La Grande Scuola
Grigorovič fa della grandiosa monumentalità scenica e della ricercata opulenza costumistica, a firma di Nikolay Šaronov, il tratto distintivo di un grand ballet che la musica di Ludwig Minkus, eseguita dall'Orchestra dell'Accademia Teatro alla Scala diretta da Pavel Sorokin, contribuisce a esaltare. La spettacolarità dell'allestimento è accentuata da un corpo di ballo perfettamente a suo agio in una messinscena che richiede un costante ritmo narrativo e danzato e un formidabile “gioco di squadra”. Tutti compatti i ballerini cooperano alla resa di questa fabula coreografica che trasuda “russicità” e ha in Grigorovič il suo demiurgo.
Fin dal primo atto siamo fagocitati dalla maestosità del tempio del Gran Bramino che accoglie la maschia danza dei fachiri e il muliebre ballo sacro delle baiadere, fra cui rifulge la protagonista Nikiya: una splendida e flessuosa Ol'ga Smirnova che rifiutando il Bramino si lega a Solor interpretato dalla carismatica e imponete figura di Semën Čudin. Struggente è il pas de deux con cui davanti al sacro fuoco la ragazza accetta di fuggire con lui a patto che le giuri fedeltà. Un momento di intensa passione cui fa da contraltare l'energico grand pas de deux di Solor con Gamzatti: una volitiva Margarita Štrainer che vuole tutto per sé il giovane, colpito dalla sua bellezza e dimentico della promessa fatta. Sono allora le due donne innamorate a confrontarsi in una schermaglia pantomimica in cui nessuna delle due arretra, mostrando entrambe temperamento e personalità.
Nel secondo atto la danza di Nikiya-Ol'ga durante i festeggiamenti nuziali è a dir poco stupefacente. Languida e disperata nella prima parte, frizzante e radiosa nella seconda fino al tragico epilogo. Al dramma assiste esterrefatto l'entourage del Rajaj che poco prima si era divertito con continue ed elettrizzanti danze e variazioni: Jampe, un duetto al femminile, il grand pas di otto ballerine accompagnate da due danzatori, la “danza del tamburo”, la “danza della brocca” fino ad arrivare all'assolo dell'idolo d'oro interpretato da un sorprendente Denis Zakharov.
L'atteso terzo atto, il cosiddetto atto bianco o Regno delle Ombre, non delude. Anzi, scegliendo di chiudere la sua Bajadera con il Regno delle Ombre Grigorovič punta sulla spiritualità dell'incontro di due anime innamorate. E l'avvolgente atmosfera lunare delle luci di Mikhail Sokolov consente una comunione altrimenti impossibile richiamando l'Inno alla notte del poeta romantico Novalis.
Il corpo di ballo femminile del Bol'šoj rende impalpabile questo regno fatto-fitto di Ombre che scendono sulla famosa pedana inclinata, eseguendo la sequenza di arabesque, ponchés, cambrés, ports de bras. Una lezione di alta scuola cui si aggiungono le singole variazioni di Dar'ja Bočkova, Dar'ja Khochlova e Antonina Čapkina. Bravissime. Si tocca l'apice nel passo a due del velo bianco di Solor/Semën e Nikiya/Ol'ga: colpiscono l'intensità e il respiro del loro modo di ballare che va oltre l'esecuzione ineccepibile di arabesques, ponchés, equilibri on pointe, port de bras della Smirnova o dei manèges, dei tour en l'air, dei grandi e piccoli sautés di Čudin. Due impareggiabili primi ballerini di un altrettanto impareggiabile Corpo di Ballo diretto da Makhar Vaziev.
Cast & credits
Titolo
La Bajadère |
|
Sotto titolo
Balletto in tre atti |
|
Data rappresentazione
08 settembre 2018 |
|
Città rappresentazione
Milano |
|
Luogo rappresentazione
Teatro alla Scala |
|
Prima rappresentazione
1991, Teatro Bol'šoj di Mosca |
|
Scenografia
Nikolay Šaronov |
|
Costumi
Nikolay Šaronov |
|
Coreografia
Jurii Grigorovich |
|
Coreografia d'origine
Marius Petipa (1877) |
|
Corpo di ballo
Il Corpo di Ballo del Teatro Bol'šoj di Mosca |
|
Luci
Mikhail Sokolov |
|
Musiche
Ludwig Minkus |
|
Orchestra
Orchestra dell'Accademia Teatro alla Scala |
|
Direzione d'orchestra
Pavel Sorokin |
|
Note
La coreografia comprende estratti dalle versioni di Vachtang Čabukiani, Konstantin Sergeev, Nikolaj Zubkovskij |