Dopo
i successi con Luomo la Bestia e la
Virtù nel 1976 e Sei personaggi in
cerca dautore nel 2002, Carlo
Cecchi ha diretto e interpretato per la terza volta un testo di Luigi Pirandello. La riproposizione di
un grande classico è sempre un rischio, ma di queste prove Cecchi sembra ormai essere
il “decano”. Di un dramma difficile e abusato come lEnrico IV lattore-regista fiorentino riesce con tocco brillante a mettere
in scena storia e potenza espressiva, mantenendosi sempre su toni leggeri.
Nella
lettura di Cecchi la pazzia è una scelta (maschera apposta al protagonista dalla società e dallo stesso
Pirandello); il teatro è la vera motivazione che lo induce a trincerarsi nella
sua follia. Lhumor pirandelliano è raddoppiato
da quello del regista che si rivolge anche al pubblico, subito ammonito dal
diligente Landolfo (uno dei consiglieri pagati per mantenere viva la finzione)
che cita testo alla mano le parole dellautore tradite dallattore.
Un momento dello spettacolo © Matteo Delbò
Alle
due dimensioni imposte dalla trama Cecchi ne aggiunge unaltra, mettendo in
scena un “multiverso” metateatrale composto da piani narrativi sovrapposti: la pièce messa in scena dalla compagnia, la
vicenda del protagonista impazzito, assecondato da amici e parenti, e la
fantasia teatrale dello stesso che si crede (o finge di credersi) limperatore Enrico
IV. Tutte e tre le dimensioni sono da subito evidenti.
Lintenzione
del regista-attore abbraccia lintero spettacolo e si ha limpressione che egli
muova come pedine o marionette tutti, presenti sulla scena e non. I monologhi
del protagonista sono tagliati senza penalizzare la drammaturgia; ogni
componente della troupe, formata sia da attrici affermate come Angelica Ippolito (la Marchesa Matilde
Spina) sia da giovani promesse, ha così il suo spazio.
Un momento dello spettacolo © Matteo Delbò
In
un clima che ricorda le prove della scalcagnata compagnia di comici in Uomo e galantuomo di Eduardo de Filippo, gli omaggi a uno
dei più importanti maestri del regista sono numerosi. La sensazione è
rafforzata dalla presenza della Ippolito e dalle svariate incursioni di Cecchi attore
nelle inflessioni eduardiane. Il Grande
Attore pirandelliano, si sa, fu Ruggero
Ruggeri per il quale fu scritto lEnrico
IV, come ricorda lautore-attore leggendone in scena frammenti epistolari;
il Grande Attore cui occhieggia lattore Cecchi è forse Eduardo? Come
Pirandello, Cecchi pone una serie di domande.
Il finale provoca la platea col tema dellopera tragicomica come la vita. Il
labile confine tra verità e finzione, realtà e teatro, tragedia e farsa.
Lomicidio di Belcredi avviene in pieno climax
verista sulle note finali di Cavalleria
Rusticana di Mascagni; è allora
che Cecchi rompe la finzione a sipario aperto: «Alzati! Domani cè unaltra
replica».
Un momento dello spettacolo © Matteo Delbò
Lo
spettacolo ha tenuto col fiato sospeso leterogeneo, numeroso pubblico del Teatro
della Pergola. Cecchi ci ha stupiti, divertiti e mossi a riflessione con
momenti di alto teatro. Grazie anche agli ottimi attori della compagnia: Angelica Ippolito, Gigio Morra, Roberto Trifirò,
Federico Brugnone, Davide Giordano, Dario Iubatti, Matteo Lai,
Chiara Mancuso, Remo Stella; agli sgargianti e fedeli costumi di Nanà Cecchi e alle scene di Sergio Tramonti.
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