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Esercizi di regia

di Chiara Benedettini
  Edipo Re/Edipo a Colono
Data di pubblicazione su web 29/11/2016  

Il pubblico si è avvicinato con curiosità a questa edizione di Edipo, in programma alla Pergola di Firenze tra l’8 e il 13 novembre: certamente per il valore intrinseco di un’opera che racconta il percorso di un uomo alla ricerca della comprensione di sé stesso, della verità ad ogni costo, anche a prezzo di grandi sofferenze, e della sua lotta con il destino; ma anche per la possibilità di assistere all’allestimento a cura di Glauco Mauri, che già aveva messo in scena quest’opera oltre venti anni or sono. E infine per vedere come e perché si ri-legge e si ri-allestisce un classico ai giorni nostri, e come i temi sempre attuali di Edipo si confrontino con i nostri tempi e il nostro modo di fare teatro.

Mauri aveva già allestito con Roberto Sturno sia Edipo Re che Edipo a Colono nel 1982 e nel 1995, e le cronache raccontano di edizioni dal tono essenziale, che non lasciavano spazio al compiacimento, e di grande forza interpretativa, quasi ruvida nella loro pregnanza senza fronzoli.


Un momento dello spettacolo
© Manuela Giusto

Questo Edipo della Compagnia Mauri-Sturno ripropone, in un’unica serata, Edipo Re ed Edipo a Colono, plasmati dalla mano di due registi dalla storia personale ed anagrafica differente. Edipo a Colono è di Mauri stesso, attore e regista con sessant’anni di attività alle spalle, frequentatore assiduo di autori classici per la possibilità che essi offrono, come spiega il manifesto della Compagnia, di proporre un teatro di qualità sulla base di testi sempre attuali, che offrono nuovi spunti interpretativi a ogni nuova messinscena. Edipo Re, che apre la serata, è invece del regista ospite Andrea Baracco, più giovane di quarant’anni, autore– tra gli altri – di un Giulio Cesare (2012) e di un Amleto (2014) efficacemente riletti secondo un piglio contemporaneo.

La scena si apre quindi con un Edipo – Roberto Sturno – in abiti contemporanei, che si muove in una scenografia di pareti lisce e metalliche, sulle quali si riflettono luci dalle tinte fredde, inframmezzate da proiezioni video che ne cambiano l’aspetto. A terra, una pozza creata da uno scroscio d’acqua a sipario aperto: acqua che sembra simboleggiare l’ineluttabilità dei tragici eventi che si susseguono nel destino del protagonista, e nella quale Edipo stesso, e poi Giocasta, camminano con fatica, cadono, si immergono, si infradiciano completamente. Ad eccezione, non a caso, di Creonte.


Un momento dello spettacolo
© Manuela Giusto

Nella sua ricerca ostinata della verità, Edipo urla al cielo: «Non voglio avere paura di me» e «Voglio sapere chi sono», verità progressivamente svelata dall’indovino Tiresia, interpretato da Mauri. A fianco delle due figure principali si muovono giovani attori meno credibili nei panni, moderni, di personaggi cruciali della storia, resi con un piglio interpretativo che vuole essere convincente attraverso toni alle volte più gridati che autorevoli.

A giudicare dalle foto di scena dell’’82, sembra che il nuovo Edipo a Colono tenti di ripercorrere le tracce, o almeno l’estetica, della passata messinscena. Abiti sartoriali che rievocano antiche tuniche, cubi sovrapposti a creare un paesaggio sospeso, un piazzato di luci bianche privo di mutazioni ripropongono un’ambientazione senza tempo e punti di riferimento. L’interpretazione registica di Mauri si basa quasi esclusivamente sul lavoro attoriale, sulla capacità di rendere il drammatico percorso, interiore e fisico, di Edipo verso la liberazione dalle sue ossessioni. Un lavoro che stride purtroppo, anche qui, con la minore maturità degli interpreti.


Un momento dello spettacolo
© Manuela Giusto

Quindi una lettura moderna e una classica dei due nuclei della vicenda di Edipo? Mauri preferisce, nella sua intervista riportata nel programma di sala, parlare di «due generazioni di registi che esprimono due diversi modi di concepire il teatro. Una collaborazione, in cui ognuno ha lavorato con libertà per affrontare la tragedia classica e accogliendo reciprocamente nuovi punti di vista». Mantenendo la continuità tra le due messinscene attraverso la presenza degli stessi attori, in ruoli diversi.

Edipo e il suo mito sono un caposaldo del teatro e della cultura, e vale la pena almeno una volta vederli dal vivo a teatro: per riscoprire gli infiniti temi e filoni che si sovrappongono, catturando animo e mente dello spettatore.

E certamente questo Edipo è un esercizio interessante, almeno in partenza: una duplice lettura con occhi e sensibilità diverse, per un testo che mantiene intatto il suo valore attraverso epoche differenti. Ed è questo, in definitiva, il valore dei classici: riuscire a comunicare immutati contenuti e valori attraverso allestimenti che si basano su strumenti comunicativi diversi, davanti a pubblici con punti di vista, riferimenti culturali ed etici, sensibilità differenti.



Edipo Re/Edipo a Colono
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