Stavolta è la periferia a essere
protagonista. LAmericanaFestUk di
Londra si è svolto infatti nella zona di Hackney, a nord-est della città.
Cinque club e lHackney Empire hanno ospitato questa manifestazione che offre la
possibilità di ascoltare tanti artisti a un prezzo contenuto (equivalente ai
nostri trenta euro) per due giorni. A patto che ci si riesca a districare tra
le molteplici proposte, con musicisti provenienti da Stati Uniti, Canada e
Regno Unito. Anche la serata conclusiva, coincidente con la consegna degli Uk Americana Awards allEmpire, ha un
biglietto dingresso modico, di ventotto euro circa (molti posti erano
riservati ai delegati che avevano partecipato ai lavori congressuali dellAmericana Music Association Uk). Numerosi, dunque, gli artisti
coinvolti nella rassegna, suddivisi nei primi due giorni in cinquantatré set diversi. Lo staff del
festival aveva il suo quartier generale al Night Tales: il nostro percorso è
iniziato qui con il concerto di Caroline Spence. La sua è una proposta country dal suono tradizionale, elegante
e ben eseguito. Inoltre la Spence ha una spiccata attitudine alle ballate dalla
melodia interessante. Unartista da tenere docchio. La sorpresa della prima giornata è stata la canadese Kaia Kater. Nata da un padre di origine caraibica, nei suoi brani affronta i temi dellemigrazione e della multiculturalità. Cantante, banjoista e chitarrista, la Kater convince tanto nei pezzi originali quanto in quelli tradizionali. Una voce calda e la bravura strumentale completano una performance di grande livello, premiata dallottimo successo di pubblico allEmpire Bar. Il festival ha ospitato anche musicisti di esperienza quali Amy Speace: accompagnata da Emily Barker alla voce e Neilson Hubbard alla batteria, la Speace ha presentato al Paper Dress Vintage i suoi nuovi brani che mostrano un cantautorato maturo di sostanza.
CoCo and the Butterfields © Michele Manzotti Il finale è stato nel segno dei giovani al pub Oslo con il gruppo Coco and the Butterfields, di base a
Canterbury. Un suono energico che dal vivo vira sul pop (con il nome Dulcima parteciparono allEurovision Song Contest nel
2016), a differenza di tanti loro brani più soft disponibili anche su YouTube.
In ogni caso la proposta di questi musicisti, con la voce duttile della
cantante Dulcima Showan in evidenza, resta interessante, a patto che in
futuro la band alterni con più
equilibrio lanima rock-pop a quella melodica. Tra le caratteristiche della
seconda giornata del festival cera lo speciale dedicato alletichetta Thirty Tigers. Lomaggio a questo
marchio è stato allestito in un unico club di Hackney, il Moth. Cera molta
attesa per la presenza di unicona del pop soul come John Oates, artista
che ha allattivo un album country
come Arkansas. Iniziamo proprio da lui, momento centrale della serata.
Oates ha voluto omaggiare maestri del calibro di Mississippi John Hurt (Spike
Driver, Stack OLee) e colleghi quali Jim Lauderdale (Carolina)
nella ricerca di sonorità alla base del genere “Americana”. Tra brani degli anni 20 (Miss
the Ms) e suoi pezzi originali, il musicista statunitense ha dato una
lezione di classe. Con tanto di finale dedicato al più famoso repertorio con Daryll
Hall: quella Shes Gone, hit
degli anni 70, eseguita con voce e chitarra acustica.
John Oates © Michele Manzotti
Ad aprire la serie dei set, presentati da Emily Barker, il duo Ida Mae. Il loro compito era quello di attirare lattenzione e lo hanno fatto con chitarra e dobro a volume alto in un country blues che vira verso il rocknroll. Tanta energia, forse ancora da incanalare verso un suono più coerente. Tuttaltra musica quella degli Asleep at the Wheel, arrivati a Londra da Austin, Texas, in versione acustica. Una classe immensa e tanto divertimento in un repertorio fatto di classici in cui il country ha sposato felicemente lo swing grazie allo stile violinistico ispirato a quello di Stéphane Grappelli più che a quello dei fiddler delle praterie. I vari riconoscimenti dei Grammy Awards non sono certo un caso. Tra i brani proposti: Route 66, I Cant You Get Anything About Love, Tiger Rag (da loro interpretata a suo tempo con gli Old Crow Medicine Show) e Miles and Miles in Texas eseguiti dallinossidabile Ray Benson e da Katie Shore.
John Smith, cantautore originario
del Devon, rappresenta perfettamente il folksinger
che con voce e chitarra cattura il pubblico raccontando storie. Lattenzione è stata
particolarmente elevata per questo artista di grande esperienza, ospite fisso
dei festival folk.
Al giovane texano Wade Bowen
il compito arduo di esibirsi dopo Smith e Oates. La sala si stava fatalmente
svuotando, ma piano piano il cantautore ha saputo convincere per la qualità
delle sue canzoni. Un musicista da tenere in considerazione.
Infine si è assistito al ritorno
nel Regno Unito dei The Rails, di
cui fa parte la figlia d'arte Kami Thompson, già vincitori ai Folk
Awards 2015 a Cardiff. La loro autorevolezza di esecuzione (lo stile
chitarristico di James Walbourne è molto funzionale) e la creatività del
duo sono cresciute, come dimostrano anche i brani in uscita con il prossimo
album.
Lultimo giorno ha avuto un
prologo inaspettato: anche se lappuntamento alla Rough Trade East (zona Brick
Lane) era fuori dal festival, è indubbio che lo showcase di Carson McHone ne facesse
idealmente parte. La giovane songwriter
di Austin, Texas, si era già esibita il primo giorno della rassegna. Fresca di
album ( Carousel), tende ad affidarsi alle ballate ( Sad) nonché alla rivisitazione delle danze popolari con grande
poesia e valenza melodica.
Il finale del festival © Michele Manzotti Con la serata finale torniamo nel
quartiere di Hackney e al suo Empire, il teatro che abitualmente ospita anche
spettacoli dopera. Gli Awards seguono uno schema analogo ad altre
situazioni musicali: un maestro di cerimonie (in questo caso Bob Harris,
voce storica della Bbc), lannuncio delle nomine, i momenti di esecuzione.
Tante le categorie dei premiati, ma ci piace sottolineare la presenza di molti
artisti di primo piano. Non solo grandi nomi quali Graham Nash e Rhiannon
Giddens, ma anche Mary Gauthier e Ben Glover, musicisti che
incidono con successo per unetichetta italiana, la Appaloosa. Per quanto
riguarda la parte concertistica i momenti emozionanti non sono mancati: la Teach
Your Children con cui Nash ha festeggiato il premio alla carriera consegnatogli
da Allan Clarke suo amico e compagno negli Hollies; la prova violinistica del “nostro” Michele Gazich
nellesibizione di Mary Gauthier; i Curse
of Lono; la direzione musicale di Ethan Johns della band
residente della serata; lesecuzione di Ben Glover; lo straordinario momento a
cappella senza microfono di Giddens.
Poi il finale con This Land Is
Your Land di Woody Guthrie cantata da tutti i musicisti che hanno
partecipato alla serata. Che ha visto anche un altro premio fondamentale,
quello a Joe Boyd e ai suoi cinquantacinque anni di carriera
sintetizzati in un discorso da antologia. Complimenti per questa tre giorni
festivaliera di ottima qualità. LAmericanaFestUk si è svolto a Hackney (Londra) dal 29 al 31 gennaio 2019.
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