Ha sempre brillato di luce propria Carla
Fracci, e non si è smentita neppure nel giorno del suo sereno congedo dalla
vita, il 27 maggio scorso, né venerdì 28, quando è stata allestita la camera
ardente al Teatro alla Scala, né sabato 29, la data delle esequie solenni. Una
cerimonia celebrata nella chiesa di San Marco a Milano e trasmessa in diretta
su Rai 1. Una città e una nazione, lItalia, che, nella figura del sindaco Giuseppe
Sala e in quella del ministro della cultura Dario Franceschini,
hanno reso omaggio allétoile unendosi al caloroso abbraccio cittadino e
alla sentita partecipazione di parenti, colleghi, amici, estimatori e
ammiratori di tutto il mondo, collegati via etere.
È vero, Carla – allanagrafe Carolina – non è più
tra noi. Se ne è andata a ottantaquattro anni come sempre è vissuta, “volando”
sulle scarpette a punta in una nuvola di fiori bianchi, il suo colore preferito;
ma restano e resteranno imperituri il suo esempio e il suo insegnamento. E un
pensiero corre veloce al sorriso luminoso, allineguagliabile grazia scenica,
al ferreo rigore, allautorevole presenza e, non ultimo, al coraggio di scelte
che hanno contraddistinto un cammino professionale ed esistenziale davvero unico
e invidiabile. Sì, perché Carla Fracci ha sempre guardato avanti, non ha avuto
paura di nulla e ha sempre deciso di seguire quello che considerava fosse il
suo dovere di persona votata alla danza, ma anche attaccata ai valori della
vita. Quella vita che, insieme al successo planetario, le ha consentito di
realizzare i suoi sogni, le ha regalato lamore del marito Beppe, la gioia di diventare madre di Francesco e la consolazione di
avere accanto a sé i nipoti, arrivando a quel non facile connubio “arte-vita”.
La sua vita infatti è stata ed è unautentica opera
darte, in quanto la Fracci è lessenza stessa della danza, è la danza
personificata, è colei che ha attraversato il Novecento da danzatrice e da
donna, costituendo un unicum che
lascia in eredità a coloro che verranno e a coloro che sapranno guardare e imparare
dal suo indiscutibile magistero coreutico e umano.
Tutto inizia nel 1946, quando a dieci anni – era
nata a Milano il 20 agosto del 1936, nel segno del Leone – si presenta per
entrare alla Scuola di Ballo della Scala su suggerimento di alcuni conoscenti che,
vedendola cimentarsi nei balli di sala del circolo ATM, frequentato dal padre
tramviere e dalla madre operaia, ne avevano apprezzato la musicalità.
La scuola scaligera era allepoca gratuita e, come lei
amava ricordare, la bambina Fracci non viene messa nel primo gruppo tra le “idonee”
e nemmeno nel secondo tra le “non idonee”, ma nel terzo, tra quelle “da
rivedere”. Il caso vuole che lallora direttrice Ettorina Mazzucchelli la scelga dicendo: «Gracilina, ma la ghà un bel faccin». E così, con un esordio quanto meno singolare, inizia a
studiare sotto lo sguardo attento e la dura disciplina accademica di Vera Volkova e Esmée Bulnes, dalle quali apprende limportanza dello
studio e della forza di volontà, necessari per conseguire la perfezione
interpretativa ed esecutiva.
Allinizio non è facile, e la svolta avviene quando
ha modo di vedere Margot Fonteyn nella Bella Addormentata alla Scala. Carla è tra i paggi con mandolino e,
estasiata dalla Fonteyn, capisce che vuole diventare ballerina e affrontare
ogni sacrificio pur di riuscire a essere uguale a lei. Così nasceva lastro
fracciano. Nel 1954, a diciotto anni, si diploma, mentre nel 1956 si presenta
la prima grande occasione: sostituisce Violette Verdy nella Cenerentola, in scena al Piermarini. Subito dopo viene
nominata solista del Corpo di Ballo della Scala.
Nellestate del 1957 al Festival di Nervi
interpreta Fanny Cerrito nel Pas de Quatre insieme a Yvette Chauviré, Margrethe Schanne, Alicia Markova, e nel 1958 diventa prima ballerina. Nello stesso anno arriva la
consacrazione con John Cranko, che crea per lei Giulietta nel balletto
capolavoro Romeo e Giulietta. Nellestate
del 1959 Anton Dolin la vuole a Londra per interpretare Giselle. Un ruolo che la Fracci farà suo,
diventando la Giselle per antonomasia.
Da allora non si contano i successi: lei diventa “la
Fracci”, icona della ballerina classica applaudita nei più importati teatri del
mondo, ospite dei più prestigiosi corpi di ballo come il Bolshoi, lAmerican
Ballet Theatre, il London Festival Ballet, il Salders Wells Royal Ballet, lo
Stuttgart Ballet, il Royal Swedish Ballet.
Straordinari sono i partner che negli anni
affiancano «la prima ballerina assoluta» – come la definì il «New York Times» –
a cominciare da Rudolf Nureyev, Erik Bruhn, Vladimir Vasiliev, Mikail Baryshnikov, Paolo Bortoluzzi, Amedeo Amodio, Gheorghe Iancu, Vladimir Derevianko, Julio Bocca, Maximiliano Guerra, Massimo Murru, Giuseppe Picone, fino a Roberto Bolle.
Sodalizi umani e artistici che la vedono eccellere
nel più titolato repertorio romantico con Giselle, La Sylphide, Les Sylphides, Coppelia, Il lago dei cigni, La bella addormentata, Lo schiaccianoci, e in creazioni moderne come Bolero o ispirate a figure femminili,
fra cui Francesca da Rimini, Gelsomina ne La Strada, Cherie, Willie ne Lheure exquise. Tutti balletti firmati da grandi
maestri della coreografia ottocentesca e in particolare novecentesca: Roland
Petit, Léonide Massine, Antony Tudor, Maurice Béjart, Mario
Pistoni, Ugo DellAra, Loris Gai. Senza nulla togliere al
regista Giuseppe Menegatti, il suo Beppe, sposato nel 1964 e sempre al
suo fianco nella regia di opere e balletti creati per lei.
È proprio Menegatti, formatosi come assistente di Luchino
Visconti, a spingere la Fracci a diventare attrice, o meglio “danzattrice”,
scorgendo in lei quella vena attoriale di “bella fera” da palcoscenico. In
teatro è Ariel nella Tempesta, Titania
nel Sogno di una notte di mezza estate,
ma anche, diretta da Menegatti, Medea, Filomena Marturano, Ida Rubinstein,
Artemisia Gentileschi, Zelda Fitzgerald.
Per il cinema è Tamara Karsavina nel film di Herbert
Ross su Vaslav Nijinskij e Madame Doche nella Storia vera della signora delle camelie di Bolognini, mentre
per la televisione è Giuseppina Strepponi nello sceneggiato Verdi di Renato Castellani e parte del cast del telefilm Le Ballerine
con Peter Ustinov.
Indomita e coraggiosa, linstancabile Fracci non si
ferma, e partecipa negli anni Ottanta a popolari show televisivi danzando
insieme alle gemelle Kessler, a Mina, a Raffaella Carrà; diventa
Wanda Osiris in Serata donore di Pippo
Baudo e si lancia in uno sfrenato can
can con Heather Parisi, lasciando tutti a bocca aperta.
Decisivo è anche il suo impegno nel far uscire la
danza classica dai luoghi deputati, i grandi teatri dopera, e insieme al
marito sostiene il cosiddetto “decentramento”, un innovativo progetto che vede la
danza e il balletto entrare nei piccoli teatri di provincia, nelle piazze, nei
tendoni, nei palazzetti dello sport, con una compagnia di giovani talenti capitanata
da lei stessa e diretta da Menegatti. Larte – sostiene – «deve essere di tutti»,
e con orgoglio rivendica il merito di aver portato “la danza a tutti”,
sentendosi una vera e propria “pioniera”. Unantesignana anche nellaugurarsi
la nascita di una Compagnia Nazionale di Balletto con cui mostrare al mondo le
eccellenze italiane dellarte tersicorea.
Ma la Fracci ha ancora tanto da dire e da fare, e decide
di intraprendere la carriera direttiva alla guida del Corpo di Ballo del San
Carlo di Napoli alla fine degli anni Ottanta, del Corpo di Ballo dellArena di
Verona dal 1996 al 1997 e del Corpo di Ballo del Teatro dellOpera di Roma dal
2000 al 2010, puntando sempre sul repertorio accademico, mai disgiunto da quello
delle avanguardie novecentesche e dei titoli contemporanei.
E tutto questo senza contare gli incarichi e le
onorificenze ricevute: è Assessore alla Cultura della Provincia di Firenze dal
2009 al 2014, è Ambasciatore di Expo Milano nel 2015, è Grande Ufficiale dellOrdine
al merito della Repubblica italiana, è Medaglia doro ai benemeriti della
cultura e dellarte. Un palmarès arricchito
dai versi scritti per lei da Eugenio Montale in La danzatrice stanca, dopo
la nascita di Francesco nel 1969, e dalla definizione di “eterna fanciulla
danzante”. Apoteosi di una “danzartista” che ha fatto parte dellintellighenzia
italiana del Secolo breve insieme ad altri grandi che ha conosciuto e
frequentato: De Chirico, Pavarotti, Zeffirelli, Merlini,
De Filippo, Fellini, Pivano, Levi Montalcini, Quasimodo,
Luzi, Montale, restando sempre con i piedi ben piantati per terra grazie
ai sani principi delleducazione paterna. Uneducazione dalla quale ha imparato
letica del sacrificio ma anche il gusto dellironia, con la quale accetta limitazione
di Virginia Raffaele nel programma di Bolle La mia danza libera del 2016, che la vede ancora una volta protagonista.
E protagonista lo è fino allultimo, con le masterclass che tiene a gennaio 2021 per
i ballerini della Scala in occasione della messinscena di Giselle. Una lectio
magistralis e un invito che rinsalda il legame indissolubile tra la Fracci
e il Pierimarini. Un rapporto
allentatosi negli ultimi anni ma riaffermatosi con questo suo ritorno da regina
nel “suo palazzo” e nella decisione della Scala di trasformare il foyer
in camera ardente. Un onore mai tributato a nessun artista prima di lei.
Non solo, ma, quasi fosse scritto nel suo destino, la
Fracci riesce anche a recarsi sul set di Carla,
il film su di lei che la Rai manderà in onda in autunno, e a dispensare consigli
e suggerimenti alla sua interprete, Alessandra Mastronardi.
La Fracci amava ripetere che la danza nasce da
dentro, perché «si balla prima col cuore e con la testa», ma, con altrettanta
convinzione, ribadiva che è fondamentale il costante lavoro sul corpo per
raggiungere la perfezione e la bellezza. Questo il testamento di unartista che
ha fatto della propria vita unopera darte e ci ha reso più ricchi e ancora di
più legati al suo sempiterno ricordo.
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