Berlino. Sinfonia di un grande abisso
Come in un film della Nouvelle Vague francese, al tavolino di un bar Johannes (Jacob Matschenz) rivela a Undine (Paula Beer) le sue intenzioni di porre fine alla loro relazione, in un silenzioso, reiterato utilizzo di campi e controcampi. La donna in tutta tranquillità mette in guardia l'uomo sul tragico destino che lo aspetta qualora perseverasse nella sua decisione. Poi, apparentemente impassibile, torna al suo lavoro di storica freelance presso il Märkisches Museum di Berlino, guidando gruppi di visitatori nella storia della città (edificata profeticamente su una palude) attraverso plastici che testimoniano uno sviluppo urbano condizionato in larga parte dai maggiori avvenimenti del Novecento. Questo incipit di orientamento storico-architettonico è fondamentale per addentrarsi nella comprensione di questa fiaba contemporanea che si rifà a un mito tanto caro anche alla letteratura romantica. Petzold, qui anche in veste di (unico) sceneggiatore, utilizza l'idea di riempimento dei vuoti urbani – rappresentati dalle massicce costruzioni nella parte orientale della città, un tempo sotto la giurisdizione sovietica della DDR – mettendola in rapporto alle vacuità emozionali e relazionali dei protagonisti. Un giorno Undine conosce un riparatore di turbine idroelettriche di nome Christoph (Franz Rogowski) con il quale inizia una nuova storia d'amore. Secondo la leggenda le undine non possiedono un'anima fino a quando non si uniscono carnalmente a un uomo, rinunciando in quel caso alla propria immortalità ed esponendosi quindi a tutte le lacerazioni sentimentali dei comuni mortali.
Dopo aver già riproposto in chiave moderna un mito antico – quello della fenice – ne Il segreto del suo volto (Phoenix) del 2014, Petzold affonda le mani nel genere del melodramma fiabesco, ponendo nello spettatore numerosi dubbi sui concetti di verità e di progresso. Nel film si dipana un continuo dialogo tra passato e presente, tra mito e modernità, passando da Bach ai Bee Gees, da Guglielmo I a cancellieri non ancora nati, attualizzando l'immaginario acquatico di Jules Verne e le allucinazioni oniriche de L'Atalante (1934) di Jean Vigo. Il regista costruisce una serie di relazioni amorose a mo' di stratificazione urbana che tiene in considerazione il passato per progettare il futuro. L'onomastica ha poi un'importanza centrale. Per far sì che la leggenda si consumi, Undine (nome che richiama fin troppo dichiaratamente la sua natura di ninfa acquatica) deve compiere la propria vendetta contro Johannes, nome che a sua volta rimanda a quel Ioannes Baptista tradizionalmente associato all'acqua e alla seguente frase rivolta a Gesù (il nuovo amore della protagonista si chiama guarda caso Christoph): «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Giovanni 3, 30). C'è in questa sentenza l'idea di sacrificio che si dovrà concretizzare per chiudere apparentemente il cerchio fiabesco e drammatico degli eventi.
Cast & credits
Titolo
Undine |
|
Origine
Germania, Francia |
|
Anno
2020 |
|
Durata
90 min. |
|
Prima rappresentazione
70ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino |
|
Colore | |
Regia
Christian Petzold |
|
Interpreti
Paula Beer (Undine) Franz Rogowski (Christoph) Maryam Zaree (Monika) Jacob Matschenz (Johannes) |
|
Produttori
Florian Koerner von Gustorf, Michael Weber, Anton Kaiser |
|
Produzione
Schramm Film Koerner & Weber, Les Films du Losange, ZDF, Arte France Cinéma |
|
Distribuzione
Europictures |
|
Scenografia
Merlin Ortner |
|
Costumi
Katharina Ost |
|
Sceneggiatura
Christian Petzold |
|
Montaggio
Bettina Böhler |
|
Fotografia
Hans Fromm |
|
Lingue disponibili
Tedesco, Italiano |