Certaldo, 15 luglio 2017
«Facendo del teatro povero e
poverissimo si possono distribuire grandi ricchezze: “Getta il tuo pane sulla
faccia dellacqua e dopo molto giorni lo ritroverai”»: così scriveva un habitué del festival, Guido Ceronetti, nel 1997, in occasione dei dieci anni di Mercantia («Teatro da
Quattro soldi», n. 2, 1997). In quel momento, il teatro off italiano si riconosceva e si identificava nelle piazze, per le
strade, nei vicoli di Certaldo. Si recitava (e si recita tuttora) a cappello,
modalità vecchia quanto il mondo, e vi si giungeva a invito. La sfida
consisteva (e consiste ancora) nel guadagnare lattenzione di un pubblico vero,
spontaneo e mobile, nel conquistarne lapplauso e la gratitudine, espressa in
moneta sonante. Occorrono perciò allattore una speciale presenza scenica e un
grande equilibrio, fondamentali per essere percepito e non cancellato dalla
folla (una media di spettatori fra le seimila e le ottomila per sera).
In un simile contesto, ciascun
performer deve possedere preliminarmente nervi dacciaio e concentrazione
assoluta: ha dinanzi a sé un pubblico quanto mai imprevedibile, libero, di
difficile cattura, che subisce il richiamo di un caleidoscopio di attrazioni
visive, uditive, quando non anche tattili. Uno spettatore nomade, al pari
dellartista che ha di fronte, non vincolato alle poltrone, spesso (ahi noi)
soporifere, del teatro ufficiale, che negli anni ha acquisito una sempre maggiore
consapevolezza dellatto performativo e che ha affinato il gusto (e non
soltanto – si spera – il palato, di questi poveri tempi sempre più esaltato da
ossessive attività masticatorie). È il grado altissimo di imprevedibilità del
fruitore che rende il teatro di strada unico e affascinante, tanto da far
parlare Amerigo Fontani (un Frate
Cipolla imbonitore e arringatore con megafono, che predica dallalto di una
casa, al quale fa da pendant il suo
omologo, Cesare Bardaro, frate
raccoglitore armato di forchettone con inequivocabile cipolla certaldese) di un contesto speciale nel quale
avviene «la rigenerazione dellarte attorica, svincolata da costrizioni
produttive che la legano a ripetizioni e a cliché».
Frate Cipolla alias Amerigo Fontani
Allinizio, dopo il varo del Manifesto del teatro da quattro soldi,
scritto da Andrea Mancini, si
accoglievano tutte le proposte artistiche, senza filtri apparenti. Poi, a
partire dal 1997, la direzione di
Alessandro Gigli ha iniziato a selezionare gli artisti in base alla qualità
e alla professionalità dei singoli e dei gruppi. Lintroduzione dei Giardini segreti, spazi cittadini
nascosti e protetti, riscoperti in funzione di regolari allestimenti, ha
ricalcato la via teatrale: una scelta che sin dallinizio ha distinto Mercantia da Ferrara Buskers, festival gemello per cronologia e
poetica, con un impianto originario più orientato verso la musica. In oltre un
quarto di secolo, al mutare dei tempi è inevitabilmente mutato il pubblico: si
conferma inalterata lattrazione dei giovani, che vi accorrono sempre
meno “frikkettoni”, ma sempre più collezionisti frenetici di immagini digitali.
Tra lartista e locchio dello spettatore la distanza è coperta ormai da
milioni di pixel: come ai concerti live e in qualsiasi altro evento che dir
si voglia, la retina legge dal video più che dal contatto diretto col reale,
reso bersaglio inerme di una pioggia luminosa di scatti, nuove lucciole
pasoliniane della notte.
Lumì alias Silvana Pirone
Uscendo dallimbarazzo della
scelta, chiunque si immerga nel fiume di folla che attraversa – come un corpo
collettivo – la centralissima via Boccaccio, non può non venir colpito da una
mirabolante fantasmagoria di immagini, suoni, colori in sincrono. Unantologia
di attrazioni lo attendono. Dopo limpatto sonoro con le festose street band e la delicatezza di figure
fiabesche, come Lumì (Silvana Pirone), la statuaria fata-mimo
dalle ali luminose, superato lincontro con il duo italo-tedesco Teatro
Schabernak (Angelika Georg e Joerg
Fischer), con la casa-fondale dalle quattro finestre uguali, alle quali si
affacciano maschere settecentesche con movimenti da carillon, chi riesca a conquistare il giardino di Palazzo pretorio
non può perdersi Los excéntricos. Lo straordinario trio franco-catalano,
formato da Marceline Kahn, Michel Didier Armbruster e José Ventura, regala unora di
divertimento assoluto e intelligente. The
melting pot purri!, spettacolo varato a Barcellona nel 2015, è un
meccanismo comico costruito ad arte da tre clown polistrumentisti (ma la
definizione è riduttiva), che qui disegnano unirresistibile drammaturgia di
teatro nel teatro. Una soubrette
(Kahn) trasformista, contenuta nei suoi eleganti gesti divistici, una «solista
dellautopista e femminista» – come dice una delle poche, efficaci e ironiche
battute –, che finisce per essere uccisa da uno schizzato pazzoide maestro di
musica (Ventura) perché stona una nota, e un incontenibile commentatore
clownesco (Armbruster), compiaciuto della sua risata contagiosa, con la quale
crea continue controscene e ritma e punteggia lo spettacolo dallinizio alla
fine. Come nella tradizione del miglior teatro comico, lei uscirà per levitazione dalla morte, mentre il maestro accompagnatore si rifarà trovando la nota
persa, dopo che in una esilarante scena boccaccesca, gli è nata una terza gamba.
Nella pièce altri protagonisti
si aggiungono: sono la concertina, il bandoneon, i campanacci di tutte le
dimensioni (suonati a tre con perizia rara), la chitarra, il pianoforte e
strumenti ibridi di pura invenzione (il violinotrompetta) e, come se tutto
questo non bastasse, le mani guantate e suonate. Tra scene surreali e comicità
di situazione, il gioco di Los excéntricos sembra un inveramento della
genialità chapliniana.
Il trio franco-catalano Los excéntricos
Lasciata di controvoglia la
clownerie del trio, ci si può far sorprendere dal quartetto di mimi Dekru,
proveniente da Kiev, che sfoderano un controllo fisico eccezionale, con il
quale disegnano situazioni moderne nello spettacolo Anime leggere. Sullo stesso palco, nel giardino del convento degli
Agostiniani, il pubblico si accalca da tre sere per gli Asante Kenya, quattro
atleti acrobati kenyoti, che saltano al ritmo di danza, mentre poco distante Irene Carrier (Uruguay) e Joaquín Caride (Argentina) della compagnia Clap Clap circo danno prove
esemplari di tecnica circense. Il quartetto di acrobati Asante Kenya
Ma ad aleggiare sulla festa, e
quasi a sovrastarla, questanno vi sono i giganteschi Saurus, macchine urbane degli olandesi Close Act: attrazione da
baraccone moderno, che con il loro stile
dark sfruttano un immaginario da videogioco, ben compensata dalla terragna
artigianalità del fuoco della Compagnia del Drago nero, must assoluto e immarcescibile di Mercantia.
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