Con Il
mercato della carne
va in scena, al teatro Goldoni di Firenze, il primo lavoro pubblico
della Scuola di Formazione del Mestiere dellAttore “LOltrarno”,
accademia del Teatro della Toscana. Gli studenti hanno presentato i
frutti del loro lavoro confrontandosi con le esigenze specifiche di
una platea di appassionati ed estimatori. Dopo un training
intensivo cui hanno contribuito docenti di fama internazionale,
giunti al terzo e ultimo anno di formazione i giovani interpreti
hanno debuttato con unopera appositamente scritta per loro da
Bruno
Fornasari.
La pièce,
liberamente tratta da I
bassifondi
di Maksim
Gorkij,
rende alla perfezione il clima di ansia, angoscia e smarrimento delle
giovani generazioni dei nostri giorni. Lambientazione in un
ufficio di collocamento condensa la mancanza di certezze, la fame di
lavoro e la carenza di umanità nella spasmodica ricerca quotidiana
di unoccupazione e di una fantomatica indipendenza economica e
sociale.
Lo spettacolo
ricalca lambientazione degradante di Gorkij, traslando il
dormitorio di fine Ottocento nella sala dattesa di un centro per
limpiego qualunque. Impera tra i tanti disperati la logica del
caporalato, secondo cui chi è apparentemente più forte sovrasta il
più debole. Alcolismo e depressione regolano i rapporti, nello
sconcerto e nellaccettazione rassegnata di tutti. La vendita del
proprio corpo, del proprio tempo e dei propri sentimenti, in nome di
un impiego immaginario, sono piaghe reali. Le uniche (illusorie)
evasioni vengono offerte dalle virtuali esistenze create dai “filtri”
degli smartphone.
Il
regista Juan
Carlos Martel Bayod
ha lavorato abilmente con il materiale umano
a sua disposizione, dirigendo con sensibilità le predisposizioni dei
singoli a vantaggio del lavoro di gruppo. I giovani attori Sara
Bosi,
Lorenzo
Carcasci,
Cecilia
Casini,
Giacomo
Coen,
Maria
Costanza Dolce,
Camille
Dugay,
Maziar
Firouzi,
Giulia
Lanzilotto,
Luca
Massaro,
Stefano
Parrinello,
Giovanni
Toscano
non fanno altro che interpretare loro stessi, accentuando i propri
vizi e le proprie movenze, non abbandonando le inflessioni dialettali
dorigine. Anche i nomi dei personaggi corrispondono ai nomignoli
degli interpreti: Sara, Lore (Caporale), Ceci, Giaco, Costa, Cami,
Mazi, Giulia (Silicon Valley), Luca, Stefa, Giova. Il regista è
riuscito a concertare al meglio le esuberanti personalità dei
ragazzi, creando un quadro dinsieme dinamico e convincente. La
giustapposizione di caratteri molto diversi, il clima canzonatorio e
beffardo, lo slang
duro
e crudo ricordano allo spettatore che gli interpreti hanno varcato da
poco la soglia dei ventanni. Il linguaggio forte rispecchia anche
il degrado progressivo dellessere umano e delle relazioni
interpersonali, in un fluido mescolarsi di rapporti di potere e di
sfruttamento. Una spasmodica ricerca di attenzioni, una lotta
“allultimo sangue” per accaparrarsi non un posto, ma almeno la
possibilità di un colloquio.
Allinterno del
variegato gruppo di attori spiccano le interpretazioni dellubriacone
Luca (Luca Massaro), laureato in Scienze politiche, che con le sue
tirate forbite strappa non poche risate al pubblico, e la finta
alterigia, che maschera una profonda fragilità, del Caporale Lore
(Lorenzo Carcasci), lunico a sostenere, con scarsissimi risultati,
un colloquio di lavoro.
La scenografia
riesce a restituire il clima di oppressione e chiusura entro cui
agiscono gli interpreti. Il palcoscenico del Teatro Goldoni è
imprigionato in una scatola ottica di un bianco ospedaliero che,
rimpicciolendo il quadro scenico, toglie laria e concentra lo
sguardo dello spettatore. Gli attori sfruttano tutto lo spazio
teatrale, recitando in platea e muovendosi liberamente sulla doppia
scala che la collega al palcoscenico. Pochissimi oggetti compongono
la scena: un distributore per lacqua, cestini per la raccolta
differenziata, piante finte e sedie di plastica. Lo sfondo viene
usato per la proiezione di riprese video, effettuate in diretta dagli
attori attraverso uno smartphone o una telecamera.
Ai piedi del
palcoscenico è sistemato un pianista (Samuele
Strufaldi)
che dal vivo realizza le musiche e gli effetti sonori. Gli attori,
durante i cambi di scena, cantano i brani eseguiti al pianoforte,
mentre spostano gli oggetti per preparare lazione successiva: un
espediente che, se serve a esibire laddestramento canoro dei
ragazzi, è scollegato al resto del lavoro e risulta, pertanto, poco
convincente.
In
un mercato saturo e sovraffollato è aperta la caccia per
accaparrarsi
una vetrina più luminosa, un banco meglio attrezzato, nella
recondita speranza di abbandonare la miseria della lotta quotidiana.
Più che di un Mercato
della carne
si può parlare di un “tritacarne”, cui sono sottoposti molti
giovani tra i diciotto e i trentacinque anni. Gli allievi
dellOltrarno si mostrano in un selfie
autentico della disperazione delloggi. Una trasposizione “felice”
che getta i giovani attori nel calderone della professione attoriale.
Nel finale una
speranza viene comunque lasciata. Una delle risposte ai quesiti
proposti agli aspiranti lavoratori
è: Ğalmeno una vita ha sensoğ. Di chi sia quella vita non è dato
saperlo.
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