Paul Greengrass è regista che sa
il fatto suo, di lunga militanza sia in film di grande impegno (basti pensare a
Bloody Sunday, dedicato alla domenica
di sangue in Ulster quando i paracadutisti britannici fecero una strage di
pacifici manifestanti, vincitore dellOrso doro del 2002 a Berlino) sia nel
popolarissimo ciclo di Jason Bourne
(con Matt Damon da lui diretto nel
secondo, terzo e quinto episodio). Con 22
July il regista torna ai temi di grande impegno, affrontando uno degli
episodi più efferati della storia della pacifica Norvegia e, insieme, della
storia del terrorismo. Non certo del terrorismo internazionale poiché qui si
tratta di un episodio di terrorismo, se così si può definire, endogamico, nato
come gene malato, dalla stessa società che ne è vittima. Una scena del film © Biennale Cinema 2018 Il
22 luglio 2011 Oslo fu scossa da un attentato che fece scoppiare unautobomba
davanti alla sede del governo uccidendo otto persone. Poche ore dopo in una
isoletta su un lago non lontano dalla capitale, in un campeggio di adolescenti
organizzato dal partito socialista, avvenne quella che sarebbe tristemente
passata alla storia come la strage di Utøya:
le vittime furono sessantanove, quasi altrettanti i feriti gravi. Lo choc fu immenso anche per la tipologia
dellattentato: apparentemente commesso da un solo terrorista, norvegese e
simpatizzante di un locale partito di destra. Lorrore fu immenso ma non è
questo che ha destato linteresse artistico del regista (già altre volte il
cinema si è soffermato sulla strage). Quello che gli interessa mostrare (ritenendo
che «qualche volta il cinema deve guardare con coraggio e risolutezza il mondo
così comè, come si muove, dove va e come possiamo affrontarlo») è «soprattutto su quanto è successo dopo, ovvero
come la
Norvegia ha combattuto per la democrazia diventando una fonte di ispirazione
per tutti noi». Una scena del film © Biennale Cinema 2018
Ne è venuto fuori un ottimo prodotto, raffreddato (esemplare la prima parte destinata alla preparazione maniacale e tutta giocata sui primi piani del criminale, cui Anders Danielsen Lie presta il suo volto perfetto nellincarnare la banalità del male), ben strutturato, dal ritmo narrativo sempre teso ma forse un tantino didascalico nella nobiltà esplicita degli intenti, egregiamente incarnati dai due personaggi-pilota della risposta civile della società alla barbarie: il pensoso Jonas Strand Gavli, interprete rappresentativo della resilienza di una società sana e forte che sa reagire al male e contrastarlo rispettando i propri valori, e il coraggioso Jon Øigarden che, pur nellorrore del crimine, accetta di difendere lassassino per ribadire il diritto di ognuno alla difesa.
* Professore ordinario di Storia dello spettacolo presso l'Università di Firenze
Impaginazione di Mani Naeimi, dottorando in Storia dello Spettacolo presso l'Università di Firenze
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