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Napoli, nel rione Sanità, la giustizia dello Stato non entra. Le sue veci sono
fatte da Antonio Barracano, autorevole uomo donore che, capace di distinguere
tra gente perbene e delinquenti di varia taglia, riceve a casa sua come se
fosse nel municipio del quartiere e, con laiuto di un medico che gli consente
di nascondere alla giustizia ufficiale molti fatti di sangue, amministra a suo
arbitrio la vita del quartiere e della varia umanità che lo popola. Il suo
giudizio non è appellabile e un tacito patto impegna tutti gli abitanti a
rispettarlo. Non è difficile vedere nel testo eduardiano della metà del secolo
scorso potenti richiami alla doppia anima delle città odierne (e di Napoli in
modo quasi antonomastico), con il registro legalitario e quello criminale che
si intrecciano e spesso si sovrappongono. Poteva bastare. E invece
ladattamento cinematografico vuole fare di più, vuole intervenire a dimostrare
con la devozione del discepolo lapprezzamento per lopera del grande.
Una scena del film © Biennale Cinema 2019 Non sempre la devozione è però la miglior consigliera. In questo caso il desiderio del colto e esperto napoletano doc. Mario Martone di rendere omaggio al maestro Eduardo De Filippo lo porta a unoperazione che forse ottiene il contrario di quello che voleva dimostrare. Perché per affermare il valore del testo non si contenta di metterne alla prova la tenuta drammaturgica, che regge a meraviglia, ma ne vuol dimostrare lattualità. Insomma fare con Eduardo quello che regolarmente si fa coi classici: attualità di Eschilo e di Racine o, ovviamente, di Shakespeare. Non è però un gran complimento, per
dimostrare lattualità di un classico di settantanni fa, sentire il bisogno di
intervenire così pesantemente come fa Martone, spiazzando completamente tutti i
ruoli con il ringiovanimento del “sindaco” da settantacinque a quarantanni e
facendone, invece del discutibile ma filosofico sostituto del potere legale, un
modernissimo capo camorrista e precipitandolo così nel filone “gomorresco”, con
qualche eccesso che non spiacerebbe ai Manetti Brothers. Dimenticando
Eduardo resta comunque nel film la forte cifra stilistica del regista: la
scelta e la conduzione degli interpreti, il ritmo scattante delle battute,
lambientazione che è forse la vera protagonista con lonnipresenza del Vesuvio,
monito perenne sulla precarietà della vita.
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