L’uomo nell’ombra
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Il critico cinematografico Mario Sesti si fa cantastorie e guida di queste tre vite che si distendono e si intrecciano, tutte ruotando attorno alla preparazione del capolavoro del regista riminese. In particolare, l'attenzione è nei confronti del coraggioso Peppino Amato (Luigi Petrucci), alle prese con Fellini e con il finanziatore del film Angelo Rizzoli, questi ultimi restituiti sullo schermo dalla sola voce evitando interpretazioni caricaturali. Un ménage à trois ricostruito, in forma di documentario ma anche di finzione (sulla falsariga dei classici sceneggiati RAI), su documenti inediti e sulla corrispondenza di queste tre figure. Ma la vera protagonista del film è l'ossessione cieca nei confronti di una convinzione, di un'idea, di una scommessa. In cambio dei diritti su La Grande Guerra (1959), Amato convince Dino De Laurentiis a cedergli quelli di questo complicato copione più volte rifiutato, firmato da Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi. Dopo aver ricevuto l'approvazione da Padre Pio in persona, insieme a Rizzoli inizia una vera e propria via crucis che lo consumerà, logorandolo giorno dopo giorno, tra screzi, ruggini, incubi e arresti cardiaci.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Con frequenti ritardi nella produzione, con il budget previsionale di quattrocento milioni che finirà per raddoppiare, con una lunghezza iniziale di circa quattro ore che fa sbiancare gli esercenti facendo saltare i contratti per la distribuzione italiana, La dolce vita prende forma in un contesto sociale in piena crescita economica di cui Rizzoli, definito “portafogli nel cuore”, è l'emblema. Da notare anche le vigorose prese di posizione di Fellini nei confronti delle pressioni costanti dei due produttori, in un rapporto conflittuale che sarà ripreso nel suo 8½ (1963). L'intento del regista Pedersoli, sicuramente consapevole dei rischi insiti in una operazione come questa, vuol essere quello di un sincero omaggio al cinema e a quel microcosmo che pulsava dentro Cinecittà, luogo di attrazione-repulsione dentro il quale Fellini ricostruì ex novo Via Veneto (definita dalla figlia di Amato, e madre del regista, come “il polmone del cinema italiano”): al geniale regista non restò che riempirla di anime allo sbando. Pasolini, in una sua recensione riportata nel documentario, definì i personaggi de La dolce vita: «Tutti cinici, tutti meschini, tutti egoisti, tutti viziati, tutti presuntuosi, tutti vigliacchi, tutti impauriti, tutti sciocchi, tutti miserabili, tutti qualunquisti. […] A tutti tutto va bene, anche se va malissimo».
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Amato, che vantava amicizie del calibro di Welles, Disney e Peck, è il produttore istintivo e impavido che manca al cinema italiano dei nostri giorni, restituitoci dal nipote in maniera umile ma onesta, semplice ma intrigante, con tutti i difetti lessicali della sua persona (presi in giro anche da Flaiano) e le sue debolezze, come gli incubi notturni che chiamano in causa pellicole da lui stesso prodotte quali La cena delle beffe (1942), Umberto D. (1952), Francesco, giullare di Dio (1952). Se l'estetica de La verità su La dolce vita presenta limiti notevoli nelle parti ricostruite (ambientazione, recitazione, stile di regia, riprese didascaliche) ciò viene compensato dal valore storico e divulgativo dell'opera, molto apprezzabile e godibile per i cinefili ma anche per i “non addetti ai lavori”.
La verità su La dolce vita
Cast & credits
Titolo
La verità su La dolce vita |
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Origine
Italia |
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Durata
83 min. |
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Colore | |
Regia
Giuseppe Pedersoli |
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Interpreti
Luigi Petrucci Mario Sesti |
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Produzione
Arietta Cinematografica (Gaia Gorrini, Giuseppe Pedersoli) |
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Sceneggiatura
Giuseppe Pedersoli, Giorgio Serafini |
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Montaggio
Giuseppe Pedersoli |
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Fotografia
Renato de Blasio, Maurizio Calvesi, Giovanni Brescini |
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Suono
Enrico Pellegrini |
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Musiche
Marco Marrone |