Il
pubblico si è avvicinato con curiosità a questa edizione di Edipo, in programma alla Pergola di
Firenze tra l8 e il 13 novembre: certamente per il valore intrinseco di
unopera che racconta il percorso di un uomo alla ricerca della comprensione di
sé stesso, della verità ad ogni costo, anche a prezzo di grandi sofferenze, e della
sua lotta con il destino; ma anche per la possibilità di assistere allallestimento
a cura di Glauco Mauri, che già
aveva messo in scena questopera oltre venti anni or sono. E infine per vedere
come e perché si ri-legge e si ri-allestisce un classico ai giorni nostri, e
come i temi sempre attuali di Edipo si confrontino con i nostri tempi e il
nostro modo di fare teatro.
Mauri
aveva già allestito con Roberto Sturno
sia Edipo Re che Edipo a Colono nel 1982 e nel 1995, e le cronache raccontano di
edizioni dal tono essenziale, che non lasciavano spazio al compiacimento, e di
grande forza interpretativa, quasi ruvida nella loro pregnanza senza fronzoli.
Un momento dello spettacolo © Manuela Giusto
Questo
Edipo della Compagnia Mauri-Sturno
ripropone, in ununica serata, Edipo Re ed Edipo a Colono, plasmati dalla mano di due registi dalla storia
personale ed anagrafica differente. Edipo
a Colono è di Mauri stesso, attore e regista con sessantanni di attività
alle spalle, frequentatore assiduo di autori classici per la possibilità che
essi offrono, come spiega il manifesto della Compagnia, di proporre un teatro
di qualità sulla base di testi sempre attuali, che offrono nuovi spunti
interpretativi a ogni nuova messinscena. Edipo
Re, che apre la serata, è invece del regista ospite Andrea Baracco, più giovane di quarantanni, autore– tra gli altri
– di un Giulio
Cesare (2012) e di un Amleto (2014)
efficacemente riletti secondo un piglio contemporaneo.
La
scena si apre quindi con un Edipo – Roberto Sturno – in abiti contemporanei,
che si muove in una scenografia di pareti lisce e metalliche, sulle quali si
riflettono luci dalle tinte fredde, inframmezzate da proiezioni video che ne
cambiano laspetto. A terra, una pozza creata da uno scroscio dacqua a sipario
aperto: acqua che sembra simboleggiare lineluttabilità dei tragici eventi che
si susseguono nel destino del protagonista, e nella quale Edipo stesso, e poi
Giocasta, camminano con fatica, cadono, si immergono, si infradiciano
completamente. Ad eccezione, non a caso, di Creonte.
Un momento dello spettacolo
© Manuela Giusto
Nella
sua ricerca ostinata della verità, Edipo urla al cielo: «Non voglio avere paura
di me» e «Voglio sapere chi sono», verità progressivamente svelata dallindovino
Tiresia, interpretato da Mauri. A fianco delle due figure principali si muovono
giovani attori meno credibili nei panni,
moderni, di personaggi cruciali della storia,
resi con un piglio interpretativo che vuole essere convincente attraverso toni
alle volte più gridati che autorevoli.
A
giudicare dalle foto di scena dell82, sembra che il nuovo Edipo a Colono tenti di ripercorrere le tracce, o almeno lestetica, della
passata messinscena. Abiti sartoriali che rievocano antiche tuniche, cubi
sovrapposti a creare un paesaggio sospeso, un piazzato di luci bianche privo di
mutazioni ripropongono unambientazione senza tempo e punti di riferimento. Linterpretazione
registica di Mauri si basa quasi esclusivamente sul lavoro attoriale, sulla
capacità di rendere il drammatico percorso, interiore e fisico, di Edipo verso
la liberazione dalle sue ossessioni. Un lavoro che stride purtroppo, anche qui,
con la minore maturità degli interpreti.
Un momento dello spettacolo
© Manuela Giusto
Quindi
una lettura moderna e una classica dei due nuclei della vicenda di Edipo? Mauri
preferisce, nella sua intervista riportata nel programma di sala, parlare di «due
generazioni di registi che esprimono due diversi modi di concepire il teatro.
Una collaborazione, in cui ognuno ha lavorato con libertà per affrontare la
tragedia classica e accogliendo reciprocamente nuovi punti di vista». Mantenendo
la continuità tra le due messinscene attraverso la presenza degli stessi
attori, in ruoli diversi.
Edipo
e il suo mito sono un caposaldo del teatro e della cultura, e vale la pena
almeno una volta vederli dal vivo a teatro: per riscoprire gli infiniti temi e
filoni che si sovrappongono, catturando animo e mente dello spettatore.
E certamente questo Edipo è un esercizio interessante, almeno in partenza: una duplice
lettura con occhi e sensibilità diverse, per un testo che
mantiene intatto il suo valore attraverso epoche differenti. Ed è questo, in
definitiva, il valore dei classici: riuscire a comunicare immutati contenuti e
valori attraverso allestimenti che si basano su strumenti comunicativi diversi,
davanti a pubblici con punti di vista, riferimenti culturali ed etici,
sensibilità differenti.
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