Mikhail
Baryshnikov nasce
a Riga il 27 gennaio del 1948. Ballerino, coreografo, attore e fotografo, è
considerato uno dei più grandi interpreti della storia della danza.
Comincia
i suoi studi coreutici a Riga nel 1960, alletà di 12 anni, e nel 1964 è
ammesso alla prestigiosa “Accademia di danza Vaganova” del Balletto Kirov, a
Leningrado. Tra i suoi maestri va ricordato Aleksander Pushkin, sotto la cui guida Baryshnikov trionfa al
prestigioso concorso di Varna (1966), aggiudicandosi la medaglia doro. Nel
1967 entra nella Compagnia, diventandone solista. Nel 1969 alletà di 21 anni
vince la medaglia doro al Concorso Internazionale di Mosca con lassolo tratto
da La Bayadère, acquistando notorietà
planetaria. Tra le sue prime prove ricordiamo il Passo a due dei Contadini in Giselle,
linterpretazione di Basilio in Don
Chisciotte (uno dei ruoli che lo renderà famoso nel mondo) e le
straordinarie esibizioni con Natalia
Makarova, sia nel repertorio classico che in quello moderno. Ben presto le
sue esibizioni al Kirov rivelano una sensibilità personalissima capace di
aprire vie nuove alla danza e stimolano molti coreografi a creare per lui nuovi
balletti. Oleg Vinogradov, Konstantin Sergeyev, Igor Tchernichov lavorano a inedite aperture,
in particolare Leonid Yakobson che
nel 1969 gli aveva già dedicato Vestris,
assolo in sette episodi che gli era valso il premio Nijinsky dellAcadémie de
Danse di Parigi.
Nel
1974, durante una tournée in Canada con il Bolshoi, chiede asilo politico a
Toronto; la sua prima performance
pubblica dopo la fuga dallUnione Sovietica è con il National Ballet of Canada
ne La Sylphide.
Dal
1974 al 1979 è primo ballerino dellAmerican Ballet Theatre di New York, dove
interpreta accanto a Gelsey Kirkland
e Natalia Makarova i grandi balletti del repertorio classico, fra cui Giselle, Lo Schiaccianoci, Don
Chisciotte, Cenerentola e Le Spectre de la Rose. Apprezzato
parimenti nelle creazioni moderne, come Medea
di John Butler con Carla Fracci (1975), e Other dances di Jerome Robbins con
Natalia Makarova (1976). Nel 1978 entra nel New York City Ballet di George
Balanchine e Lincoln Kirstein; debutta con la compagnia come interprete di Franz
in Coppélia. Nel 1979 danza in due lavori di Balanchine: La Sonnambula e la rivisitazione (dello stesso Balanchine) di Apollo (da Apollon Musagète). Dopo questa breve parentesi, nel 1980
Baryshnikov ritorna allAmerican Ballet, per ricoprire il duplice ruolo di
primo ballerino e di direttore artistico, posizione che manterrà per dieci
anni. Gli anni newyorkesi sono straordinariamente ricchi e mettono in luce,
oltre al grande talento, una versatilità prodigiosa che lo vedrà sperimentare i
generi di danza più vari. Sono gli anni dei lavori firmati da Merce Cunningham e Erick Hawkins e della collaborazione con Liza Minnelli nello spettacolo televisivo Baryshnikov on Broadway (1980). Danzatore di pura matrice
accademica Barishnikov è qui un perfetto interprete di questo lavoro che indaga
il mondo del musical.
Da
ricordare anche Push comes to Shove e
Once More, Frank (1976), ideati per
lui da Twyla Tharp, una delle più
talentuose coreografe contemporanee; creazione che mette in luce le sfumature
più ampie e insondate della sua poliedrica personalità: la forza, leleganza e
il virtuosismo tecnico del repertorio classico, ma anche lironia, la libertà e
la contaminazione stilistica caratteristiche del repertorio moderno.
La
coreografia entra tra i suoi banchi di prova, con esiti di grande rilievo quali
la personale versione de Lo Schiaccianoci
(1977) con Gelsey Kirkland, e, a fianco di Cynthia
Harvey, la reinterpretazione del Don
Chisciotte (1983), percepita immediatamente come un capolavoro. Continua la
sua collaborazione con Roland Petit
che gli aveva dedicato la prima versione de La
Dame de Pique nel 1978. Nel 1980 il coreografo francese crea per lui e Zizi Jeanmaire il nuovo allestimento di
Carmen; per il film White Nights, di cui Baryshnikov è
assoluto protagonista, rivedrà parimenti la coreografia di Le Jeune Homme et la Mort (1946), già riadattata da Baryshnikov nel
1975 per lAmerican Ballet.
Mai
stanco di sperimentare nuove possibilità artistiche, Baryshnikov si era quindi
già messo alla prova anche in campo cinematografico. Si ricordano i film The Turning Point (1977) di Herbert Ross, per il quale riceve la
nomination allOscar; il già citato White
Nights (1985) di Taylor Hackford
con coreografie di Twyla Tharp; Company
Businnes (1991) di Nicholas Meyer.
Nel cortometraggio Baryshnikov in
Hollywood (1982) il ballerino “incontra” alcuni fra i più importanti
protagonisti di Hollywood (fra cui Gene
Wilder, Shirley MacLaine, Orson Welles) durante una immaginaria
giornata passata negli studios.
Nel
1986 viene naturalizzato cittadino statunitense e nel 1989 debutta in teatro, a
Broadway, nellopera Metamorphosis,
adattamento di Steven Berkoff dal
racconto di Kafka, ottenendo ottime
recensioni e una nomina come miglior interprete. Nel 2004, sempre per il
teatro, recita in Forbidden Christmas or
The Doctor And The Patient di Rezo
Gabriadze al Lincoln Center di New York; nel 2007 in Beckett Shorts di JoAnne
Akalaitis al New York Theatre Workshop; nel 2012 in In Paris di Dmitry Krymov al
Santa Monica College Performing Arts Center; nel 2013 nelladattamento di Annie-B Parson e Paul Lazar di Man in a Case
di Anton Cechov, allHartford Stage;
lo stesso anno insieme a Willem Dafoe
è diretto da Robert Wilson in The Old Woman, tratto dalle opere
dellautore russo Daniil Kharms; nel
2016, sempre con Robert Wilson, interpreta Letter
to a Man, basato sugli scritti autobiografici di Vaslav Nijinsky.
Intanto
nel 1990 è entrato definitivamente nel mondo della modern dance fondando con Mark
Morris il “White Oak Dance Project”. Di questo piccolo gruppo è direttore
artistico fino al 2002, lavorando con maestri affermati quali Martha Graham, José Limòn e Merce
Cunningham ma anche commissionando creazioni originali allo stesso Morris,
alla Tharp e ad altri coreografi contemporanei, sulla via di una sempre più
decisa sperimentazione.
Accanto
alla sperimentazione si era già rivelata una generosa attitudine didattica con
la fondazione nel 1979 della “Baryshnikov Dance Foundation” (BDF), che
confluirà nel 2005 nel “Baryshnikov Arts Center” (BAC), aperto a tutti gli
artisti indipendenti con sede a New York (www.bacnyc.org).
Il
Centro si configura, nellottica del fondatore, come un laboratorio artistico
multidisciplinare che ospita progetti internazionali, performances di musica, danza, teatro, residenze dartista e
progetti con le scuole. Attraverso queste attività Baryshnikov promuove la
formazione e la trasmissione del sapere. In linea con questa tendenza di
storicizzazione, nel 2011 il ballerino ha donato alla New York Public Library il
fondo “Mikhail Baryshnikov Archive”, miniera di documenti relativi allintera
sua attività artistica, dal 1960 al 2010. Nel 2013 parte della sua raccolta
privata, consistente in 70 fra disegni e dipinti da lui collezionati a partire
dagli anni Settanta, è confluita nel BAC.
Nel
2015 ha debuttato al New Riga Theatre con la regia del lettone Alvis Hermanis in Brodsky/Baryshnikov, che sarà in scena per i fiorentini al Teatro
del Maggio; lo spettacolo lo ha riavvicinato alla terra dorigine della quale
ha ricevuto nel 2017 la cittadinanza onoraria per il suo contributo alla
diffusione internazionale della cultura del suo paese.
Fra
gli innumerevoli riconoscimenti si segnalano: Academy Award Nomination “Best
Supporting Actor” per The Turning Point
di Herbert Ross (1977); Chubb
Fellowship, Yale University (1979); Commonwealth Award (2000); Kennedy Center
Honors (2000); Jerome Robbins Award (2004); National Medal of Arts (2005);
Ufficiale della Legion donore francese (2010); Vilcek Award (2012); Praemium
Imperiale International Arts Award della Japan Art Association per il teatro e
per il cinema (2017).
Quella
che ho brevemente riassunto non è la biografia di una sola persona: riassume
più vite, più epoche, allinsegna del continuo movimento, della ricerca, dellinnovazione,
in una sorta di moto perpetuo che mette in costante dialogo il corpo con la
mente.
Non
è solo perché è sommo artista, universale come auspicavano gli artisti del
Rinascimento, che ci onoriamo di laureare in questaula Mikhail Baryshnikov. È
anche per la lezione di rigore applicata ad una curiosità inesausta, per il
coraggio con cui ha sempre esercitato il cambiamento, per la “mente scientifica”
con cui ha esplorato le possibilità del suo corpo, magnifico strumento al
servizio della sua arte. La sua intelligenza ha applicato al suo corpo i
principi della scienza sperimentale, quel “provando e riprovando” della
galileiana Accademia del Cimento che mette lo scienziato a conoscenza e
controllo dei suoi mezzi di indagine e lartista a conoscenza e controllo dei
suoi mezzi fisici. Metafisica del corpo, lha definita Joseph Brodsky. Ci permettiamo di dissentire dal grande scrittore:
quella di Baryshnikov è scienza del corpo, dominio espressivo radicato
nellesperienza, nella somma delle esperienze, dalle quali non si stacca mai e
proprio per questo raggiunge risultati sublimi. È la lezione del grande maestro
Aleksander Pushkin negli anni lontani dellAccademia Vaganova, la lezione mai
dimenticata di questuomo «senza niente di speciale, un uomo molto tranquillo,
una figura paterna» di cui ha sempre ricordato, più che linsegnamento
tecnico-espressivo, il rispetto per il lavoro e la fatica, lallenamento
giornaliero, la routine giornaliera della classe, quasi sempre noiosa e
stancante. «Il problema non è fare […]: è riuscire ad essere padroni di se
stessi; non importa chi ti sta insegnando, chi è il tuo partner […], tu devi essere padrone della tua mente»
(Baryshnikov: the Dancer and the Dance,
London Weekend Television, 1983, traduzione mia). Quella mente che ha sempre
diretto il corpo e lo ha reso materia della sua sperimentazione con
lintelligenza esatta dei propri strumenti.
Grazie
alla sua mente strutturata e curiosa non si è mai perso in translation ma ha sempre misurato le differenze, in un processo di
contaminazione fertile distribuita nel tempo. La misurazione delle differenze
gli ha consentito di negoziare la nostalgia con lentusiasmo, di mettersi in
relazione con pubblici diversi, di adeguare il materiale della sua costruzione
artistica, cioè il suo corpo, al tempo, producendo, in questo cammino, un
continuo scarto rispetto alle attese. Lo laureiamo quindi non solo per la sua
grandezza ma per la lezione di metodo che conforta il nostro compito di docenti
e ricercatori.
Si
può essere leggenda in due modi: morire presto o vincere il tempo nella sua
durata. Per noi storici dello Spettacolo la sua scelta, caro Mikhail, è stata
di gran lunga la migliore: ci ha permesso di attraversare più di mezzo secolo
di storia artistica e ci consente oggi di laureare un giovane che ancora molto
avrà da dirci, un giovane che ci riserverà ancora molte sorprese.
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