(Per aspera) Ad Astra
Regista decisamente poco prolifico, James Gray: appena sette titoli in venticinque anni (il primo dei quali, Little Odessa, premiato proprio a Venezia con il Leone d'Argento per la regia, 1994) sono comunque bastati a costruire quella solida reputazione autoriale che ha reso il suo ritorno al Lido tra i più attesi, tra l'altro con un film fantascientifico ad alto budget e con Brad Pitt protagonista.
Con C'era una volta a New York (2014, pessima, fuorviante traduzione del chapliniano The Immigrant) e Civiltà perduta (2016, la vera storia dell'esploratore Percy Fawcett), Gray ha iniziato una sua particolare ricerca poetico-drammaturgica, che vede i suoi protagonisti proiettati in una realtà sconosciuta in cui, per necessità di sopravvivenza o per brama di conoscenza, sono costretti ad affrontare un percorso conradiano inesorabilmente proiettato verso il “cuore di tenebra” di un nuovo mondo o di un mondo ancora da esplorare. Ad Astra vorrebbe spingere oltre questa ricerca, ai confini dello spazio. Brad Pitt è Roy McBride, astronauta glaciale (forse aspergeriano) cui viene chiesto di mettersi sulle tracce del padre, partito ventinove anni prima verso Nettuno alla ricerca di altre forme di vita intelligente, nonché responsabile di strani e letali tempeste cosmiche che stanno investendo la Terra.
Come nuova declinazione di questo eterno viaggio dell'uomo verso la vertigine dell'ignoto, la scoperta di sé, della propria natura, di un suo senso profondo, Ad Astra ha premesse tanto nobili e complesse, quanto destinate a rimanere per gran parte inespresse, se non addirittura deluse. La fantascienza non è un genere particolarmente duttile e, nell'affrontare certi argomenti, il rischio (o la tentazione) di trovarsi a confronto con Kubrick è altissimo. Purtroppo Gray non fa niente per evitarlo, aggiungendo pure un marcato retrogusto malickiano nei flashback familiari e nella continua voce over del protagonista. Il risultato è un film confuso, inaspettatamente manierista nella rappresentazione dello spazio e degli spazi, che neanche l'algida recitazione di Pitt riesce a risollevare; persino la sceneggiatura presenta strane e poco comprensibili deviazioni che poi si rivelano semplici espedienti per l'aggiunta di scene d'azione fine a sé stesse.
Tra evidenti incongruenze fisiche e astrofisiche – come la riproduzione della gravità terrestre nei centri commerciali lunari (sic) o la riduzione dell'ampiezza degli anelli di Nettuno a poche centinaia di metri –, Ad Astra finisce per far naufragare tutte le sue grandi premesse nella semplicistica e tutto sommato stantia messa in scena del rapporto tra il concetto di nemesi («le colpe dei padri ricadono sui figli» ci tiene a dire il protagonista) e la più classica rappresentazione del complesso di Edipo; il tutto attraverso metafore tanto evidenti quanto scontate: immersioni in liquidi simil-amniotici, cordoni ombelicali da tagliare o comiche cateratte che offuscano la visione dell'altro.
Ad astra
Cast & credits
Titolo
Ad astra |
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Origine
USA, Brasile |
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Anno
2019 |
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Durata
124 min. |
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Città rappresentazione
Venezia |
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Luogo rappresentazione
Sala Grande, PalaBiennale |
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Prima rappresentazione
29 agosto 2019 |
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Evento
76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2019 |
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Colore | |
Regia
James Gray |
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Interpreti
Brad Pitt Tommy Lee Jones Ruth Negga Liv Tyler Donald Sutherland |
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Produzione
Plan B Keep Your Head Productions RT Features New Regency Productions Bona Film Group MadRiver Pictures |
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Distribuzione
New Regency pictures |
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Scenografia
Kevin Thompson |
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Costumi
Albert Wolsky |
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Sceneggiatura
James Gray, Ethan Gross |
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Montaggio
John Axelrad, Ace and Lee Haugen |
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Fotografia
Hoyte Van Hoytema |
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Effetti speciali
Scott R. Fisher, Allen Harris |
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Suono
Mark Ulano |
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Musiche
Max Richter, Lorne Balfe |
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Lingue disponibili
Inglese |