Un
carro trainato a braccia su una pedana circolare al centro della
scena brechtiana di Gian
Franco Padovani
per la Madre
Coraggio
di Lina
Volonghi:
quel carro si è fermato definitivamente, il girevole non gira più,
le luci di scena si sono spente il 28 gennaio 2018, a Cortona.
Gian
Franco Padovani era nato a Venezia nel 1928, ma aveva studiato
allAccademia di Belle Arti di Brera, abitando allinterno della
stazione centrale di Milano, nellalloggio riservato al direttore,
suo padre. Aveva assistito alla gogna di Piazzale Loreto di cui
conservava un ricordo indelebile. Dopo il diploma in scenografia,
conseguito nel 1950, aveva partecipato allavventura del Carrozzone
di Fantasio Piccoli al Teatro Stabile di Bolzano, dove era rimasto
sino al 1955, per passare poi al Teatro Stabile di Trieste. Ed è lì
che avviene lincontro con Luigi
Squarzina.
Lo Stabile triestino mette in scena Tre
quarti di luna,
con le scene di Padovani; Squarzina, autore della pièce,
che è appena stato chiamato da Ivo Chiesa a co-dirigere il Teatro
Stabile di Genova, invita lo scenografo, insieme con due giovani
attori, Margherita
Guzzinati
e Omero
Antonutti,
a lasciare Trieste per trasferirsi a Genova.
Il
debutto allo Stabile genovese avviene con uno spettacolo esemplare: I
due gemelli veneziani,
protagonista uno strepitoso Alberto
Lionello
(Squarzina ebbe a definirlo un attore «immenso»). Per quello
spettacolo, ambientato a Verona, Padovani immagina una scena
evocativa dellatmosfera della città scaligera che, con quelle
palafitte montate sul palcoscenico e la ruota di un mulino che si
staglia davanti al fondale, sembra fondere le acque dellAdige con
la memoria della città lagunare, trasmettendo la quintessenza della
teatralità goldoniana. È solo il primo di una fortunata stagione di
allestimenti goldoniani, firmati da Squarzina e Padovani che, oltre
alle scene, disegna anche i costumi per la più bella compagnia
goldoniana di quegli anni comprendente una schiera di attori
affiatati, alcuni veneti per davvero, altri che lo divennero per
elezione: Lina
Volonghi
e Lucilla
Morlacchi,
la citata Guzzinati e Grazia
Maria Spina,
Esmeralda
Ruspoli
e Elsa
Vazzoler,
Wanda
Benedetti
e Toni
Barpi,
il già menzionato Antonutti ed Eros
Pagni,
Giancarlo
Zanetti
e Giampiero
Bianchi,
Sebastiano
Tringali
e Gianni
Fenzi
(anche storico regista assistente di Squarzina), Gianni
Galavotti
e Camillo
Milli,
Sebastiano
Tringali
e Alvise
Battain,
senza dimenticare quel grande caratterista che è stato Enrico
Ardizzone.
Seguono Una
delle ultime sere di carnovale (1968,
cui collaborò in veste di drammaturgo
Ludovico
Zorzi,
che ne ha fissato il ricordo nel saggio Les
Adieux,
I
rusteghi
(1969) e La
casa nova (1973).
Tre spettacoli che, secondo Siro
Ferrone,
fecero avanzare la riflessione critica su Goldoni
intorno a due temi principali: la critica alla borghesia e
lautobiografismo.
Gli
anni genovesi, che comprendono altri allestimenti memorabili, da La
coscienza di Zeno di
Tullio
Kezich
da Svevo
(1964, condensato scenografico del ricordo dellamata Trieste) al
Tartufo
di
Molière-Bulgakov
(1971), coincidono con la stagione della maturità di Squarzina e
costituiscono, al tempo stesso, letà delloro del Teatro
Stabile di Genova che Padovani lascia nel 1987 per raggiungere al
Teatro di Roma Squarzina che ne aveva assunta la direzione. Nel
frattempo intensifica le collaborazioni con le maggiori compagnie di
prosa, sino alle scene di In
principio era il trio
(1990) di Lopez-Marchesini-Solenghi
per i quali aveva già realizzato scene e costumi per ledizione
televisiva dei Promessi
sposi
interpretati in chiave umoristica dal Trio.
Per
la Rai Padovani lavorava già dai primi anni 60,
e superano trenta i titoli cui ha collaborato. «Tutto quello che
sapevo sul costume teatrale lho dovuto
rivedere e adattare al mezzo televisivo; ai tessuti bianchi facevamo
sempre dei bagni nel tè molto diluito per ottenere un color panna
che la camera leggeva come bianco. Ma il maggior apporto luminoso
richiesto dai set ha comportato anche una diversa e più accurata
scelta dei materiali impiegati per la loro costruzione» (Omaggio
a Gian Franco Padovani scenografo e costumista,
catalogo della mostra a cura di Eleonora Sandrelli [Cortona, 9
novembre 2008-6 gennaio 2009], Cortona, Comune di Cortona, 2008,
pp. 49-50).
Non
meno ricca la sua produzione lirica. Dal 1992 al 2001 è direttore
degli allestimenti scenici al nuovo Teatro Carlo Felice di Genova, e
dal 2001 al 2003 ricopre lo stesso incarico allArena di Verona.
Oltre
allindubbio talento, ha contribuito alla sua ricca carriera
professionale anche il suo carattere, sempre incline al sorriso:
«ottimista, spiritoso, generoso» lo ha definito Squarzina, legato a
lui da un sodalizio durato tutta una vita (Oedipus
Rex
di Stravinsky
al Teatro dellOpera di Roma nel 2005 è lultimo spettacolo che
li ha visti insieme). Significativa la testimonianza rilasciata da
Sergio
Fantoni
nel 2008, in occasione della mostra realizzata a Cortona per i suoi
ottantanni: «per
mia fortuna io, di Gian Franco, ho conosciuto, molti anni fa, prima
le qualità umane e solo più tardi quelle artistiche. E questo in un
ambiente, quello teatrale, che per come è organizzato non lascia
troppo spazio ai rapporti di amicizia, sballottati come siamo di qua
e di là, rappresenta uneccezione».
Alieno
da ogni protagonismo, amava definirsi uno scenotecnico, inteso come
tecnico della scena.
«Guai se qualcuno esce dallo spettacolo dicendo “Che bella
scenografia”, significa che lo si è prevaricato. È troppo facile
fare una bella scenografia, il difficile è fare un buon appoggio,
una scena pertinente a quello che viene rappresentato. Se questo vale
in teatro è ancor più vero nella lirica. Lo stazione dellopera
lirica è immenso e quindi è difficile creare una scenografia,
questo vasto spazio va riempito
e per farlo servono tanto pudore e rispetto per gli attori e per
lopera stessa» (ivi,
p. 43).
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