Il cielo non era più sereno da
tempo, ma pur sempre di un fulmine si è trattato. Nella notte tra il 22 e il 23
agosto, a settantatré anni, Fiamma
Nicolodi ci ha lasciato. Senza retorica, si è spento un faro per la
musicologia e per il mondo della cultura tutto.
Nata a Roma, era cresciuta a
Firenze, in una famiglia prodiga di stimoli culturali, artistici ed etici,
oltre che più strettamente musicali, di cui la studiosa avrebbe saputo fare
intelligente tesoro. Non aveva conosciuto il nonno materno, Alfredo Casella, spentosi nel 1947, un
anno prima della sua nascita. Protagonista assoluto e in vesti molteplici del
primo Novecento musicale internazionale (compositore, pianista, direttore
dorchestra, didatta, organizzatore di cultura musicale, saggista), Casella
lasciava una mole impressionante di documenti relativi alla sua attività, che più
tardi, sullo scorcio degli anni Ottanta, la famiglia avrebbe donato allIstituto
per la Musica della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, allora diretto da Giovanni Morelli; una nutrita
biblioteca musicale, ora, per volontà di Fiamma, destinata allAccademia di
Santa Cecilia a Roma; una consistente raccolta di quadri del primo Novecento
italiano, di cui il compositore era stato competente e lungimirante
collezionista; una rete fittissima, infine, di amicizie e di conoscenze, di cui
continuarono a fruire la moglie Yvonne,
pianista, e la figlia Fulvia, madre
di Fiamma (che avrebbe però coltivato interessi linguistico-letterari e filosofici).
Nonno paterno era Aurelio Nicolodi. Rimasto cieco nelle
fasi iniziali della prima guerra mondiale, si era subito preoccupato delle
sorti degli ipovedenti e dei non vedenti, perché potessero riconquistare dignità
e autonomia attraverso il miglioramento dellistruzione e lacquisizione di specifiche
competenze lavorative. Nel 1920 aveva fondato lUnione Italiana Ciechi e a
quella causa avrebbe dedicato lintera esistenza. Suo figlio Fulvio, padre di Fiamma, già membro di
Giustizia e Libertà e volontario nelle truppe di liberazione, fu avvocato di fama
nazionale.
A Firenze, Fiamma Nicolodi aveva frequentato
il liceo classico e si era poi iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Linsegnamento
di Storia della musica era allora affidato a Remo Giazotto cui, nel 1969, successe Mario Fabbri. Fin dalla scelta dellargomento di tesi la laureanda dette
prova della sua autonomia di pensiero e della sua forte determinazione a immergersi
nella contemporaneità. Per la stesura degli Itinerari
spirituali ed estetici di Luigi Dallapiccola, questo il titolo definitivo del
suo elaborato, sottopose il compositore istriano a lunghe interviste che,
ancora a distanza di molti anni, avrebbe ricordato con qualche brivido: sia per
il carattere poco espansivo di Dallapiccola
e il timore reverenziale che questi allora le incuteva (di tuttaltra pasta sarebbe
stato il rapporto con laltro dioscuro della musica italiana, Goffredo Petrassi, di cui pure ebbe
presto a occuparsi), sia per una scarsa propensione verso la tecnologia (rappresentata
allora dal registratore), da lei francamente ammessa.
Non avrebbe mai pubblicato la sua
tesi, né avrebbe mai scritto una monografia su Dallapiccola, ma quel mondo le si
era definitivamente dischiuso, primo dei molti campi dindagine che avrebbe dissodato
e reso fertili in quasi cinque decenni di instancabile attività di ricerca. Alla
morte del compositore, fu Fiamma a raccogliere e a mettere tempestivamente a
disposizione della comunità un ricco campionario di documenti e repertori (Luigi Dallapiccola. Saggi, testimonianze,
carteggio, biografia e bibliografia, Milano, Suvini Zerboni, 1975). Fu
ancora lei, successivamente, a integrare con una copiosissima iniezione di
dispersi la severa selezione che lo stesso Dallapiccola aveva operato sui
propri scritti al momento di pubblicare Appunti
incontri meditazioni (Milano, Suvini Zerboni, 1970): sessantacinque titoli, grazie alle sue cure, sono
andati a costituire la nuova raccolta,
Parole e musica (Milano, il
Saggiatore, 1980), una miniera di dati, memorie, riflessioni e giudizi che ancora
non hanno esaurito il loro portato informativo e sfidano a sempre nuove letture.
Di Dallapiccola Fiamma Nicolodi sarebbe tornata a occuparsi più volte, facendosi
anche carico di organizzare le celebrazioni per il centenario della nascita e
di curare il volume degli atti del convegno, Luigi Dallapiccola nel suo secolo (Firenze, Olschki, 2007), da lei
organizzato a Firenze, per quella occorrenza, nel dicembre 2004.
Molti anni prima, un altro
centenario aveva offerto alla giovane studiosa, allora contrattista presso
lUniversità di Firenze, loccasione per aprire un nuovo, ampio fronte di
ricerca. Su iniziativa di Alessandro
Bonsanti, che con ciò concludeva quasi un quarantennio di direzione del
Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, si svolse in Palazzo Strozzi dal 9 all11
maggio 1980 un imponente convegno sulla “generazione dellOttanta” (secondo la
fortunata etichetta coniata da Massimo
Mila), inteso ad avviare un profondo ripensamento critico di quella particolare
stagione della musica italiana. Membro inter
pares dellaffollato Comitato scientifico, presieduto da Roman Vlad, ne fu lei, in realtà, la
vera anima: sue, tra laltro, la concezione e la realizzazione dellannessa,
ricchissima mostra documentaria e la redazione del relativo catalogo; sua,
infine, anche la cura degli atti (Musica
italiana del primo Novecento. “La generazione dell80”, Firenze, Olschki,
1981).
Nel corso di una delle tante discussioni
che si accesero in coda alle diverse sessioni, agli organizzatori del convegno fu
imputata lesclusione dal programma di un tema cruciale: i rapporti di quella
generazione col fascismo. La risposta di Fiamma Nicolodi, lunica peraltro a essersene
occupata direttamente già in quella sede, relazionando Su alcuni aspetti dei Festivals tra le due guerre, non doveva farsi
attendere troppo. Con Musica e musicisti
nel ventennio fascista (Fiesole, Discanto, 1984), recentemente riedito con
una postfazione di aggiornamento bibliografico (Padova, Libreriauniversitaria.it,
2018), la studiosa sottraeva quel campo di indagine a una lettura ideologica, bene
espressa da Luigi Pestalozza nellIntroduzione allAntologia della “Rassegna musicale” da lui curata (Milano,
Feltrinelli,1966): una lettura, questa, che non solo separava in modo francamente
arbitrario i “musicisti fascisti” dai “musicisti antifascisti”, ma attribuiva ai
primi, in modo automatico, orientamenti estetici tradizionalisti e nazionalisti
(neoclassicismo compreso); ai secondi, le tendenze ritenute più sperimentali e
aperte allEuropa, in primis quelle
condotte in ambito dodecafonico.
Se una lunga e paziente ricerca tra
le carte di archivi privati e, soprattutto, dellArchivio Centrale di Stato a
Roma le mise a disposizione una mole ingentissima di documenti perlopiù inediti
(in parte pubblicati nellAppendice del volume), una metodologia più complessa,
volta a far interagire la ricostruzione delle singole biografie e del contesto
storico con la disamina dei diversi orientamenti estetici e lanalisi delle
composizioni, le consentì di delineare un quadro ben più articolato e
sfaccettato, segnato da fasi diverse, e di evidenziare come dalle
compromissioni con il regime – sia pur differenziate per tipologia e
collocazione cronologica entro il ventennio – pochi risultavano immuni.
Rimasi a dir poco impressionata
dalla veemenza con cui, in sede di presentazione del volume a Firenze, in una
gremitissima Sala Ferri in Palazzo Strozzi, Fiamma Nicolodi difese
limpostazione della sua ricerca da un presunto “difetto nel manico” rilevato da
Fedele dAmico. Il critico romano,
che era stato peraltro tra i più convinti sostenitori dellopportunità di
quella ricerca e le riconosceva lesattezza delle migliaia di informazioni contenute
nel libro, riteneva tuttavia che di interferenze del regime sulloperato dei
musicisti non si potesse propriamente parlare, giacché di quelloperato il
regime non si era mai realmente interessato né preoccupato. Gli sviluppi della
storiografia le avrebbero dato ragione: sul rapporto tra musica e regime
fascista si è continuato, da allora, a indagare ininterrottamente, e proficuamente.
Una volta ebbe a confessarmi che era stata forse “troppo severa” con i
protagonisti della sua narrazione: in realtà, le generazioni di studiosi, in
particolare di area tedesca e anglosassone, che si sono poste sulla sua scia hanno
potuto scavare ancora più a fondo e gettare sui protagonisti di quel ventennio
uno sguardo ben altrimenti “severo”.
Altri aspetti della musica
italiana di primo Novecento, nel frattempo, erano passati al vaglio delle sue
indagini: la riscoperta e il recupero della musica antica italiana, la figura
di Busoni e la sua ricezione, le
relazioni culturali tra Italia e Francia in rapporto allopera verista. I
principali contributi erano confluiti in un altro volume, tuttora di
riferimento, Gusti e tendenze del
Novecento musicale in Italia (Firenze, Sansoni, 1982). Ce nera abbastanza perché,
da ricercatrice confermata (lo era diventata nel 1981), Fiamma Nicolodi
vincesse direttamente il concorso per professore ordinario: sarà chiamata in
questo ruolo allUniversità di Salerno, nel 1987; nel 1991 si trasferirà allUniversità
di Siena (nella sede di Arezzo); tornerà a Firenze, infine, nel 1995.
Qui avrebbe tenuto insegnamenti
diversi, ma per continuità didattica piace ricordare almeno lamatissimo corso
di Drammaturgia musicale, nonché le molte sue ricerche che a questo ambito
della disciplina si connettono: a partire dal contributo sul sistema produttivo
dei teatri italiani dallUnità a oggi (nel quarto volume della Storia dellopera italiana diretta da Lorenzo Bianconi e Giorgio Pestelli, Torino,
EDT, 1987) ai diversi studi su Meyerbeer
e il grand-opéra in Italia, a quelli
su Rossini, che le valsero linclusione
nel Comitato donore delledizione degli opera
omnia di Gioachino Rossini diretta da Philip
Gossett (Kassel, Bärenreiter) e su Puccini
(del Comitato scientifico del Centro Studi Giacomo Puccini fu quindi membro, e
per un periodo anche Presidente). Il filone delle indagini sul
Novecento musicale italiano, illuminato anche nei suoi rapporti internazionali,
non si sarebbe peraltro mai esaurito.
Così come in Orizzonti musicali italo-europei 1860-1980 (Roma, Bulzoni, 1990),
anche nellultima, recente raccolta di studi Novecento in musica. Protagonisti correnti opere. I primi cinquantanni
(Milano, il Saggiatore, 2018), il focus della ricerca si sposta agilmente dai
singoli compositori alle correnti estetiche, alle reti di relazione e ai
sistemi produttivi. Il campo si è ormai esteso a comprendere il futurismo, la
conoscenza in Italia della seconda scuola di Vienna, i rapporti tra Italia e
Spagna e tra Italia e Francia, gli ambienti della cultura musicale fiorentino e
romano, e altro ancora, incluse alcune incursioni nel secondo Novecento (Luciano Berio): con tratto stilistico
elegante, ai bordi di unaristocratica sprezzatura, mossa dalla disposizione
costante a mettere in discussione, sempre su base documentale, posizioni che
facilmente si darebbero per assodate, Fiamma Nicolodi ha saputo restituirci, di
quel secolo, un quadro complesso e polidimensionale, contraddittorio ma anche, e
più spesso, denso di relazioni e collegamenti interni.
Diversi altri, in ogni caso, sono
gli ambiti del sapere in cui la sua acribia, la sua capacità progettuale e la
sua tenacia di ricercatrice dovevano lasciare il segno. Se lo spunto iniziale era
stato di Giovanni Morelli, come da lei apertamente riconosciuto, fu Fiamma, insieme
a Paolo Trovato, a caricarsi sulle
spalle onori e oneri di quella lunga, intensa avventura intellettuale che fu il
Lessico della letteratura musicale
italiana 1490-1950, noto agli addetti ai lavori con la sigla LESMU
(Firenze, Cesati, 2007). Sotto la loro guida, per oltre quindici anni (dal 1989
al 2006), sessanta operatori, tra schedatori, revisori e digitatori, si sono avvicendati
nella costruzione di una Banca Dati di importanza nevralgica – con le sue circa
22.500 schede lessicografiche, frutto dello spoglio di ottocento opere comprese
tra il tardo Quattrocento e la metà del Novecento – per restituire profondità
storica ai lemmi e alle locuzioni in uso nella teoria e nella critica musicali.
E se la rapida obsolescenza dei sistemi informatici rende attualmente ardua la
fruizione del cd, diversi volumi, da lei curati in tutto o in parte, restano a
testimonianza della molteplicità delle prospettive aperte da quellimpresa: da Le parole della musica I (Firenze,
Olschki, 1994) e III (ivi, 2000), fino
alleditio minor dello stesso Lessico, vale a dire, in collaborazione
con Renato di Benedetto e Fabio Rossi, il Lemmario
del lessico della letteratura musicale italiana 1490-1950 (Firenze, Cesati,
2012).
Dopo è venuto il tempo della Banca Dati della Critica Musicale italiana
1900-1970 (BaDaCriM), un progetto per due volte riconosciuto come di
rilevante interesse nazionale e come tale oggetto di finanziamento ministeriale
(PRIN 2005, per gli anni 1900-1950; PRIN 2007, per gli anni 1950-1970). E infine
quello di ArtMus, la Banca Dati degli Articoli
musicali nei quotidiani italiani dellOttocento (PRIN 2009), un progetto nato
di concerto tra le sedi universitarie di Venezia, Firenze e Cagliari, teso a estrarre
dai quotidiani ottocenteschi locali, e rendere ricercabili e fruibili, tutte le
informazioni di interesse musicale lì contenute.
Intanto, nel 2005, Fiamma
Nicolodi era stata eletta Presidente del Corso di Laurea triennale in DAMS,
carica cui sommerà, nel 2008, quella di Presidente del Corso di laurea
specialistica in Musicologia e Beni musicali: compiti che svolse con slancio
convinto e inscalfibile spirito di servizio istituzionale, pur avvertendone, nel
fisico e nello spirito, lenorme peso. Amava ricercare, progettare, insegnare, seguire
i suoi studenti nelle loro ricerche. Amava inoltre frequentare le sale di
concerto, i teatri, i festival: da gran tempo aveva dismesso i panni del critico
musicale professionista (lo era stata, in gioventù, per «Paese sera»), ma di
quelli aveva conservato il gusto dellascolto “militante”, la curiosità per il
nuovo, la capacità di giudizio rapido e non di rado tranchant. Era invece a disagio, per non dire insofferente, a
fronte delle montanti pastoie burocratiche che già da tempo affliggevano
lUniversità. Queste, insieme alla delusione per la chiusura del Corso di
laurea specialistica che presiedeva, furono alcune delle motivazioni che la
indussero, nel 2013, a cessare con anticipo il suo lungo servizio universitario.
La decisione fu improvvisa e spiazzò tutti, ma lo stato della sua salute, che già
da tempo le aveva giocato dei gran brutti tiri, le consigliava di non indugiare
oltre. La storia, ahimè, le avrebbe dato ragione.
Non abbandonava affatto, lo si è detto,
il mondo degli studi. Molti convegni hanno potuto ancora fregiarsi della sua presenza,
chair o relatrice dagli apporti
sempre acuminati e originali, ospite elegante, di affabile convivialità e
sovrana leggerezza. Fino allultimo la sua bibliografia si è potuta impreziosire
con nuovi titoli: nel volume miscellaneo La
critique musicale au XXe siècle (sous la direction de Timothée Picard,
Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2020), che non senza commozione ho
trovato tra la posta a lei indirizzata ancora presso il nostro Dipartimento, campeggia
un suo contributo su Pizzetti
critico. Ed è di uscita recentissima (2021), negli atti di un convegno di pochi
anni precedente, il saggio Conversione
di un antioperista: il caso della “Donna Serpente” con cui Fiamma affronta
di petto testo e contesto di un lavoro teatrale del nonno (in Alfredo Casella interprete del suo
tempo, a cura di Carla Di Lena e Luisa Prayer, Lucca, LIM).
Quasi una chiusura del cerchio. Negli
ultimi anni, avrebbe dato un
senso ulteriore a quel lascito morale di cui si è detto inizialmente, e di cui
sentiva piena la responsabilità. Divenuta nel 2018 accademica di Santa Cecilia,
ha disposto perché lAccademia stessa bandisse ogni tre anni una borsa di
studio, intitolata ad Alfredo Casella, per ricerche sul primo Novecento
italiano. Unaltra borsa ha istituito presso lUnione Italiana Ciechi e
Ipovedenti, destinata a giovani aspiranti
musicisti che intendano dedicarsi allo studio professionale della musica, pratico
o teorico, attraverso il sistema Braille o altro specifico supporto alla
lettura.
Lascia un grande rimpianto nei tanti che hanno potuto
fruire del suo insegnamento. Ancor più grande in chi, ed io tra loro, ha avuto
lonore della sua fiducia e della sua amicizia, e la fortuna di condividere con
lei un lungo, lunghissimo segmento di vita.
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