Don
Juan è uno spettacolo potente ed
esplosivo che ci fa ritrovare il piacere di stare a teatro, dopo lassenza
forzata per il Covid-19, e riassaporare la magia dellaccadimento scenico con
la sua rappresentazione al Teatro Metastasio di Prato. Un evento che saluta lauspicata
riapertura delle Fondazioni e vede il Metastasio ospitare in prima regionale la
creazione a serata intera di Johan Inger, ideata per i danzatori dellAterballetto.
Una collaborazione fra il coreografo
svedese e limportante compagnia italiana che si rinnova felicemente dopo Rain Dogs del 2013, lassolo Birdland e Bliss (questultimo
vincitore del Premio Danza&Danza del 2016), in seguito assemblati nel “concerto
di danza” Golden Days. Dunque un
ritorno che, questa volta, mira a “mettere in ballo” la storia di Don Giovanni,
diventato simbolo della gioia di vivere, dellamore libertino, e persino di una
leggerezza di spirito opposta allaustera gravità che sovrasta Amleto e allansia
del divino che attanaglia Faust. Unimpresa non da poco, ma certo affascinante
dal momento che Don Juan è forse il personaggio più teatrale della letteratura
moderna e fra quelli che si prestano meglio a interpretazioni e trasposizioni
operistiche di genere differente.
© Viola Berlanda e Celeste Lombardi
Una ennesima sfida che Inger affronta
con cognizione di causa puntando sulla teatralità di un balletto in un atto
grazie alla leggibile drammaturgia di Gregorg Acuña-Pohl e alla musica originale
di Marc Álavarez, cui corrispondono le mutevoli scene di Curt Allen
Wilmer, le luci chiaroscurali di Fabiana Piccioli e i variopinti
costumi di Bregje Van Balen. Un complesso, studiato allestimento,
supervisionato da Carlo Cerri, in cui svetta la narrazione coreografica di
Inger: una modalità creativa che gli ha fatto vincere nel 2016 il Benois de la
Danse per la sua Carmen.
Dancemaker
colto e di fama internazionale, Inger
per questo Don Juan ha tenuto
presente larchetipo secentesco El
Burlador de Sivilla di Tirso di Molina, la commedia di Molière,
lopera in musica di Mozart-Da Ponte, il dramma di Brecht e
la pièce di Suzanne Lifar Le Burlador, che rilegge il mito
di Don Giovanni in chiave femminista. Però poi si è avvicinato a questo
personaggio in modo autonomo, non «per difenderlo, ma magari per spiegarlo», arrivando
a ipotizzare lorigine della sua ossessione conquistatrice. Una voracità
insaziabile di fugaci rapporti che il coreografo, junghianamente, fa risalire
al difficile rapporto con la Madre, o meglio al Don Juanismo che altro non è
che il desiderio inconscio di ritrovare in ogni donna la figura materna.
© Viola Berlanda e Celeste Lombardi
Ma cè di più, perché in questo Don Juan il dongiovannismo avrebbe la
sua motivazione nella nascita traumatica del seduttore. Linguaribile tombeur de femme sarebbe il frutto di
una violenza e questa avrebbe segnato i rapporti tra genitrice e figlio. Lei si
sarebbe trasformata in quel Commendatore, in quel Convitato di pietra
inesorabile a cui Don Giovanni non può sfuggire. Lui sarebbe rimasto ossessionato
dal bisogno di essere accettato e amato dalla Madre e in ogni avventura lavrebbe
ricercata, diventando vittima di sé stesso e del complesso edipico. Un uomo
ambivalente, cinico e irriverente, ma anche infantile e debole, a cui fa da
contraltare Leporello, ribattezzato Leo, che qui, anziché essere il servo e il
complice delle sue malefatte, è il suo alter ego, lanima pura, buona che lo
vorrebbe aiutare ma fallisce nellintento.
Tutto in questo balletto è drammaturgicamente
lineare e si snoda in una catena parossistica di incontri tra il conquistatore
incallito e le sue vittime, donne, mogli, fanciulle, che concorrono a delineare
sempre di più il carattere di Don Juan e il suo amaro e amorale dongiovannismo.
Con taglio cinematografico scorrono le scene clou: dallapparizione iniziale
della Madre, violata e puerpera, alla prima egoistica conquista femminile, Elvira,
alla successiva resa di Zerlina, che tradisce il disperato Musetto il giorno
delle nozze, allautoesaltazione di Don Giovanni nellirretire Donna Ana,
insoddisfatta del marito Don Ottavio, nellilludere la giovane Tisbea o nel
violare la candida Inez. Figure femminili che ottengono da lui quello che
vogliono, ovvero il piacere, e al tempo stesso ne sono vittime a eccezione dellingombrante
Madre-Commendatore, la cui presenza aleggia quando il figlio uccide un uomo,
quando immagina di possederla mentre stupra ladolescente o nel tragico finale quando
è sommerso da una pioggia di neve grigiastra.
© Viola Berlanda e Celeste Lombardi
Unatmosfera noir accentuata dalle luci
ed esaltata, per contrasto, dagli abiti colorati e dagli oggetti di scena
semplici ed essenziali: la casetta di legno, la carrozzina, le maschere e
soprattutto i grandi pannelli che alloccorrenza diventano materassi, pareti, palchi,
piazze, voragini. “Correlativi oggettivi” di una parabola esistenziale a cui la
musica si adatta perfettamente sia nella partitura originale per violino, viola,
violoncello, chitarra elettrica e percussioni, sia nella sapiente ripresa delle
melodie di Gluck. Sostrato e commento sonoro di una “messa in ballo” in
cui la danza contemporanea, come mezzo espressivo, e la coreografia moderna, come narrazione, si fondono nel fluire
dinamico di duetti e danze corali, riflesso dellincessante ricerca dellamore
materno.
Per questo sono viscerali e soffocanti i
passi a due di Don Giovanni, un intenso e bravissimo Saul Daniele Ardillo,
con la dolorosa Madre di Ina Lesnakowski; intriganti e mossi sono invece
quelli con le sue conquiste: la fiduciosa Elvira di Estelle Bovay, la
dolce Zerlina di Sandra Salietti Aguilera, la disinvolta Dona Ana di Ivana
Mastroviti, la volitiva Tisbea di Martina Forioso, la fiduciosa Inez
di Arianna Kob. E altrettanto diversificati sono i duetti al maschile:
quello del protagonista con il suo doppio Leo, un elegante e nobile Philippe
Krazt che si scontra con la fisicità di Ardillo, quello con il rabbioso Musetto
di Giulio Pighini o quello con il virile Don Ottavio di Adrien
Deléphine.
Dirompenti sono inoltre le scene di
gruppo della festa di nozze e di paese in cui i sedici danzatori di
Aterballetto (doveroso citare anche Matteo Fiorani, Clément Haenen,
Federica Lamonaca, Roberto Tedesco, Hélias Tur-Dorvault, Minouche
Van De Ven) fagocitano lo spazio e catturano lo spettatore visivamente ed
emotivamente con una danza maschia, muliebre e transgender. Un ballo inarrestabile fatto di gesti e pose en dedans ed en dehors, di passaggi à la seconde, di grovigli di braccia e gambe, di
salti, di guizzi fulminei, di cadute e riprese, che spingono al massimo la
tecnica contemporanea in un balletto di azione e in azione, interpretato da
formidabili ballerini e salutato da applausi calorosi e convinti.
|
|