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Una commedia nel Far West

di Stella Scabelli
  The Sisters Brothers
Data di pubblicazione su web 11/09/2018  

Le avventure dei fratelli Sisters (tratte dal romanzo di Patrick deWitt) si collocano al crepuscolo dell’epoca della conquista dell’Ovest, nell’Oregon del 1850. La cosiddetta “civiltà”, sotto forma di spazzolini da denti e comodità varie, è in corsa verso le terre sconfinate d’America. Il binomio desiderio di stabilità e smania d’avventura domina questo western dalla portata comica, o meglio questa commedia che si veste da western e gioca su figure imperfette e goffe. 
   
I fratelli sicari, alle dipendenze del potente Commodoro, partono alla ricerca di Herman Warm, inseguito dal loro potente capo per ragioni apparentemente ignote. A precederli un altro cowboy: John Morris, che ha il compito di scovare Warm e trattenerlo finché i due abili pistoleri non lo raggiungono. Warm, che si rivela un abile chimico inventore di una prodigiosa formula segreta, riesce a coinvolgere dapprima Morris, poi anche i Sisters, in un ardito progetto.  


Una scena del film
© Biennale Cinema 2018
 
I due fratelli compagni di viaggio sono personaggi cinici ma anche ingenui, un po’ sciocchi e volgari eppure buffi e sensibili: insomma un campionario di qualità che ammicca al pubblico con una (forse un po’ superficiale) rivisitazione dell’eroe western archetipico. Eli (un unanimemente apprezzato John C. Reilly), stufo delle corse infinite verso il pericolo e desideroso di stabilità, “accudisce” il fratello Charlie (Joaquin Phoenix), fragile e incosciente, che tenta di azzittire nell’alcol i fantasmi dei propri traumi. In questa missione tra i due si stabilisce un inedito confronto sempre più sincero, finché l’amicizia con l’altra, speculare coppia di avventurieri (Warm-Morris) non porta alla luce tutte le questioni più intime che li hanno tormentati nei lunghi anni di scorribande condivise. In questo momento il film prende improvvisamente una direzione nuova e i segmenti narrativi non paiono del tutto coerenti e coesi.   
 
Jacques Audiard riprende il discorso a lui caro sulla violenza, qui intesa come strumento per tacitare gli incubi del passato. Strettamente legati a questo tema sono la narrazione delle dinamiche dell’amore fraterno e amicale, la condanna della cupidigia, l’utopia che s’infrange nel caos della realtà. Eppure la sensazione è che i momenti drammatici siano, alla stregua di quelli comici, al servizio di una pura forma di intrattenimento, anche abbastanza prevedibile.  


Una scena del film
© Biennale Cinema 2018
 
L’originalità di Audiard sta forse nel modo inedito con cui affronta la violenza: ossia la capacità di mettere in scena la brutalità senza mostrarla. Il regista francese sembra negare i momenti clou delle battaglie, “oscurandoli” con diversi espedienti. Egli si attarda sui “risultati” degli scontri: ci racconta i conflitti attraverso il momento della resa.   
 
The Sisters Brothers, Leone d’Argento per la Migliore Regia alla Mostra del Cinema di Venezia, è tutto sommato un buddy film in cui i siparietti umoristici da una parte e i confronti drammatici dall’altra tentano invano di dare consistenza a una struttura convenzionale e senza una direzione precisa. Audiard pare incapace di condurre il film su binari rigorosi e significativi, nonché di proporre qualcosa di veramente nuovo.   
 
Per di più, il film approda a un finale decisamente “sdolcinato”: un’autentica apologia della semplicità.



The Sisters Brothers
cast cast & credits
 



La locandina
 
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