Nel pieno
della peggior crisi finanziaria USA divenuta mondiale, Giovanni Arrighi riedita
nel 2009 The Long Twentieth Century (London-New York, Verso, 1994), con
poscritto: «in tutti i casi storici, lespansione mondiale del commercio e
della produzione rappresenta un mero strumento, diretto soprattutto ad
accrescere il valore del capitale; e tuttavia nel corso del tempo, tale
espansione tende a far diminuire il saggio di profitto, decurtando così il
valore del capitale. Grazie alla loro persistente centralità nelle reti
dellalta finanza, i centri di organizzazione già affermati sono nella
posizione migliore per volgere a proprio vantaggio la sempre più intensa
concorrenza per il capitale mobile, così da ripristinare i propri profitti e il
proprio potere a spese del resto del sistema. Da questo punto di vista la
restaurazione dei profitti e del potere statunitense negli anni novanta del
Novecento segue un modello che ha contrassegnato il capitalismo mondiale fin
dalle sue origini. La questione tuttora aperta è se a questa restaurazione
succederà, come è stato in passato, una sostituzione del regime ancora
dominante (gli Stati Uniti) con un altro». «La disfatta del “Progetto per un
nuovo secolo americano” dei neoconservatori si è risolto nella crisi terminale
dellegemonia statunitense, cioè nella sua trasformazione in puro dominio. Al
tempo stesso, la principale conseguenza indesiderata della invasione dellIraq
è stata una tendenza più consolidata delleconomia globale a spostare il
proprio baricentro in Asia orientale e, allinterno dellAsia orientale, in
Cina. Se è vero che questa variazione geografica deve ancora creare le
condizioni per una rinnovata espansione materiale delleconomia mondiale, non
si può escludere che prima o poi lo possa fare» (Il lungo XX secolo. Denaro, potere e le origini del nostro tempo, Milano, il Saggiatore, 2014, pp. 400-401).
«Il tipo di biforcazione tra potere militare (statunitense) e potere economico
(dellAsia orientale) che abbiamo potuto osservare dagli anni ottanta non ha
precedenti negli annali della storia del capitalismo. La biforcazione ha
sottratto allOccidente uno dei due fattori basilari della sua fortuna nel
corso dei precedenti 500 anni: il controllo dei capitali eccedenti. È
altrettanto importante notare che, se in futuro la Cina o lAsia orientale
dovessero diventare egemoni, sarebbe unegemonia molto diversa da quella
occidentale degli ultimi 500 anni» (ivi, p. 403).«Benché
gli Stati Uniti rimangano di gran lunga lo stato più potente del mondo, oggi
quello che intrattengono con il resto del pianeta può essere descritto al
meglio come un rapporto di “dominio senza egemonia”. Questa trasformazione è
nata non dallemergere di nuove potenze aggressive, ma dalla resistenza
statunitense alladattamento e alla conciliazione» (ivi, p. 407). Edmund
Phelps, Premio Nobel per lEconomia 2006, ci fa capire: straordinaria prosperità
economica, progresso, mobilità socio-economica sono anche europee; «no, il
sogno americano è contraddistinto dalla speranza di”realizzare qualcosa” con risorse
e intuizioni personali, esplorando lignoto. Conta il risultato, non il
successo sugli altri (non si vuole essere i soli a riuscire). E il processo
contava senza dubbio più del risultato». «Da inizio XIX a metà XX secolo, gli
americani hanno sperimentato la saggezza dei filosofi europei, Montaigne,
Voltaire, Hegel e Nietzsche, filosofo dellappagamento
personale molto noto in USA: la vita felice è agire nel mondo per “abbellire il proprio giardino”, non
per il proprio salvadanaio» (La réussite,
le vrai moteur du rêve americain, in «Le Monde», 14 settembre 17, p. 7). In Candide, Voltaire conclude
che per mangiare canditi bisogna “coltivare
il giardino”. Il lavoro vince noia, vizio, bisogno, ma il giardino è anche
civiltà e progresso condivisi, cura spirituale. La pandemia negata da Trump
«ha colpito in modo particolarmente duro i latino-americani. Potremmo chiederci
se certe sventure – la sparatoria razzista di massa a El Paso o la fallimentare
risposta alluragano a Puerto Rico – ci sarebbero state con un altro
presidente. Ma non tutti gli apatici latino-americani si sentono vittime di
Trump. “Può costruire il suo fottuto muro, io sono già da questa parte” dice Peter
Macedo, muratore che non ha mai votato» (Better hombres. Latino men are a bright spot in Donald Trumps
faltering campaign, in «The Economist», “Today”, 27
ottobre 2020, on line). Peter Macedo, glebae
adscriptus, zolla del suo giardino.
Coltivare
il giardino. Per Cina, Russia e Trump vale La soluzione registrata
da Bertolt Brecht nella poesia sulla rivolta di Berlino del 17 giugno
1953: «Non sarebbe / più semplice allora che il governo / sciogliesse il popolo
e / ne eleggesse un altro?» (Poesie 1933-1956, Torino,
Einaudi, 1977, p. 665). E lEuropa? «Putin la indebolisce sostenendone
le forze divisive in tutti i modi. Interessati come sempre alla sua dipendenza
economica e militare, con Trump gli USA tentano di farla a pezzi. La sfida che lanciano
i dirigenti cinesi è meno visibile, non meno pericolosa. Hanno dichiarato
guerra allEuropa. È guerra politica giocata sui principi. In Cina è guerra aperta.
Ormai è proibito elogiare i “valori occidentali”. Pericoloso anche solo
evocarli. Senza Stato di diritto, giustizia indipendente e libera stampa, il
divieto è una minaccia: le conseguenze dipendono dal volere di polizia e
autorità che agiscono nel modo utile più duro. I “valori occidentali” sono
democrazia, libertà, separazione dei poteri, diritti delluomo. AllEuropa i
dirigenti cinesi invece fanno una guerra non dichiarata, pensata per produrre
effetti nel tempo. Le due guerre fanno parte di una strategia più generale con
un duplice fine: screditare, in Cina anzitutto e ovunque, le idee suscettibili
di rimettere in questione la dittatura del partito e mettere le mani su tutte
le risorse di cui la Cina ha bisogno per divenire la potenza dominante e
restarlo» (J.F. Billeter, Demain
lEurope, Paris, Allia, 2019, pp. 8-9). «Per riprendere liniziativa e
agire, lEuropa deve darsi una forma politica nuova» e «avere un progetto. A
differenza di Cina, Russia e Stati Uniti, che tuttora si considerano nazioni e
agiscono come potenze nazionaliste, lEuropa non è nazione né lo sarà mai. Il
suo progetto deve dunque essere di altra natura» (ivi, pp. 9-10).
Per
il sinologo Billeter, «se gli europei vogliono avere un futuro, devono
proclamarsi cittadini duna repubblica europea. Si daranno così lo strumento
per avere il controllo sul loro comune destino. Rivoluzione importante come
quella del 1789, ma preparata e concertata». «Se gli europei un giorno si
proclamano cittadini di una repubblica, nessuna potenza potrà impedirlo. Alcuni
vorranno dividerli, li sosterranno altri, perché questa rivoluzione riguarda il
mondo intero. Capiamoci. “Rivoluzione” qui non significa rovesciare un potere
stabilito a profitto di uno nuovo, né vittoria di una classe sociale su
unaltra né, secondo uninterpretazione più antica, un periodico rivolgimento.
Essa designa un atto fondatore “politico” nato dalla decisione di tutti di
esercitare la propria libertà insieme. Cicerone ci dà la formula di questo
atto inaugurale: “La repubblica (res publica) è la cosa (res) del
popolo (publica); ma un popolo non è assembramento qualsiasi di gente
riunita non importa come; è raccolta di una moltitudine di persone associate in
virtù di un accordo sul diritto e di una comunità di interessi” (De re
publica, I, XXV). Meditiamo questa definizione. Implica che non è il popolo
a creare la repubblica, ma la repubblica che crea il popolo». «In questatto
sovrano creano un inizio. Si dissociano dal passato non per sminuirlo o
disprezzarlo, ma perché non sia più determinante. Senza abolirlo, se ne
distaccano per agire su un nuovo piano» (ivi, p. 12). È il nostro giardino.
Titolare
della cattedra sullUnione Europea al Conservatoire National des arts et
métiers, Nicole Gnesotto indica le strategie possibili: quella dello
struzzo è pericolosa perché il mondo è più veloce dellUE; quella del cigno
nero lo è perché la cecità culturale e di interessi impedisce sia di prevedere un
evento dirompente sia di farvi fronte, come in Brexit; resta la strategia del
canguro. «È difficile oggi, specie per i giovani, giustificare lEuropa per
paura della guerra e la necessità di riconciliare Francia e Germania». «Lo è
altrettanto giustificarla con la necessità di riconciliare Est e Ovest, come a
fine anni 1980» (LEurope indispensable, Paris, CNRS, 2019, p. 54). «LEuropa
è soprattutto il livello più importante per rispondere alle sfide della
globalizzazione. Pur gloriose, le nazioni europee sono troppo piccole»; «di
fatto, il calcolo della potenza complessiva degli europei fa indiscutibilmente dellUE
una delle più grandi potenze del mondo» (ivi, p. 55). «Le nazioni sono
indispensabili sul piano della identità: ci si sente francesi, portoghesi,
sloveni prima che europei e così sarà ancora per lungo tempo. Ma il quadro
nazionale non funziona più» (ivi, p. 56). «Con tutti i difetti e insufficienze,
lEuropa è il livello più idoneo per lottare contro le sfide globali di questo
mondo globalizzato. Anzi, è ora la vera condizione di rendimento delle
nazioni». «In altre parole, va da sé. Insieme gli europei possono contare.
Divisi, ogni nostra nazione subirà il mondo e entrerà furtivamente nelloblio
della storia. Ma contare per fare che cosa? È laltro motivo
dellindispensabilità dellEuropa: difendere il nostro modello di vita e
società. Gli europei hanno infatti inventato lungo i secoli un impareggiabile mondo
politico, su un trinomio vincente: democrazia, liberalismo, welfare condiviso» (ivi,
p. 57).
Ma in
USA «nel 2015 due economisti di Princeton, Anne Case e Angus Deaton,
hanno pubblicato in “Proceedings of
the National Academy of Sciences” lanalisi, divenuta ineludibile,
dellaumento dopo il 2000 della mortalità dei “bianchi non ispanici” 45-54enni,
regressione storica. Inattesi e sempre più numerosi – “di troppo” – per Case e
Deaton sono “morti di disperazione”. Specie tra i meno istruiti, domina e
aumenta di anno in anno la mortalità per suicidio, overdose di droga o
medicinali. Al punto che riduce la speranza di vita in USA. Stagnante dal 2010,
scende tra il 2014 e il 2017. Secondo molti analisti è in queste frange della
popolazione bianca declassata – “disperata” è la parola – che Trump recluta
gran parte del suo elettorato». «Laumento
della mortalità dei quadragenari bianchi va di pari passo con un aumento di
morbilità, specie una perdita di salute fisica e mentale, e dolori cronici»,
scrivono i due economisti» (S. Foucart,
Du désespoir en Amérique, in «Le Monde», 8-9 novembre 2020, on line). È così che «il 47% degli
elettori vota Trump, anche se solo il 19,2% degli statunitensi pensa che nella
pandemia Trump tenga conto delle evidenze scientifiche (Daily chart. Are governments following the science on Covid-19?, in «The Economist», “Today”, 11 novembre 20,
on line).
Senza
il trinomio europeo di democrazia, liberalismo e welfare condiviso, «nel mondo il grottesco sembra al potere:
Donald Trump in USA, Jair Bolsonaro in Brasile, Boris Johnson in
UK, Matteo Salvini e Beppe Grillo in Italia, Narenda Modi
in India, Volodymir Zelenski definitosi clown a capo dellUcraina, Viktor Orban in Ungheria o Jimmy
Morales in Guatemala». «Il “buffone” è forte perché si legittima
screditando lazione politica». Ma «non potrebbe accedere e stare al potere
senza laiuto di una nuova specie di consiglieri, discreti e poco
ideologizzati: informatici dassalto padroni di dati e algoritmi». «È questa
alleanza tra clown frenetico e esperto
informatico a fare prosperare la tirannia dei buffoni» (V. Schneider, La mécanique du pouvoir grotesque, in «Le
Monde», 7 ottobre 2020, on line,
recensione a Christian Salmon, La tyrannie des bouffons, Paris, Les
liens qui libèrent, 2020). Il potere grottesco fa del digitale unarma di distruzione
totale, come lenergia atomica nella terza guerra mondiale, provvidenzialmente fredda
e finita nel 1989 per la scelta europea di pace e giustizia, tuttora fattore cardine
di pace globale.
Chief-executive
officer
di USA Inc, Trump è «marchio dellepoca: la tecnologia ha permesso a “fatti alternativi” e altre “verità iperboliche” alla Trump di
circolare facilmente. Perciò Dorsey e Zuckerberg sono diventati
arbitri del dibattito, se non del gioco, democratico in USA (e altrove). Ma chi ha dato loro questo mandato?» (Alain Frachon, Donald Trump a plus gouverné avec Twitter et Facebook quavec lélite
administrative du pays, in «Le Monde», 6 novembre 2020,
on line). Il potere
grottesco sembra dare corpo alla previsione di Giovanni Arrighi nel 2009: «La
crisi terminale dellegemonia statunitense – se, come penso, è quello a cui
stiamo assistendo – è un caso di “suicidio” di una grande potenza di
proporzioni molto maggiori rispetto a tutte le precedenti transizioni
economiche» (Il lungo XX secolo, cit., p. 407). Robert Putnam e Michael
Sandel «entrambi pensano che lAmerica ha bisogno non di meno che del recupero
del senso di comunità e della riconsacrazione al bene comune» (All for one. Robert Putnam and Michael Sandel diagnose America, in «The Economist», 14-20 novembre 2020, on line). Lezione
magistrale per continuare a coltivare il nostro giardino comune europeo e
globale.
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