Cè
troppa roba nel film del giovane e talentuoso Sebastiano Riso (catanese, teatrante, classe 1983, trasferito a
Roma e regista-sceneggiatore di Più buio di mezzanotte selezionato a
Cannes nella Semaine de la critique). Troppa roba che offusca il molto di buono
dellidea principale, sostenuta con bella disciplina da Patrick Bruel e bel vigore da Micaela
Ramazzotti. Il molto di buono si dipana dalla sequenza principale, in cui
un anonimo e abusato percorso della metropolitana di Roma tradisce
immediatamente dagli sguardi sordi di lui e dalla inquietudine di lei una
differenza dai promettenti sviluppi.
Ci
vogliono però inutili digressioni nel degrado urbano ed esistenziale per capire
che si tratta di una storia di dipendenza amorosa (ampiamente esibita in
innumeri e puntuali scene di sesso) innestata in un turpe mercato gestito da
lui e subìto con sempre maggior sofferenza e impotenti tentativi di ribellione
da lei. Siamo evidentemente nello sbando dellincultura di oggi, Roma è il
perfetto simbolo di una degradazione periferica dove la legge, prima di tutto
quella morale individuale ma anche quella istituzionale, ha lasciato da tempo
il posto a un più o meno ingegnoso fai da te. Larte di arrangiarsi è sempre
allaltezza dei tempi. E cosa possono fare questi due sbandati senza radici né
mestiere, né consistenza morale? Più redditizio e apparentemente meno rischioso
delle tradizionali pratiche di prostituzione e di spaccio si affaccia
lammodernamento di unantica consuetudine di cessione dei figli.
Ed
è proprio quello che fanno Maria e Vincent, definitivamente sradicati dalle
famiglie dorigine ma abbastanza ben inseriti in un sottobosco di relazioni al
limite della legalità: a saperli trovare non mancano certo i modi di aggirare
la legge, o di sostituirsi ad essa quando la legge non cè. E qui nascono i
primi segni di sovrabbondanza che il film accumula nel corso del suo
svolgimento e che rendono fastidiosa la gestione della vicenda quando gli
incontri dei protagonisti si ampliano in un catalogo di interlocutori privi di
qualunque spessore e messi lì con pura valenza dimostrativa (coppie etero
sterili, coppie gay tra cui pure il vecchio attore col tenero discepolo,
linevitabile medico corrotto che gestisce il traffico embrional-neonatale).
Poco più che macchiette, ma assai, assai ingombranti.
Una scena del film Come
ingombrantissima e del tutto inutile appare la vicenda adombrata nellincontro
di Vincent con una giovanissima borgatara sbandata pronta a divenire la
successiva preda nel momento in cui la prima, avviata su un percorso di
redenzione individuale, sarà pronta a rivendicare i suoi diritti di madre
sottraendo lultimo nato al suo destino di merce pregiata. Peccato perché
quando i due protagonisti vengono isolati dal mondo e la macchina da presa li
afferra fin nelle viscere la potenza del racconto si fa credibile e perde ogni
pretestuosa tendenziosità.
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