Un tragico monologo
![Se questo è un uomo](../recensioni/img/cat6/1119_malosti_big.jpg)
Se
questo è un uomo
(1947), diario, confessione, grido dell'autore reduce di Auschwitz, è la più
oggettiva e cruda testimonianza italiana dell'Olocausto. In quel celebre libro
il lager si materializza certamente attraverso gli orrori in esso
perpetrati, ma soprattutto per mezzo dell'esposizione in prima persona della
propria intimità, del dolore del deportato, della descrizione di una
quotidianità allucinata fatta di incontri e piccole azioni; piccoli gesti come
ultimi baluardi di un'umanità umiliata ma sopravvissuta.
![](img/cat6/1119_malosti_int1.jpg)
Un momento dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
Luci,
suono e attore sono gli elementi principali attraverso cui si esprime la regia
di Malosti per questo difficile one man show, drammatico fin nella sua
essenza. Il compito del regista è qui delicatissimo proprio per la materia
prima che maneggia; non vi è pressoché distanza tra il testo e l'autore, e
pochissima ne troviamo tra la vita e l'arte. Il contenitore libro, come il
contenitore teatro, possono farsi solo occasione per un nuovo atto di denuncia,
tanto più attuale oggi, in uno scenario sociale preoccupante che incita ai
nazionalismi e oltraggia Liliana Segre,
testimone vivente della stessa tragedia tramandata da Levi.
La
scena costruita rinvia, attraverso la parapettata iniziale, a un interno: una
stanza grigia e spoglia che espone un termosifone. «Voi che vivete tranquilli
nelle vostre tiepide case» – così Levi richiama l'attenzione del lettore in Se
questo è un uomo. Presto però lo scenario cambia e si trasforma in un
binario morto avvolto dalle tenebre. Le assi del palcoscenico sono coperte da
un materiale che si intuisce ghiacciato – un misto tra acciaio e cemento armato
–, banchina-binario di una stazione che è inferno ma che, purtroppo, non è
ancora morte. Questo binario svetta in alto sul lato destro della scena creando
un muro, inclinato e scivoloso, su cui spesso l'attore si accascia. L'effetto
che lo spazio scenico produce – il freddo, il senso di pericolo – è soprattutto
dato dalle luci, dai rumori e dalle proiezioni di cui la regia fa uso e abuso.
![Un momento dello spettacolo
© Tommaso Le Pera](img/cat6/1119_malosti_int2.jpg)
Un momento dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
L'elemento
tecnico è qui fortemente sfruttato, forse in supporto allo sforzo dell'attore che
è impegnato in un monologo lungo quanto l'intero spettacolo, spezzato solo
dalla musica-canto e dagli effetti sonori e visivi. I suoni, evocativi e
abbondanti, si sovrappongono alla recitazione di Malosti-Levi creando lo spazio
dello sfruttamento e del sopruso, un luogo in cui si è sempre esposti. Un
riflettore segue e denuncia continuamente il corpo in scena, lo spia, mentre
una lampadina che cala dall'alto sembra offrirgli un ultimo conforto. Le
proiezioni si susseguono sul fondale-desktop proprio come sfondi (lande
desolate, cespugli rinsecchiti, il tumulto del mare, un maestoso cavallo
bianco), ora descrittivi, ora simbolici, forse superflui nel voler suggerire
una lettura che già Levi, per il tramite dell'attore, ci fa percepire.
L'attore-regista
rimane il vero punto di forza di questo spettacolo. Malosti in abito scuro anni
Cinquanta, cappotto e valigia, crea una figura pulita, elegante e ben nutrita che
subito entra in cortocircuito con il racconto di un corpo emaciato, intirizzito
dal freddo, torturato da piaghe e sudiciume. Nel suo ininterrotto monologo è
solo. Due figure sporadicamente gli camminano intorno come fantasmi – una donna
e ciò che resta di un uomo –, ma nulla aggiungono alla narrazione. La
recitazione dell'interprete è umida, difficile, insegue e trattiene le parole
che gli rotolano giù come un conato liberatorio. Sentiamo il palato impastato
di saliva e lo sforzo nel trattenere una erre francese, percepiamo con lui
l'esigenza di bere.
![Un momento dello spettacolo
© Tommaso Le Pera](img/cat6/1119_malosti_int3.jpg)
Un momento dello spettacolo
© Tommaso Le Pera
In
questo viaggio fatto di parole, le lingue – quelle dei prigionieri e il tedesco
duro del comando – si mescolano nella babele del lager fino ad arrivare
a Dante: La Divina Commedia, Il canto di Ulisse, ultimo rifugio
contro la brutalità. «Fatti non foste per viver come bruti» (Inferno, XX), ci ricorda Levi, e
l'attore ne approfitta per un meraviglioso pezzo di teatro.
Se questo è un uomo
Spettacolo visto
il 9 novembre 2019
al Teatro Argentina di Roma
Cast & credits
Titolo
Se questo è un uomo |
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Origine
Italia |
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Anno
2019 |
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Data rappresentazione
9 novembre 2019 |
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Città rappresentazione
Roma |
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Luogo rappresentazione
Teatro Argentina |
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Prima rappresentazione
5 novembre 2019 |
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Titolo testo d'origine
Se questo è un uomo |
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Autori
Valter Malosti |
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Adattamento
Domenico Scarpa, Valter Malosti |
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Autori testo d'origine
Primo Levi |
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Regia
Valter Malosti |
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Interpreti
Valter Malosti Antonio Bertusi Camilla Sandri |
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Produzione
TPE - Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Teatro di Roma - Teatro Nazionale |
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Scenografia
Margherita Palli |
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Costumi
Gianluca Sbicca |
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Effetti speciali
Video - Luca Brinchi, Daniele Spanò |
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Suono
Gup Alcaro |
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Luci
Cesare Accetta |
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Musiche
Tre madrigali (dall’opera poetica di Primo Levi): Carlo Boccadoro eseguiti e registrati dai solisti dell’Erato Choir: soprani Karin Selva e Caterina Iora, contralto Giulia Beatini, tenori Massimo Lombardi e Stefano Gambarino, bassi Cristian Chiggiato e Re |
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Direzione d'orchestra
Massimo Lombardi, Dario Ribechi |
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Note
Assistente alla regia: Elena Serra con la collaborazione di Leda Kreider e Noemi Grasso |