Una vicenda contemporanea che vede protagonista una
donna-pilota statunitense: storia di una metamorfosi esistenziale, partita da una
situazione speciale, con sviluppo inusitato e finale (forse) catartico. Lo spunto
realistico del racconto – in una scrittura drammaturgica monologica ed epica –
rischia dunque il ricalco di tanto teatro di narrazione. È però grazie
allimmaginazione del regista – un Davide
Livermore davvero devoto al testo e allinterprete, che a lui e allopera si
consacra in una collaborazione intensa – se assistiamo a una perfomance di
accattivante continuità ritmica e di impressionante tenuta psicofisica, durante
quasi due ore di recitazione ininterrotta.
Una pilota di aerei supersonici dellAir Force resta incinta e, dopo il
parto di una bambina, viene impiegata in altre mansioni: grounded, cioè messa-a-terra
e “punita”, poi riaddestrata alla guida dei droni. È lincubo di ogni top gun. Madre allimprovviso, frustrata in carriera e sminuita nellimpegno. Legata
a un uomo che pure amandola non riesce a condividerne laspirazione a emozioni
daltezza e velocità esaltanti, la donna entra in una spirale di sconforto,
ansia e alienazione. La routine della nuova mansione – conduttrice a
distanza di droni in missioni dantiterrorismo (mediorientale?) – la mette a
disagio, per dipendenza da funzionari sconosciuti e impersonali, impegnata in obiettivi
militari di tremenda responsabilità, di mortificante, risibile professionalità.
Un momento dello spettacolo © Federico Pitto
Il dramma di questa eroina senza nome (Erik è il suo
compagno e Samanta la figlia) affonda nella coscienza di una perduta autonomia,
di una volontà e partecipazione annientate. Il dio Drone, che distrugge
convogli nemici e persone (i “colpevoli”), è anchesso mezzo di unentità
superiore, alla quale non si può sfuggire. È sottoposta a psicoterapia, per gli
incubi che distorcono i rapporti con luomo e con la figlia. Prosegue il
lavoro, mentre si fanno più difficili gli scambi con la bambina, momenti di un
dolorosissimo tentativo di salvarsi insieme. Lattrice rende commoventi quei
passaggi, che la macchina incombente sul corpo stanco e la mente stressata
accentua. Prosegue una caccia spietata, lunga giorni di turni estenuanti, e
quando la postazione è pronta a colpire il nemico, lei cede: accanto al
bersaglio umano scorge una bambina proiezione alter-ego di sua figlia e non esegue il comando. La squadra,
comunque, compirà la carneficina.
Un momento dello spettacolo © Federico Pitto
Quale sarà il seguito della sua vita? Fra sensi di
colpa, impulso di vendetta e bisogno di giustizia, la donna propone ai
colpevoli (quali, i veri?) un verdetto che li condanna alla ricerca di una
pacificazione impossibile. Appare allora in immagine filmata una sorridente
famiglia americana modello, quando la protagonista torna al proscenio a
cogliere gli applausi meritati. Dallinizio alla fine ha recitato scalza,
indossando i leg e una canottiera, ma ora veste la tuta da pilota, segno
della vera vocazione. Potente e costante, lespressività di Linda Gennari dona verità sensibile, oltre ai momenti contrastati della propria avventura, alle
figure vissute per immedesimazione del compagno, della Figlia, del comandante, del
collega e del nemico.
Un momento dello spettacolo
© Federico Pitto
La rappresentazione si avvale della funzionalità di
un grandioso impianto visivo. Il palcoscenico della corte esibisce al centro
una piattaforma a trama metallica basculante con moti dascensore. Strumento
per simbolizzare anche nei movimenti le variazioni di un personaggio sottoposto
a continui traumi e tensioni. Lilluminotecnica ha impatto suggestivo,
calibrato sulle emozioni e i sentimenti di una persona tormentata, eppure resa consapevole
da una luce intima a tratti crudele e impietosa. La sonorizzazione è inquietante
nelle vibrazioni e gli echi datmosfera. I colori cangianti delle inquadrature,
segmentate e geometriche, stabiliscono sinergia con stati danimo. Dal blu del
cielo al grigio; tonalità, questa, dello schermo di controllo, che coinvolge drammaticamente
anche la bambina, invisibile ma attiva nel delirio materno. I trapassi dallabbagliante
candore al rosso del sangue e del sacrificio connotano il ruolo della donna
senza nome, la sua condizione immersa in un sofferto e allarmante presente. Una
guerra come videogioco che distanzia, relativizza, attutisce, fino a rendere
labili e innocui anche i testimoni più diretti e partecipi dellorrore.
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