Frenkel e Cecilia Kang raccontano a
“la Lettura” come anni di lavoro a Facebook per il “New York Times” abbiano
consentito loro non solo di svelare successi ed errori del gigante mondiale
delle reti sociali – scavando in vicende gravi come lo scandalo Cambridge
Analytica, le interferenze russe nelle elezioni Usa del 2016 e luso delle sue
piattaforme per organizzare lassalto al Congresso del 6 gennaio scorso» (M. Gaggi, Rassegnatevi: Facebook
non cambierà, in «la Lettura», 12 settembre 2021, p. 14). Cambridge
Analytica, fallita nel 2018 e ora Emerdata, manipolò pro-Trump paure e rabbie web
degli elettori, come poi Luca Morisi pro-Salvini.
«Lodiatore collettivo si sente protetto dellanonimato, dallabuso di
profili fake, dalla peculiarità espressiva del mezzo, da una sorta di immunità
virtuale». «Sembra che la regola non scritta della rete sia questa: non importa
chi odiare, limportante è odiare qualcuno» (A. Grasso, Ieri, Goggi e domani: lodio senza tempo, in «Corriere della Sera», 19 settembre 2021, p. 1). Odio reciproco tra gli odiatori che manifestano senza
proteggersi nella silente, mortale pandemia; odio a servizio dei signori del
web in occidente e dei despoti in Cina e altrove, facce dello stesso
totalitarismo globale. «Per Julien Nocetti, docente ricercatore allAccademia
di Saint Cyr, è in atto una forma di ibridazione: “le piattaforme assumono
funzioni sovrane mentre gli stati si trasformano in reti”» (M.O. Bherer, Les habits neufs de lhégémonie américaine, in «Le Monde», 2 ottobre 2021, on line). Un buio quadro di paura e odio.
Ma «se lOccidente
ci è apparso come quella macchina infernale che stritola gli uomini e le
culture per fini insensati che nessuno conosce e il cui punto di arrivo rischia
di essere la morte, non è soltanto questo. Nel progetto ellenico-giudeo-cristiano
cè laspirazione a unumanità fraterna» (S. Latouche, Loccidentalizzazione
del mondo, cit., p. 142). «Poiché non cè speranza di fondare
alcunché di durevole sulla truffa di una pseudo-universalità imposta dalla
violenza e perpetuata dalla negazione dellAltro, vale la pena di fare la
scommessa che ci sia uno spazio comune di coesistenza fraterna da scoprire e da
costruire» (ivi, p. 149). Dopo l11 settembre e il fallimento afghano USA-UK-Australia
scommettono sui sommergibili atomici, mentre «per uscire davvero dall11 settembre
è necessaria una nuova lettura del mondo: abbandonare il concetto di “scontro
delle civiltà” e sostituirlo con quelli di sviluppo condiviso e di giustizia
globale. Occorrono obiettivi espliciti e verificabili di prosperità condivisa e
la definizione di un nuovo modello di sviluppo, durevole e equo, in cui ogni
regione del pianeta può trovare posto» (T. Piketty, Sortir du 11-Septembre, in «Le Monde», 12-13 settembre 2021, on line).
Lo “scontro delle civiltà” e loccupazione militare rafforzano
lavversario e rischiano di continuare a illuderci che basti il libero mercato
a distribuire ricchezza, scordando la forte gerarchizzazione delleconomia mondiale,
in cui i paesi non combattono ad armi uguali. Larricchimento occidentale e oggi
cinese poggia sempre sullo sfruttamento sfrenato delle risorse umane e naturali
del pianeta, abbandonando i profughi mentre ci si accaparrano le materie prime.
«Se si accetta il principio della divisione dei vantaggi fra tutti i paesi,
evidentemente vanno discussi i criteri di attribuzione e le regole da
rispettare per averne diritto. Sarà occasione di definire regole precise e
esigenti nel rispetto dei diritti degli esseri umani e in specifico di donne e
minori, valide per i talebani e per tutti i paesi che desiderano beneficiare
della manna», tracciando le ricchezze illecite e applicando ovunque le stesse
regole. «Il tempo del libero-scambio incondizionato è finito: la prosecuzione
degli scambi deve dipendere da indicatori sociali e ambientali obiettivi». «Certo
si può comprendere che Biden desideri voltare al più presto la pagina degli
scontri di civiltà. Per gli Stati Uniti la minaccia non è più islamista: è
cinese e soprattutto interna, con le sue fratture sociali e razziali che
minacciano il paese e le sue istituzioni in una quasi-guerra civile. Ma di
fatto la sfida cinese come la sfida sociale interna troveranno soluzione solo
nella trasformazione del modello economico». «Uscire dall11 settembre non
significa un nuovo isolazionismo, ma una nuova ventata di internazionalismo e
di sovranismo universale» (ibid.).
È lagenda ricordata
da Latouche, lascito millenario di una necessaria convivenza fraterna
che oggi ha spazio politico in UE. Nel viaggio del 12-15 settembre a Budapest e
in Slovacchia, «decisamente contro corrente rispetto alle paure europee, il
capo della Chiesa cattolica si è sforzato anzitutto di sdrammatizzare la
diversità culturale e sociale. Visitando quello che ha definito “ghetto” rom a
Kosice in Slovacchia, ha voluto mostrare che questo pluralismo è costitutivo
dellEuropa, benché non sia mai stato semplice viverlo e implichi continui
sforzi di integrazione. Ha parlato a favore duna diversità culturale
consapevolmente accettata». «In quattro giorni il papa non ha spesso pronunciato
la parola “migranti”, ma tutti lhanno sentita come un basso continuo. Non
senza malizia Francesco ha precisato a fine viaggio che i dirigenti
ungheresi, con il primo ministro Viktor Orban campione del movimento
anti-immigrazione, non avevano affrontato la questione». «Oggi diversità religiosa
e secolarizzazione non vanno considerate minacce, ma “messaggi di apertura e di
pace”. Rivendicare le proprie radici ha senso solo se si sa “guardare allavvenire”,
ha detto ai vescovi ungheresi. Non basta vantarsi del simbolo della croce, come
certi politici alla Matteo Salvini, leader dellestrema destra in Italia,
per essere fedeli al messaggio di colui che fu crocefisso duemila anni fa». «Infine
papa Francesco ha fatto ancora una volta la lezione allUnione europea. La
pandemia, “la prova” del nostro tempo, ricorda che la tentazione del ciascun
per sé è sempre presente. “LEuropa non si deve accontentare di essere un “comitato
di gestione”, ha detto nel ritorno in aereo. “Deve rinnovare i sogni dei Padri
Fondatori”. È ben un messaggio di audacia e creatività che il papa ha scandito
nella visita, rivolto agli europei chiamati a non “trincerarsi in un
cattolicesimo difensivo”» (Éditorial. Le pape à contre-courant des peurs européens, in «Le Monde», 17 settembre 2021, on line).
Vissuto nel
tritacarne argentino precursore del neoliberismo e della lotta delle culture,
nel millenario ministero papale Francesco dice la svolta della modernità, anchessa
millenaria come scrive Luciano Canfora: «Alessandro, figura inquietante,
demonica, eccessiva in ogni sua manifestazione, anche nel modo drammatico in
cui è morto – spropositata la sua fine da ogni punto di vista – ha mutato il
mondo iranico e il mondo egizio in una parte della grecità. Ha creato quello
che gli storici moderni, dallOttocento in avanti, chiamano Ellenismo, cioè la
mescolanza di una civiltà di partenza, quella greca, con due civiltà altissime
e antichissime, quella persiana achemenide e quella egizia faraonica. Si
potrebbe dire che con lEllenismo Alessandro abbia creato il mondo moderno.
Roma affiora alla civiltà facendosi anchessa città ellenistica». «Il 1918 è unaltra
data epocale di questa storia, perché segna la fine di quattro imperi. Collassano,
contemporaneamente o quasi, lImpero ottomano, lImpero austro-ungarico, lImpero
tedesco e lImpero russo. Per questo tale anno può essere considerato linizio
della storia nella quale ancora noi viviamo» (L. Canfora, Mediterraneo, una
storia di conflitti, Roma, Castelvecchi, 2016, pp. 27 e 39).
In questa storia europea ora globale in cui ancora
viviamo, «contrariamente a ciò che pensavano (o speravano) i sovranisti, lUnione
europea (Ue) ha dimostrato di essere viva e vegeta, non già il “morto che
cammina” (denunciato da Marine Le Pen e dai suoi amici italiani). Il
bicchiere è però risultato mezzo vuoto nelle politiche la cui decisione è controllata
(o condizionata) dagli stati membri» (S. Fabbrini, Von der Leyen tra
successi e aspettative deluse, in «Il Sole 24 ore», 19 settembre 2021, p. 1).
In un orizzonte globale sempre più buio, è lora dellEuropa della difesa. DellUE
pienamente democratica, quale ancora non è, che difende sé stessa e lumanità
con lunica vera arma, quella dei diritti umani.
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