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Memorie di corpi onnivori

di Gabriella Gori
  Radical Vitality, Solos and Duets
Data di pubblicazione su web 16/07/2018  

Marie Chouinard, direttrice della Biennale Danza di Venezia, per questa dodicesima edizione del Festival Internazionale di Danza Contemporanea si è ritagliata uno spazio suo con Radical Vitality, Solos and Duets. Una crestomazia coreografica attraverso la quale l’artista canadese presenta una “nuova versione-rework” dei suoi lavori per celebrare il quarantennale di attività della Compagnie Marie Chouinard e proseguire il percorso iniziato lo scorso anno.

Uno spettacolo formato da trenta pezzi tra soli e duetti come modalità compositiva privilegiata, estrapolati da creazioni più complesse e messi in scena in prima assoluta al Teatro Piccolo Arsenale dai danzatori della compagnia. Un manipolo di dieci bravi e motivati ballerini che si fanno interpreti del lavoro sul corpo fatto dalla loro fondatrice. Lavoro che ha alla base l’idea e la reificazione fisica di una danza onnivora che si nutre di tutti i linguaggi e gli stili orchestici e si serve anche di “correlativi oggettivi”: ovvero di oggetti di scena ideati dalla stessa Chouinard con i quali il “segno coreografico” si carica di ulteriori significati allegorici. 



Un momento dello spettacolo
© Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù

Assistere a questa auto “retrospettiva chouinardiana” consente di osservare il dispiegarsi della poetica dell’artista canadese dal 1979 a oggi ritrovandovi estratti di creazioni già viste nelle precedenti edizioni della Biennale; tuttavia il numero dei brani e il ritmo con cui vengono proposti portano a una eccessiva frammentarietà non sempre facile da seguire. 

Proprio la profusione dei pezzi impone di trovare delle linee guida per individuare delle costanti nei moduli del solo e del duo in un palcoscenico animato dalla forte presenza dei danzatori. Danzatori con indosso costumi disegnati dalla stessa coreografa, da Liz Vandal e da Louis Montpetit, accompagnati dalle musiche di Louis Dufort, Frédéric Chopin, Charles Santos, Rober Racine, nonché da spartiti vocali e suoni ancora di Chouinard. Autrice quest’ultima anche delle luci, delle video proiezioni e dell’essenziale impianto scenografico. 

E dopo il Prologo A e B – il primo un solo davanti al Teatro Piccolo Arsenale, il secondo in sala – la danza oggettuale di Marie Chouinard appare in Royal Bell (2008) su musica di Dufort, dall’Orpheus and Eurydice, con Carol Prieur tutta in oro che mima l’inserimento di una campana in vagina per poi, scuotendosi tutta, farla uscire dalla bocca. E ancora: il corpo è protagonista nella Petite danse sans nome (1980) in cui Catherine Dagenails-Savard urina provocatoriamente in un secchio mostrando un perfetto equilibrio in second position. 



Un momento dello spettacolo
© Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù

In Sunday Morning, May 1955 (1979), Sébastien Cossette-Masse balla al suono delle campane, mentre in A Few Ways to Quietly Make My Way to (1980) Dagenails-Savard, in nero e come cieca, compie una serie di movimenti lenti sulla musica di Dufort, flessuosi delle braccia e delle gambe di notevole impatto visivo. 

La danza onnivora della Chouinard trionfa in Earthquake in the Heartchakra (1984) su musica di Charles Santos, con la fagocitazione della danza accademica a opera di Morgane Le Tiec che trasforma le linee classiche in legati disarmonici e sincopati. 

Il furore iconoclastico continua in Last Part (2001), musica di Dufort ancora con Carol Prieur la quale, calzando stranianti scarpe da tip tap, si esibisce in una coinvolgente danza sinusoidale e distonica che riecheggia la Morte del cigno di Saint-Saëns

Davvero sorprendente è S.T.A.B (Space, Time and Beyond, 1986) con Motrya Kozbur. Un solo demoniaco e luciferino con una enorme coda tentacolare che parte dalla testa e avvolge la ballerina costringendola a un movimento strisciante, fino a quando l’accensione virtuale delle fiamme dell’Inferno la porta via. Sempre lei è la protagonista di Visage (2001-2018), musica di Dufort: circondata da un cerchio di luce, la danzatrice si concentra sulla respirazione diaframmatica. Mentre su Scott McCabe in No Arms Solo (1991) cadono fiocchi di neve che si trasformano in una camicia di forza. 



Un momento dello spettacolo
© Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù

In Paideia Duet (1991) il duo Sacha Ouellette-Deguire e Carol Prieur salta a turno ed emette suoni gutturali intervallati da profondi respiri; in Solo (2000), musica di Dufort, il trio Scott McCabe, Clémentine Schindler e Sébastien Cossette-Masse esegue individualmente variazioni singole come studi di movimento; in Swing Duet (1999), sui Preludes di Chopin, Ouellette-Deguire introduce Clémentine che, sulle punte, si cimenta in anticlassici fouettés. Nella penombra di Ghost Duet (2010-2012), su note di Dufort, McCabe e Valeria Galluccio inscenano un rapporto sessuale. 

Hand Duet (2001-2018) con Galluccio e Kozbur resta impresso per il gioco delle mani e delle dita proiettato in tempo reale su un enorme schermo; mentre in Cryin-Laughing duet (2010), ancora su musica di Dufort, Ouellette-Deguire e Dagenais-Savard, sempre in tempo reale, proiettano su un video le smorfie di un volto in primo piano. 



Un momento dello spettacolo
© Courtesy of La Biennale di Venezia - foto di A. Avezzù

In Ouch! Duet e Whale and Three times gould e Saint-Sébastien i protagonisti Sébastien Cossette-Masse, Morgane Le Tiec, McCabe, Dagenais-Savard e Kozbur ballano con dei tutori richiamando Body Remix/Goldberg Variations (2005). 

Infine due pezzi musicalmente “dufortiani” riuniscono l’intera Compagnia con The Ladies’ Crossing (2010) in cui tutti indossano volti di cartapesta di vecchie signore,e ballano come John Travolta ne La febbre del sabato sera. Nel Finale (2010) i volti sono quelli di bambini paffutelli e sorridenti. 

Danza oggettuale e onnivora quella di Marie Chouinard per un’edizione della Biennale che resta un punto di riferimento internazionale anche nell’assegnare i suoi prestigiosi riconoscimenti. In questo 2018 il Leone d’Oro alla carriera è andato alla dancemaker americana Meg Stuart e il Leone d’Argento alla coreografa capoverdiana Marlene Montenero Freitas.




Radical Vitality, Solos and Duets
cast cast & credits
 



Un momento dello spettacolo visto al Teatro Piccolo Arsenale nell'ambito della Biennale Danza 2018
                                                    
© Courtesy of La Biennale di Venezia - 
foto di A. Avezzù


 
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