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La caduta nel tempo

di Riccardo Cenci
  Die Walküre
Data di pubblicazione su web 21/05/2019  

Unica opera a vivere di un’esistenza autonoma al di fuori del Ring, Die Walküre deve la sua popolarità all’accattivante intreccio fra necessità e sentimento, al groviglio inestricabile fra la vicenda d’amore e la tragedia del potere. I personaggi appaiono intrappolati in un dedalo di istanze morali antitetiche, la cui inconciliabilità costituisce la sostanza del conflitto. Di questo dramma tutto interiore Federico Tiezzi è grande interprete. Il suo allestimento, non a caso vincitore del premio Abbiati nel lontano 2006, torna al San Carlo di Napoli dove fu acclamato allora.

La grandezza del teatro wagneriano risiede nella capacità di evocare la tradizione, costruendo un universo di enorme impatto sull’intera cultura occidentale. Nell’allestire il dramma, Tiezzi attinge dalla propria esperienza maturata nel campo del teatro di prosa. Per questo sottolinea la fragilità di Siegmund, eroe perseguitato destinato alla sconfitta, mentre nell’amore per Sieglinde evidenzia l’effimera ricomposizione dei legami familiari, destinata a infrangersi di fronte alle incertezze di Wotan. Analogamente al Tristan, il trasporto passionale diviene identificazione assoluta con l’altro, simbiosi di due identità che in realtà sono una cosa sola. Fulcro del dramma il rovello amletico di Wotan, diviso fra la necessità di preservare la libertà della stirpe da lui stesso generata, unica possibilità di salvezza per gli dei, mantenendo nel contempo fede alle leggi delle quali dovrebbe essere garante, come gli ricorda con fermezza la consorte Fricka. In questa trama il dio resterà impigliato, condannato nel prosieguo del Ring a percorrere la terra in veste di viandante, abdicando suo malgrado a dirigere i destini degli uomini. 



Un momento dello spettacolo
© L. Romano

L’ingresso del peccato nel mondo, rappresentato dal rifiuto dell’amore e dal furto dell’oro operato da Alberich nel prologo della Tetralogia, genera la caduta nel tempo, per usare un titolo caro a Cioran. La materia dolente dell’uomo è contrapposta all’aura inattingibile della deità, non foss’altro che quest’ultima basa la sua sopravvivenza sulla prima. Qui Wagner dosa perfettamente il peso dei due elementi. Nel seguito del Ring l’umano scalzerà il divino dal suo trono, fino all’incendio del Walhalla che solo può permettere la nascita di un mondo rinnovato.

Un dramma tutto interiore, dicevamo. Nella visione di Tiezzi il mito resta sullo sfondo, evocato in un breve momento dalle prospettive cosmiche di un fondale. Per il resto ci troviamo di fronte a una tragedia familiare, quasi immemore della distanza che separa gli uomini dalle divinità. In quest’ottica il monologo di Wotan richiama il Lear shakespeariano, quell’offuscamento dei sensi che perturba la natura stessa. La parziale cecità del dio ricorda non solo l’infausta vicenda del re di Britannia, ma anche la menomazione di Edipo. Il dramma musicale affonda le proprie radici nelle origini del pensiero occidentale e della tragedia classica.



Un momento dello spettacolo
© L. Romano

Tiezzi riduce la complessa cosmogonia wagneriana all’essenziale, spogliandola degli inutili orpelli, mantenendo però simboli quali la lancia e la spada. Una griglia metallica costituisce l’elemento portante delle scenografie pensate da Giulio Paolini. Pochi elementi simbolici come il frassino in forma di focolare nel primo atto, le pietre nel secondo e le membra frantumate degli eroi nel terzo, bastano a definire le coordinate del mito. Per il resto tutto è basato sulla recitazione, sugli sguardi, sulla gestualità. Il risultato è di grande impatto, complice anche l’estrema attenzione rivolta ai movimenti scenici e l’abilità attoriale della compagnia di canto. Belli i costumi di Giovanna Buzzi, perfettamente in linea con la visione registica. Un allestimento invecchiato benissimo, anzi il tempo sembra avergli donato ulteriore pregnanza.

Gli innumerevoli appigli intellettuali, ad esempio l’innamoramento dei gemelli Velsunghi indotto dall’idromele quasi fosse il filtro del Tristan, arricchiscono il tessuto della narrazione ma non precludono il godimento anche al profano. Esperienza valorizzata dall’ottimo esito musicale. Ammirevole la direzione di Juraj Valčuha per attenzione al dettaglio, equilibrio e continuità narrativa. La sua lettura sfugge al monumentale eccessivo, privilegiando lo scavo psicologico dei personaggi. Apprezzabile il contributo dell’orchestra, se si esclude qualche imprecisione negli ottoni che comunque non sciupa l’effetto complessivo.


Un momento dello spettacolo
© L. Romano

Si è già accennato alle doti del cast nel seguire le indicazioni registiche. Dal punto di vista vocale, impressiona il Wotan di Egils Silins per sicurezza e tenuta complessiva. Il colore non sarebbe ideale per le telluriche esternazioni del dio, ma il cantante lettone si mostra interprete intelligente. Il suo è un Wotan lacerato ma anche autorevole, quasi reticente a far trasparire una eccessiva commozione nel celebre addio a Brünnhilde. Quest’ultima è impersonata da un’ottima Irene Theorin, in verità un poco scomposta nell’esordio del secondo atto, con il canto della Walkiria affrontato con impeto eccessivo, e appena affaticata nella conclusione, ma chi non lo sarebbe dopo tali cimenti. L’umanizzazione del mito trova interprete sensibile in Robert Dean Smith, un Siegmund meno eroico del solito ma profondamente toccante nei suoi accenti malinconici e dolorosi. La sua rinuncia all’eterna voluttà per amore, contrapposta all’inversa negazione di Alberich, è momento di estrema commozione. Gli sta accanto la Sieglinde di Manuela Uhl, dagli slanci svettanti ma a volte eccessivamente scomposti. Bravo Liang Li nel rendere la caparbia protervia di Hunding. Eccellente Ekaterina Gubanova (Fricka) nel restituire la ferrea determinazione della donna delusa e indignata verso il divino consorte. Da sottolineare infine la bella prova delle Walkirie, mai forzate nell’ardua scrittura del terzo atto. Teatro pieno e grande successo di pubblico.


Spettacolo visto il 16 maggio 2019 al Teatro San Carlo di Napoli



Die Walküre



cast cast & credits
 
trama trama


Un momento dello spettacolo visto il 16 maggio 2019 al Teatro San Carlo di Napoli
© L. Romano



 
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