«Si vede e si sente ciò che si è preparati a vedere e a sentire e, al tempo
stesso, si prepara con le proprie parole un immaginario futuro accresciuto» (L. Mascilli Migliorini, Napoleone,
Roma, Salerno Editrice, 2014, p. 358). La vita è intrecciata di aspettative che
la rendono familiare anche quando le aspettative non si realizzano o
addirittura si traducono nel loro opposto, come nel caso della conquista
napoleonica di Mosca, alla quale si riferisce il brano. Ma Covid-19, divenuto pandemia
per colpevole distrazione/ignoranza/stupidità dei potenti del mondo, travolge
ogni aspettativa e, «finché il
virus non verrà eliminato, una sola cosa certa si può dire sulla ripresa: sarà
una metamorfosi» (How to feel better. Some economies are bouncing back. But recoveries
can easily go wrong, «The Economist This Week», 11 luglio 2020,
on line). Metamorfosi:
«cambiamento,
modificazione in genere, nellaspetto, nel carattere, nella condotta,
nellatteggiamento morale o spirituale duna persona, ecc.» (Treccani).
Metamorfosi del
mondo in pandemia. «La crisi del
coronavirus rivela anzitutto la forte porosità delle frontiere del rischio. È
quando esce dallambito sanitario per estendersi allambito economico e
finanziario, diventando poi un rischio di natura sociale o addirittura politica,
che esso compie da sé la muta. Il rischio diviene allora incertezza radicale, di
fronte a cui la previsione, che normalmente può avere il ruolo di riduttore delle
incertezze attese, si ritrova impotente. Mancano i richiami a crisi precedenti,
potenziali punti di riferimento e, più che una previsione precisa, ragionevolmente
si possono offrire solo ordini di grandezza. Sono questi ordini di grandezza a rendere
possibile la mutazione del rischio. Più che ipotesi tratte da casi di crisi
precedenti con genesi simile, il lavoro di previsione cerca di individuare i
meccanismi possibili a seguito di uno choc recessivo di qualsiasi origine». «In
quanto perdita di reddito condivisa tra agenti economici, una recessione si
traduce in modificazioni comportamentali, specie nelle scelte imprenditoriali di
investimento e occupazione. Lo choc economico si muta allora in rischio sociale
di esclusione crescente» (D.
Ferrand-C. Schmidt-P. Trainar, Le coronavirus illustre le phénomène social de lexpansion de lunivers
des risques, «Le Monde»,
Les débats éco, 11 luglio 2020, on line).
Organizzazione
Mondiale della Sanità e Banca Mondiale hanno per anni allertato i governi
nazionali sul rischio di un nuovo Coronavirus e sulle ricadute sanitarie ed
economiche, ma sono state ignorate, benché negli ultimi mesi di presidenza Obama
annunciasse pubblicamente la necessità di monitorare, prevenire, combattere globalmente
il nuovo Coronavirus e il rischio di pandemia.
«Viviamo in
società completamente plasmate dalla scienza e dalla tecnica, ma governate da
uomini e donne per lo più analfabeti in materia. Non è che non dispongano della
cosiddetta informazione scientifica. Linformazione possono trovarla, loro o i
loro consiglieri, nei rapporti, libri, documenti redatti dagli esperti o
riprodotti da Wikipedia e qualche emittente radio. Non è di questo che si
tratta. Non dipende neppure dalla loro formazione puramente letteraria o
manageriale – si può essere grandi letterati e interessarsi alle idee della
scienza. Il problema è molto più a monte e viene dal fatto che la scienza non
diventa cultura. E di questo molti sono responsabili, a cominciare dagli stessi
scienziati».
«In
un libro pubblicato nel 2012, prevedevo che la pietra dinciampo del pensiero
economico, la pietra di scandalo su cui esso ucciderà e tirerà le cuoia, sarà
leconomia della sanità. È probabilmente nel modo in cui gli economisti
trattano la questione della morte che si rivela al meglio questa incredibile
insensibilità, che ne caratterizza la professione, agli elementi più essenziali
della condizione umana. La crisi attuale lo illustra in maniera sconvolgente». «Il compianto Kenneth Boulding
(1910-1993), economista raramente citato e tuttavia prezioso, ha avuto queste
parole: “Chi crede che una crescita
esponenziale possa continuare indefinitamente in un mondo finito è pazzo, o
economista”» (A. Reverchon,
Yann Legendre: Si nous sommes la seule cause des maux qui nous frappent,
alors notre responsabilité devient démesurée, «Le Monde», Les débats éco, 11 luglio 2020, on line).
LUE è la
sola istituzione di governo al mondo che dimostra di sapere e soprattutto volere
imparare la lezione della pandemia Covid-19 e della sua ipoteca sulla nostra
vita e sulle sue basi economiche, che sono un mezzo e non un fine in sé, magari
a costo della vita, come afferma tra altri il presidente brasiliano Jair
Bolsonaro, con «parole scelte: “Siamo
spiacenti dei disastri che il virus compie tra gli anziani, ma bisogna pure che
muoiano di qualcosa”» (B.
Meyerfeld, Au Brésil, Bolsonaro utilise à son avantage la crise du
Covid-19, «Le Monde International», 24 giugno 2020, on line). Nel ripudio della polis, e della politica, «la pandemia
produce ciò di cui il presidente brasiliano ha più bisogno: il caos, che gli ha
permesso di rinsaldare il suo governo e ri-mobilitare la sua base» (ivi).
A noi
cittadini europei – in quanto cittadini, per dire, milanesi/lombardi/italiani –
spetta pensare e agire in modo coerente e contemperare nel quotidiano i valori
della vita con le sue basi materiali in un mondo di risorse finite, anzitutto noi
esseri umani, troppi – a giudizio degli imperdonabili peccatori contro lo
spirito – incapaci di capire la nostra specificità di esseri sociali ma unici e
irripetibili, da loro invece ammassati nella falsa e mortifera immagine del
gregge, condannata in modo irrevocabile da Covid-19 alla pena di morte (nostra).
Questa specificità umana è leredità che ci è affidata.
«La civiltà
europea si è formata nel medioevo. Non basta dire che è scaturita
spontaneamente, inevitabilmente dalla geografia fisica e umana che portava
allunità dei paesi europei. Se noi, moderni, ci siamo abituati a individuare
sul planisfero una vasta regione naturale che si estende dal Portogallo alla
Russia e dallArtico al Mediterraneo, gli antichi vi scorgevano altrettanto
chiaramente unaltra regione naturale, che aveva il Mediterraneo al centro e,
per confini, il Reno e il Danubio a settentrione, i grandi deserti a
mezzogiorno. In entrambi i casi, si tratta di popoli disparati, ma ravvicinati
da una cultura comune. La scelta che questi popoli hanno fatto, tra le diverse
possibilità offerte dalla geografia, è innanzi tutto un fatto dello spirito. Non
deve molto, o per lo meno non deve tutto, alle condizioni materiali che lhanno
accompagnata. Tuttavia, nulla sarebbe più artificiale, e quindi più falso, che
tratteggiare il ritratto di unepoca trascurando le risorse materiali. Ciò che
il medioevo vedeva come un duello tra lo spirito e la carne, tra lanima e il
corpo, è ai nostri occhi il dialogo incessante della storia intellettuale e
della storia economica». «Che i popoli dEuropa abbiano potuto trovare, in
fondo alla china che li aveva visti scivolare nei primi cinquecento anni del
medioevo, lenergia necessaria per costruire una società nuova, più prospera e
meno disuguale dellantica, è un fatto non meno importante che la creazione di
una unità culturale nuova e durevole» (R.S.
Lopez, Nascita dellEuropa: storia delletà medievale, Milano, Il
Saggiatore, 2004, p. 4).
«Nella
storia europea, volta a volta un popolo è stato lantesignano, ha portato la
fiaccola della civiltà: ma tutti quelli che sentivamo veramente come Europa
sono stati, almeno in un punto e in un momento antesignani e hanno dato
agli altri. Francesi e Italiani, Tedeschi e Inglesi, Spagnuoli e Svizzeri e
Olandesi e Polacchi e Scandinavi, tutti hanno aggiunto qualcosa di proprio al
gran bene comune: quasi una famiglia i cui membri debbono contribuire, sia pure
in diverse proporzioni, ad accrescere il possesso comune» (F. Chabod, Storia dellidea
dEuropa, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 167). «Parlando dellidea di
nazione, abbiamo visto come due fossero i modi di considerare la nazione: dal
punto di vista “naturalistico” luno (e lo sbocco fatale ne sarà il razzismo);
dal punto di vista “volontaristico” laltro. Ora, il senso europeo è
tutto costituito da volontarismo, non da naturalismo». «Industria,
commercio, lo stesso tempo (necessario appunto quando si devono cogliere i
frutti della attività umana, più lenta della natura): sono tutti fattori non
naturalistici». «Il senso europeo è senso di solidarietà morale e
connessione spirituale, non di solidarietà razzistica» (ivi, p. 171). «Nel formarsi
del concetto dEuropa e del sentimento europeo, i fattori culturali e morali
hanno avuto, nel periodo decisivo di quella formazione, preminenza assoluta,
anzi esclusiva» (ivi).
In epigrafe
a Preistoria degli Stati Uniti dEuropa (Milano, Giuffré Editore, 1960),
Achille Albonetti cita Giovanni VIII, 32: «… e la verità vi farà liberi»,
criterio risolutore di ogni crisi, ora della metamorfosi di cui scrive «The Economist», in cui piano
personale e piano politico sono inestricabilmente intrecciati e il loro intreccio
è innegabile. Con umiltà, qui non si tratta di verità ultime, ma di evidenze storiche,
come Albonetti già sessantanni fa notava profeticamente – tuttora una profezia
nel contesto Brexit, Covid-19, metamorfosi mondiale – che «gli inglesi sono
sempre stati maestri dellempirismo e saranno i primi a prendere atto della
costruzione dellEuropa e ne trarranno le conseguenze. Vale la pena di
ricordare quanto scriveva Emerson: “gli inglesi non credono alle ideologie, ma baciano la polvere di fronte
ai fatti!”» (ivi, p. 307). E ancora, «gli europeisti non hanno mai
nascosto che lunificazione dellEuropa è un fine eminentemente politico, e che
questo fine si riassume nellesigenza di fare dellEuropa una potenza, che
possa reggere al confronto con gli Stati Uniti, con la Russia sovietica e
domani [oggi, ndr] con la Cina e lIndia. È questa lera degli
Stati-continente, delle grandi potenze, dei grandi mercati e dei vasti spazi» (ivi,
p. 315). Perché «per vivere liberi è necessario unirsi e per unirsi occorre
volerlo. Gli Stati Uniti dEuropa non sono lontani se gli europei lo vorranno e
lo vorranno fortemente» (ivi, p. 325). Agire di conseguenza ci renderà liberi.
Altra
evidenza storica che ci farà liberi è il passaggio generazionale indotto da Covid-19
nel pensiero economico: i governi «spendono e si indebitano a scala impensabile
a inizio anno, per tutelare finanze aziendali e posti di lavoro. Unera probabilmente
destinata a durare. Crea opportunità, soprattutto per migliori infrastrutture e
assistenza sanitaria. Ma comporta anche pericoli. Anche se linflazione resta
bassa, uno stato più grande è incline a diventare preda di lobbisti e cricche» (Week
in charts. Europes deal, Americas disunity, «The Economist Today», 25 luglio 2020, on line). LUE politicamente
integrata fa liberi, in particolare, noi italiani tutelando il nostro
straordinario risparmio familiare, sotto tiro di sovranisti e malavitosi nostrani
e globali – un tuttuno? – anche con la balorda scusa di fare da soli nel mondo
in metamorfosi, sapendo inoltre che, «a dire il vero, non possiamo affatto
dimostrare che un assortimento di democrazie europee pienamente sovrane, vasto
come un continente, si comporterebbe in modo tanto pacifico, se non esistesse
lUnione europea. Potrebbe, forse. Ve la sentireste di rischiare?» (T.G. Ash, Free World. America,
Europe e il futuro dellOccidente, Milano, Mondadori, 2006, pp. 211-212).
Futuro presente è lEuropa in transizione verso lUE federale e solidale per scelta morale,
non per genocida comunità razziale. Per dire, milanesi/lombardi/italiani siamo
più di città/provincia/regione con (polimorfi) linguaggi e di una nazione linguisticamente
unita ma con frastagliatissimi interessi. Persone solidali, nel presente condiviso
lavoriamo a un futuro condiviso senza lautoreferenzialità di moda anche tra «la
gioventù dorata della Padania a Milano Marittima» (M. Cremonesi in «Corriere della sera», 22 luglio 2020, p. 26): «“Certo
che ci vado. E perché non dovrei?” Nemmeno ci ha pensato, Matteo Salvini.
A rinunciare alla diletta Milano Marittima. Il meno che si possa dire è che
lanno scorso la tradizionale vacanza sulla Riviera romagnola non gli ha
portato benissimo: dopo meno di venti giorni dallinno nazionale in versione
Papeete si chiudeva il primo governo Conte e la sua esperienza al Viminale.
Cinque mesi ancora, e falliva il tentativo di espugnare lEmilia Romagna con Lucia
Bergonzoni. In realtà, i suoi amici più stretti neppure gli hanno
sconsigliato la vacanza. Sapevano che sarebbe stato tempo perso: “È un tipico
meccanismo mentale di Matteo – spiega un suo pluridecennale amico –. Se fa
qualcosa che si rivela un errore, poi lui lo ripete. Come se il bis potesse
dimostrare che anche la prima volta era andata bene”».
Il futuro presente dellEuropa politicamente adulta non esiste per i tanto «presuntuosi
da non voler ammettere di avere sbagliato; sono molti tanto presuntuosi, che si
credono tutto sapere, e per questo le non certe cose affermano per certe
(Dante)» (Treccani). LUE ha un lavoro importante da fare – e che solo essa può
fare – nel nostro mondo agitato da crescenti rivalità, ma in cui «il modo
migliore di affrontare la pandemia e le sue conseguenze economiche è su scala
mondiale. Così pure per il crimine organizzato e il cambiamento climatico. Gli
anni 1920 hanno mostrato ciò che accade quando le grandi potenze si limitano a
cercare vantaggi dai guai altrui» (Is China winning?, «The Economist»,
16-22 aprile 2020, on line). Centanni
dopo, le grandi potenze cercano di nuovo vantaggi solo dai guai altrui e permettono
a uninfezione virale annunciata di trasformarsi in pandemia fuori controllo.
Un crimine contro lumanità, alla lettera.
Dobbiamo lavorare sodo e riflettere
prima di agire, personalmente e insieme, ciascuno con le sue responsabilità,
inclusi i piccoli che guardano agli adulti per imparare e gli anziani che nei
piccoli e nei giovani leggono i segni del futuro, non a dispetto bensì a motivo
della pandemia Covid-19. Detto in prosa, «la solidarietà europea che fa bene
allo spread» (M. Minenna in «Il
Sole 24 ore», 26 luglio 2020, p. 1). Buon lavoro.
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