“Coesistenza” è la parola-chiave della
democrazia rappresentativa: continua
ricerca di equilibri tra gruppi di interesse e umori sociali oggi travolti
dalla globalizzazione. “Consenso” lo è della democrazia diretta: i gruppi dinteresse manipolano la volontà
popolare con la rete e i referendum. “Controllo” lo è della democrazia autocratica che opprime le
minoranze. Forme di potere tipicamente nazionalistiche, degradano luna nellaltra.
“Coesione” è infine la parola-chiave della democrazia
continua: risposta anche fiscale sovranazionale per attuare le politiche necessarie
contro le ingiustizie della globalizzazione, su scala nazionale, irrimediabili.
Democrazia continua è il dialogo sistematico tra Parlamento, Governo e Corte di
Giustizia dEuropa per tenere la legislazione e lorganizzazione dei beni pubblici
europei al passo con la globalizzazione. Su fondamenti costituzionali, la Corte
agisce in risposta alle questioni poste da cittadini e associazioni non solo
politiche, dai media e dai fatti: concretizza la partecipazione che nelle altre forme di democrazia è mistificata nei
sondaggi e nelle reti sociali.
Coesa è la democrazia se combatte le ineguaglianze
globali, tra errori e conflitti, ma con strumenti, anche fiscali, idonei che non
possono darsi le democrazie co-co-co,
che democrazia non sono, inclusa quella rappresentativa. Lo spiegava labate Sieyès il 7 settembre 1789: «i cittadini che si nominano dei
rappresentanti rinunciano e devono rinunciare a fare essi stessi la legge; non
hanno volontà specifiche da imporre. Se dettassero le loro volontà, la Francia
non sarebbe più questo Stato rappresentativo; sarebbe uno Stato democratico. Il
popolo, ripeto, in un paese che non è una democrazia (e la Francia non saprebbe
esserlo) non può agire che attraverso i suoi rappresentanti» (D. Rousseau, Radicaliser la démocratie. Proposition pour
une refondation, Paris, Seuil, 2015, p. 24). Dopo più di due secoli,
democratici bisogna imparare a esserlo, come tutto ciò che conta nella vita.
«In generale, sembra che il livello di
sfiducia verso il potere politico sia correlato alla diffidenza per gli altri
che caratterizza una popolazione». «Per fare solo un esempio, il Brasile, uno
dei paesi con la più forte sfiducia politica, è anche la patria della
diffidenza interpersonale, dato che solo il 2,8% dei brasiliani dichiara di
avere fiducia negli altri. Così, in un clima politico molto teso, la voce di
colpi di arma da fuoco sparati in città spinge un certo numero di persone a restare
in casa per non rischiare di subire le violenze di un improvviso conflitto
civile. Così facendo contribuiranno ad accreditare lidea che si preparano
avvenimenti gravi, iscritti in un processo di circolo vizioso cumulativo» (G.
Bronner, La démocratie des crédules, Paris,
PUF, 2013, pp. 5-6).
Al contrario, «il mutamento sociale e
politico – nel caso, i diritti umani – si realizza quando molte persone hanno
esperienze affini, non perché vivono nello stesso contesto sociale, ma perché tramite
le loro interazioni, visioni e interpretazioni creano in concreto un nuovo
contesto sociale. In breve, i resoconti di mutamenti storici devono alla fin fine
dar conto del cambiamento delle menti individuali. Perché i diritti umani divengano
in sé evidenti la gente comune deve avere una nuova consapevolezza che viene da
una nuova forma di sensibilità» (L. Hunt, Inventing
Human Rights. A History, New York, Norton, 2007, p. 34).
«Le dichiarazioni – 1776, 1789 e 1948 – fornirono una
pietra miliare per i diritti umani attingendo alla logica di ciò “che non si
può più accettare” e contribuirono a loro volta a non ammettere ulteriori
violazioni. In sé il processo ha avuto e ha unindubbia circolarità: conosci il
significato dei diritti umani perché senti in te angoscia per la loro
violazione. La loro verità può essere paradossale in questo senso, e tuttavia i
diritti umani sono sempre lampanti» (ivi, p. 214).
Nei moti per il pane nella Milano secentesca
«simplorava da magistrati que provvedimenti, che alla moltitudine paion
sempre, o almeno sono sempre parsi finora, così giusti, così semplici, così
atti a far saltar fuori il grano, nascosto, murato, sepolto, come dicevano, e a
far ritornare labbondanza» (A. Manzoni, I
promessi sposi, Milano, Hoepli, 19982, p. 266). Un «miscuglio accidentale
duomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono delluno e dellaltro
estremo: un po riscaldati, un po furbi, un po inclinati a una certa
giustizia, come lintendon loro, un po vogliosi di vederne qualcheduna grossa,
pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che
si presenti loccasione di provar con pienezza luno o laltro sentimento;
avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di
gridare, dapplaudire a qualcheduno, o durlargli dietro» (ivi, pp. 288-289).
Allora in piazza, oggi in rete, non si rifiuta lélite, anzi la si cerca per
farci promettere ciò che vogliamo e per coprire il nostro rifiuto/incapacità/impossibilità
di maturare insieme una nuova forma di sensibilità su ciò “che non si può più
accettare”: oggi, il “prima io, mors tua vita mea”.
«La fiducia è necessaria a ogni vita sociale,
e più ancora nelle società democratiche, organizzate intorno ai progressi della
conoscenza e della divisione del lavoro intellettuale. In effetti, a misura
della produzione di questa conoscenza, la parte di questa competenza condivisa
che ognuno può sperare di gestire diminuisce. Più si sanno delle cose, meno è quanto io ne so». «Ciò significa che una società fondata sul progresso
della conoscenza per paradosso diviene una società di convinzioni per delega e perciò della fiducia» (Bronner, La démocratie des crédules, cit., p. 7).
«È difficile dare conto di un fenomeno di massa invocando stupidità o
disonestà, come troppo spesso si fa dinanzi a credenze sconcertanti. Invece io
scommetto che le persone hanno dei motivi
di credere ciò che credono e che il loro dubbio guadagna terreno sviluppando anche
argomenti apparentemente molto efficaci. Avere delle ragioni di credere non significa che si ha ragione di credere, perché a spingere il consenso, al di là dei
nostri motivi ed emozioni, sono la coerenza, il potere argomentativo e la
coincidenza con ciò che ci si vuole far credere siano fatti concreti,
suggestioni ingannevoli che pretendono di spiegare il mondo. Ciò che rivelano
queste suggestioni ingannevoli è il volto
oscuro della nostra razionalità» (ivi, p. 19).
«Marzo 2018 ha portato quasi quotidianamente
rivelazioni sugli involontari danni dovuti ai social media. Science ha pubblicato uno studio di
professori del MIT sulle notizie
controverse pubblicate in inglese su Twitter. Lo studio constata che vi si
condividono disinformazioni e finte notizie il 70 per cento più spesso delle
vicende fattuali e le si diffondono circa sei volte più rapidamente. Nulla dice
che potrebbe trattarsi solo di Twitter. Lo studio ha portato ulteriori prove
che la parte oscura dei social network può essere sistemica, guidata da scelte che
favoriscono alcuni degli aspetti peggiori del comportamento umano» (R. McNamee,
Zucked. Waking Up to the
Facebook Catastrophe, New York, Harper Collins, 2019, p. 177). È un nuovo mercato globale, il mercato cognitivo.
«Mercato
cognitivo è unimmagine idonea a rappresentare il finto spazio che diffonde
i prodotti che informano la nostra visione del mondo: ipotesi, credenze,
informazioni, ecc. È preferibile a mercato
dellinformazione perché informazione è un indirizzo di ristorante o un
numero telefonico, mentre un prodotto cognitivo implica uninformazione
organizzata in discorso esplicito o implicito su ciò che è vero e buono» (Bronner,
La démocratie des crédules, cit., p.
23). «I regimi totalitari implicano la messa sotto tutela del mercato
cognitivo, almeno su certi temi. Sarà difficile esprimere fede cristiana coi
talebani al potere» (o con gli usurpatori del cristianesimo, come in Ungheria e
Polonia). «Ma loligopolio cognitivo può esistere anche in democrazia, non per
costrizione politica, ma perché la verità appare tanto abbagliante da oscurare le
idee alternative» (ivi, p. 24). Internet ha posto tutte le condizioni «perché lerrore di conferma possa esprimere la
piena misura delle sue capacità di distoglierci dalla verità», come mostra lo
studio MIT e come già scriveva Francesco
Bacone (Novum Organum, 1620,
aforisma 46). «Così procede pressoché ogni superstizione, in materia di
oroscopi, sogni, presagi, vendette divine, ecc. Gli uomini, infatuati da queste
vane apparenze, prestano attenzione ai fatti se rispondono alle loro attese; ma
in caso contrario, di gran lunga il più frequente, si voltano e passano oltre» (ivi,
p. 35-6).
«Sono passati quasi nove anni da che per
primo ho osservato attori sleali sfruttare gli algoritmi e il modello di
business di Facebook per mettere in pericolo gente innocente. Non avrei
immaginato, allora, il male alla democrazia, alla salute pubblica, alla privacy
e alla concorrenza che sarebbe stato permesso tramite piattaforme internet che
amavo usare. Se vivete negli Stati Uniti, in UK o in Brasile, le politiche del
vostro paese sono state trasformate in modi che potranno durare per
generazioni. In Myanmar o Sri Lanka, la vostra vita può essere stata
minacciata. In ogni paese con accesso internet, le piattaforme hanno
trasformato la società per il peggio. Stiamo portando avanti un esperimento
evoluzionistico incontrollato, e i risultati sono a tuttoggi terrificanti.
Come popolo e cittadini non siamo preparati al caos sociale e al tumulto
politico liberati dalle piattaforme internet. Sono emerse così velocemente e la
loro influenza sia sulle persone che sugli affari è cresciuta così in fretta,
che hanno sopraffatto le istituzioni culturali, politiche e legali» (McNamee, Zucked, cit., pp. 277-8).
«La minaccia è lì. Ben descritta dagli 007.
Una novità che non sera mai vista in una relazione sullo stato della sicurezza
in Italia. Londata razzista minaccia di condizionare il prossimo voto europeo.
Addirittura come ha fatto il terrorismo». «Nella lunga lista di minacce che
agita lintelligence cè […] il sospetto di manine straniere abili nel pilotare
i social media […] “interferendo finanche con processi fondamentali per la vita
democratica, come le elezioni”» (L. Milella, La relazione dei servizi segreti. 007, ALLARME RAZZISMO, in «la
Repubblica», 1° marzo 2019, p. 28). Dopo USA, UK, Brasile ora Steve Bannon opera dallItalia e il managing
director della sua campagna populista alle europee, il capo del Partito
Popolare vallone destrema destra Mischaël
Modrikamen, «ben consapevole delle reticenze europee, insiste però sul
contributo di Bannon “in materia di dati”» (P. Bernard-J.B. Chastand, La marche contrariée de Bannon sur lEurope,
in «Le Monde», 21 agosto 2018, p. 2). «A lui, lex demiurgo consigliere di Donald Trump ha affidato il compito di
federare, in un unico e ramificato gruppo, detto The Movement, i populisti di
tutta Europa», scrive Luciana Grosso,
che gli chiede: «a tal proposito: che
si fa con lUnione europea? Non è faccenda da poco, visto che uno dei (pochi)
partiti che aderiscono a The Movement, la Lega, potrebbe essere il più votato
di tutti alle prossime elezioni: “Non rappresenta più niente per nessuno. Non
vuol dire che ogni paese andrà per conto suo, ma che lUe dovrà per forza di
cose diventare unUnione di stati autonomi e magari limitarsi a tenere insieme
accordi commerciali o economici”» (Viaggio
nella tana del lupo populista, «IL FOGLIO quotidiano», 22 febbraio 2019, pp.
1 e 4).
A domanda, il suo capo Bannon precisa il
quadro: «Gli Stati Uniti sono la nazione leader dellunione giudeocristiana
occidentale, un sistema che abbiamo ereditato da 5.000 anni di storia, che va
da Atene a Gerusalemme, da Roma a Londra, fino a Washington. E di cui fanno
parte anche il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, lIndia, lAustralia… Un
modello basato su valori come lautonomia, la libertà individuale e su quella
cosa ingarbugliata che è la democrazia» (A. Rico, Amici 5 stelle, fate le grandi opere, «La Verità», 25 febbraio
2019, p. 7). Nella voluta confusione globalizzata e senza freni, gli stati sono
messi sul mercato. Nella patria del parlamentarismo, Brexit conferma che la
democrazia rappresentativa non è democrazia, e, quando i rappresentanti
hanno forti contrasti di interesse, la loro capacità di governo svanisce, sulla
spinta di chi vuole autoritarismo, con lalibi del referendum. In USA Trump è già
allautoritarismo dei tweet, con
grande (pur se precario) beneficio del mercato, libero anzitutto dalle tasse. Money first.
Prima i soldi. Accolti nella
reputazione euro abbiamo preferito i condoni fiscali alla riduzione del debito.
E ora? Considerato «che linteresse di Salvini
e Di Maio a mantenere le posizioni
di potere acquisite (e difficilmente replicabili) prevarrà», a Enrico Morando «sembra facile prevedere
che a primavera inoltrata – quando comincerà la sessione di bilancio europea,
con la presentazione del Documento di economia
e finanza 2020-2022 – le forze di governo torneranno a parlare di
fuoruscita dellItalia dalleuro, facendo riesplodere linstabilità finanziaria
e lincertezza» (Perché il governo
tornerà a mettere in discussione leuro, «IL FOGLIO quotidiano», 22
febbraio 2019, p. 3). Salvini si lascia sfuggire in tv che coi loro risparmi «gli
italiani ci daranno una mano». È vero, grandi risparmiatori, possiamo dare una
mano, eccome. A chi, però? Al libero mercato e ai suoi ascari/associati
politici, o al nostro futuro? «“Allestero scuole e trasporti migliori”. Cosa
invidiano gli italiani ai paesi Ue», titola LA
STAMPA il suo ultimo sondaggio LaSt (3 dicembre 2018, p. 5). La scuola è larea
più strategica nellera dellIntelligenza Artificiale e dellinnovazione
implicita quando si lavora con persone esperte nei sempre più importanti ambiti
della conoscenza, oltre il «volto oscuro della nostra razionalità» con la nuova
consapevolezza che nasce dalla nuova sensibilità sui nostri (di tutti) diritti
umani. Che anche da noi sono calpestati, e di proposito, perché sono la sola concreta
alternativa al mercato senza freni. Lalternativa dipende solo da noi, Non
da una élite, quale che sia.
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