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Parodie e fluidità di generi

di Carmelo Alberti
  Biennale Teatro 2021
Data di pubblicazione su web 30/08/2021  

Blue è il titolo scelto dai nuovi direttori Stefano Ricci e Gianni Forte (Ricci/Forte) per l’edizione 2021 della Biennale Teatro (Venezia, 2-11 luglio), perché blu è il colore del cielo e – secondo Kerouac – lo sguardo rivolto verso l’alto libera la mente; tanto più nell’età del grigiore pandemico si avverte la necessità d’interrogarsi sui limiti dell’umanità, per guardare oltre i contagi e le paure, e per intravvedere un futuro possibile. Sul versante del teatro risulta ancora più elevata l’incertezza e la profondità delle visioni, pertanto occorre rimarcare lo slancio verso nuove soluzioni.

© Biennale Teatro 2021 

Così la 49a edizione del Festival Internazionale del Teatro ha presentato una varietà di proposte tematiche, con l’intento di superare lo schematismo delle convenzioni drammatiche. Alcuni spettacoli, di fatto, hanno offerto in tal senso spunti interessanti; altri invece hanno evidenziato il labile esercizio delle contaminazioni con altre sorgenti dell’espressività, specie quando si è cercato il nesso con linguaggi ancor più in trasformazione quali il romanzo, la poesia, la video-immagine e la tecnologia più spinta.

Fragile e incerto, ad esempio, si è rivelato il saggio di Paolo Costantini, Uno sguardo estraneo ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda, vincitore di Biennale College Registi 2020. L’autore si distacca dagli spunti tratti dal testo di Herta Müller Oggi avrei preferito non incontrarmi per spingere la propria riflessione sulla trasversalità del tempo oltre la sfera umana, fino alla matrice animistica degli oggetti.

Uno sguardo estraneo ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda di Paolo Costantini 
© Biennale Teatro 2021

Allo stesso modo, Un teatro è un teatro è un teatro è un teatro, una produzione di OHT - Office for a Human Theatre, regia di Filippo Andreatta, scarnifica l’idea di rappresentazione, offrendo una sequenza inerte di macchinerie teatrali (quinte, cieli, fondali, luci, americane, e così via), salvo alcuni panorami fotografici e un commento sonoro e un intermezzo vocale.


Un teatro è un teatro è un teatro è un teatro di OHT
©Andrea Avezzù

Più elaborata è la performance The Mountain del gruppo catalano Agrupación Seńor Serrano che, con il supporto di modellini e droni in volo, sviluppa su tre livelli di lettura uno schematico interrogativo sui limiti della “verità”. Il pretesto iniziale è dato dalla spedizione sull’Everest dell’inglese George Mallory, il cui corpo è ancora oggi disperso sulla vetta; segue la scioccante, quanto inquietante, trasmissione radiofonica di Orson Welles con La guerra dei mondi di Herbert George Wells; infine, viene evidenziata la falsa comunicazione sui social, attuata da Vladimir Putin e rivolta a manipolare il pensiero comune.


The Mountain del gruppo catalano Agrupación Seńor Serrano
© Biennale Teatro 2021

Si distacca da tutto ciò Krzysztof Warlikowski, regista eclettico a cui è stato conferito il Leone d’oro alla carriera per lo slancio innovativo sulla rivitalizzazione della memoria. È risultata davvero felice la restituzione grottesca di We Are Leaving, in prima italiana, che Warlikowski riprende dal testo Suitcase Packers di Hanoch Levin, con le scene e i costumi di Małgorzata Szczęśniak e la musica di Paweł Mykietyn, una produzione del Nowy Teatr di Varsavia con un complesso di diciannove interpreti. La sequenza di otto funerali che si succedono in seno a una comunità ebraica, qui trasferita nell’ambito dell’odierna Polonia, suggerisce una lunga traversata oltre le incongruenze della morte, un atto che spegne le esistenze all’improvviso.


We Are Leaving di Krzysztof Warlikowski
©Biennale Teatro 2021

La messinscena mostra con venature parodistiche l’incalzare dei decessi, cioè di accadimenti che ai congiunti e ai conoscenti appaiono assurdi e incomprensibili, perché hanno luogo mentre ogni individuo insegue un sogno, un desiderio, un’ambizione, un amore, oppure una rivalsa. Dopo ogni commemorazione l’esistenza dei vivi sembra continuare normalmente, seppure i cambiamenti siano spesso sostanziali. Alla base della linea vita-morte Warlikowski rilancia alcuni tratti primari quali le variabili sessuali, che investono i personaggi a prescindere dall’età e dal genere, l’importanza del denaro, il ricordo dell’olocausto, il confronto con le radici culturali, il bisogno di fuggire altrove. Tante sono le citazioni e i riferimenti che attraversano le tre ore e mezzo della rappresentazione, a partire da La classe morta di Kantor, fino ai fermo-immagini di film magistrali, Fellini compreso.

Il Leone d’argento, invece, è stato attribuito a Kae Tempest, poeta-rapper che ha presentato in prima per l’Italia The Book of Traps & Lessons, l’ultimo dei suoi reading del 2019 in versione parlata. La fluidità di genere e di generi percorre buona parte della rassegna, senza nascondere quanto dolorose siano le discriminazioni e quanto profonde le fratture in seno alla società e alle famiglie. 


The Book of Traps & Lessons di Kae Tempest
©Andrea Avezzù

Tali tematiche si sublimano nello spettacolo Qui a tué mon père, diretto da Thomas Ostermeier, in cui lo scrittore Édouard Louis si confessa in scena, fuori dal flusso del tempo, arenandosi dinanzi a una poltrona vuota, quella che ha accolto il padre fino alla morte. È un viaggio mimetico che il regista traduce in un’accesa denuncia contro la crudezza della politica e l’insensatezza delle leggi che regolamentano il lavoro e la vita degli uomini; i responsabili sono qui chiamati per nome, e hanno i volti sulle foto dei presidenti Hollande, Sarkozy, Chirac, Macron e dei loro ministri, coloro che dal 2006 in poi si sono accaniti sul fisico paterno, annullandolo. Il figlio intende narrare la storia di quel corpo, nonostante il genitore sia stato ostile e aspro di fronte alla sua emergente omosessualità. Il protagonista sospira e danza con la musica del film Titanic, mentre ricorda le voci della madre, dei familiari, dei vicini e della gente che abita una provincia francese squallida e inerte, raggelata nelle immagini proiettate sullo sfondo; sono tracce della memoria che stridono con la solarità di un ragazzo che desidera vestirsi e vivere da donna. Una realizzazione essenziale che avvolge totalmente il testo di Louis in un’aura circolare, che travalica il palcoscenico fino a raggiungere il cuore dello spettatore.

Qui a tué mon père di Thomas Ostermeier
©Biennale Teatro 2021

Il Festival ha premiato, in conclusione, le giovani leve teatrali emergenti: Tolja Djoković e Giacomo Garaffoni per Biennale College Autori under 40 e Olmo Missaglia, vincitore di Biennale College Registi Under 35.




Biennale Teatro 2021
Uno sguardo estraneo ovvero come la felicità è diventata una pretesa assurda
cast cast & credits
 
Un teatro è un teatro è un teatro
cast cast & credits
 
The Mountain
cast cast & credits
 
We are leaving
cast cast & credits
 
The Book of Traps & Lessons
cast cast & credits
 
Qui a tué mon père
cast cast & credits
 


 
(Venezia, 2-11 luglio)


Stefano Ricci e Gianni Forte


































































































Leone d'oro
Krzysztof Warlikowski
©Biennale Teatro 2021












































Leone d'argento
Kae Tempest
©Biennale Teatro 2021












































Tolja Djoković, Giacomo Garaffoni, Olmo Missaglia
©Biennale Teatro 2021



 
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