To Budapest with Love
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
New Jersey. In una stanza illuminata di un rosso acceso, ripresa con un'inquadratura sgranata, la neurochirurga Marta (Natasa Stork) guarda assente nel vuoto. Con uno stacco (forse metaforico), viene inquadrato un aereo in volo tra le nuvole. La donna ritorna nella sua città natale, Budapest, solo per presenziare a un appuntamento preso in America con il suo collega e concittadino János (Viktor Bodò). Nel luogo prestabilito, il Ponte della Libertà, dal lato di Pest, Marta si ritrova sola all'incontro con l'amato. Quando in ospedale lo ritrova, questi non la riconosce e afferma di non averla mai vista prima. Lo spettatore vive insieme alla protagonista un progressivo disorientamento, dato visivamente anche grazie a scavalcamenti di campo quando la voce interiore della donna si lascia andare a un flusso di coscienza che sa di confessione liturgica. Presa dalla preoccupazione di aver inventato tutto, Marta comincia una serie di sedute con uno psicologo, desiderosa in cuor suo di ricevere una diagnosi che confermi un suo disturbo della personalità.
Non
dandosi per vinta con Jànos, si fa assumere nello stesso ospedale dove l'uomo lavora,
trovando un ambiente ostile tra i colleghi per via della sua professionale
provenienza statunitense. Comincia quindi una spasmodica indagine sull'uomo,
addirittura seguendolo in taxi di notte (uno dei più abusati clichés al cinema). La storia non ce la fa a
decollare e inizia una discesa ineluttabile ripercorrendo gli stilemi delle soap televisive. Nemmeno l'ingresso in scena di un giovane studente, che
insistentemente corteggia Marta, riesce a risollevare l'andamento narrativo,
sempre più frenato dalla rigida recitazione e dall'assenza di espressività
degli attori. Quando János sembra non interessare più alla protagonista, è lui
a farsi avanti. Nel frattempo si fa strada nello spettatore, senza troppa
convinzione, il dubbio che sia tutto il frutto della fantasia di Marta.
Una lettura che potrebbe risollevare le sorti dell'opera potrebbe basarsi sulle conseguenze della solitudine affettiva, capace di creare ex novo figure, relazioni, fantasmi. Ben lungi dalle atmosfere nordiche di Aki Kaurismäki e da quelle della connazionale Ildikó Enyedi, la narrazione lineare (fin troppo) del film non restituisce quella sensazione di spaesamento necessaria per immedesimarsi nella protagonista, che si muove in maniera goffa tra realtà e immaginazione.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Una lettura che potrebbe risollevare le sorti dell'opera potrebbe basarsi sulle conseguenze della solitudine affettiva, capace di creare ex novo figure, relazioni, fantasmi. Ben lungi dalle atmosfere nordiche di Aki Kaurismäki e da quelle della connazionale Ildikó Enyedi, la narrazione lineare (fin troppo) del film non restituisce quella sensazione di spaesamento necessaria per immedesimarsi nella protagonista, che si muove in maniera goffa tra realtà e immaginazione.
Preparations to Be Together for an Unknown Period of Time
Cast & credits
Titolo
Preparations to Be Together for an Unknown Period of Time |
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Sotto titolo
Preparations to be together for an unknown period of time |
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Origine
Ungheria |
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Anno
2020 |
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Durata
95 min. |
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Colore | |
Regia
Lili Horvát |
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Interpreti
Natasa Stork Viktor Bodň Benett Vilmŕnyi |
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Produttori
Dóra Csernátony Lili Horvát Péter Miskolczi |
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Produzione
Poste Restante |
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Scenografia
Sandra Sztevanovity |
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Costumi
Juli Szlávik |
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Sceneggiatura
Lili Horvát |
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Montaggio
Károly Szalai |
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Fotografia
Róbert Maly |
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Suono
Rudolf Várhegyi |
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Musiche
Gábor Keresztes |