Forse
è troppo fragile il film di Maggie
Gyllenhaal per riaprire il dibattito sul rapporto tra opera letteraria e
opera cinematografica ma certo non è inopportuno ricordare che, al di là di
problemi di fedeltà, vale sempre il criterio che lopera filmica deve avere una
sua intrinseca plausibilità. Cioè deve funzionare anche se non si conosce
lopera da cui è tratta. The Lost Daughter
funziona anche se non si è letto La
figlia oscura di Elena Ferrante?
Diremmo di sì, più o meno funziona.
Una scena del film
Leda,
professoressa statunitense di mezza età, giunge da sola in unisola greca per
trascorrere un tranquillo periodo di riposo. Tutto procede per bene tra bagni
di sole e conversazioni con gli abitanti del villaggio, in particolare il
guardiano factotum della casa presa in affitto. La solitudine elettiva la induce
a guardarsi attorno, a osservare le vite degli altri, fino allirruzione sulla
spiaggia di una chiassosa e numerosa famiglia, volgare e prepotente. Giorno
dopo giorno viene sempre più intrigata dal rapporto tra la giovane madre Nina e
la figlia bambina: un rapporto apparentemente senza ombre. La naturalezza del
legame la fa piombare in una sempre più angosciosa revisione del suo passato,
che anche noi riviviamo con gli inevitabili (e non sempre chiarissimi) flashbacks. Dove comunque trattasi delle
scelte di vita di Leda che ha abbandonato marito e figlie per seguire
unintensa passione scientifica e poi ha maldestramente cercato di recuperare
guadagnandosi laffetto di una delle figlie e la perenne ostilità dellaltra. Il
forse sognato recupero di una maternità tardiva nel rapporto con la giovane
Nina si infrange contro le fragilità e i rancori di questultima quando la
vicenda volge al noir con il furto
della bambola della sua bambina, perpetrato e a lungo nascosto proprio da Leda.
 Una scena del film
È
evidente che una trama banalotta regge solo se la sensibilità della regista e
delle interpreti la soccorre con convinzione e partecipazione emotiva. Maggie
Gyllenhaal, qui alla sua prima prova registica, è autrice anche di una
sceneggiatura premiata forse con qualche generosità ma certamente sensibile e
sfumata. Senza errori poi le decisive prove delle protagoniste: linfallibile Olivia Colman e la vibratile Dakota Johnson.
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