Macchine
sportive che sfrecciano, rumori assordanti, musica ad alto volume. Fin dalle
sequenze iniziali il panorama visivo e sonoro che si delinea in Veloce come il vento è atipico per il cinema italiano. Giulia De Martino (Matilda De Angelis) è una giovane
promessa dellautomobilismo. La ragazza, non ancora maggiorenne, è costretta a
vivere unesistenza precaria, abbandonata dalla madre e
dedita ad accudire il fratello più piccolo. Il suo
destino è riscattato dalla passione per le quattro ruote e il sogno di
vincere il campionato di Gran Turismo. La sua routine è
spezzata dalla morte del padre, anche suo manager.
Al funerale ritrova dopo molti anni il fratello tossicodipendente
Loris (Stefano Accorsi), un talento
del rally caduto in disgrazia e
costretto a vivere nellindigenza con la compagna. I rapporti tra i due sono
allinsegna della conflittualità ma Giulia intravede in Loris una possibilità
di rinascita, sfruttando la sua esperienza nel
campo delle corse. La loro graduale complicità porterà
la donna a lottare per il titolo fino allultima
gara della stagione.
Il film, ispirato alla storia vera del
pilota di rally Carlo Capone, affronta un genere inconsueto per il cinema italiano: quello sportivo, con il protagonista che riscatta una
vita degradata attraverso il talento e lagonismo. Si
pensi ai più celebri film sul pugilato: Rocky (1976) di John G. Avildsen, Toro scatenato
(1980) di Martin Scorsese e Million Dollar Baby (2005) di Clint Eastwood. La vicenda di Veloce come il vento
attraversa le canoniche tappe di crescita e
sviluppo dei personaggi, con momenti di esaltazione e di drammatizzazione ben
calibrati. A un primo livello il film ripropone le principali formule del
genere, aggiornandole al contesto italiano. Quello che cambia è la scelta di attualizzare
la vicenda ai tempi della
crisi economica, evocata dallo stato di precarietà
in cui si trovano i protagonisti. Il film di Matteo Rovere unisce quindi lapprofondimento
della società odierna allintrattenimento tipico dei film di
automobilismo. I suoi modelli di riferimento
sono Giorni di tuono (1990) di Tony Scott e Rush (2013) di Ron Howard.
Un momento del film
È in questottica che Rovere e gli
sceneggiatori Filippo Gravino e Francesca Manieri affrontano la sfida
più suggestiva, ma anche la più rischiosa: rendere verosimile una storia
italiana di sudore e competizione. Il risultato va oltre ogni più rosea aspettativa.
Il film sviluppa la classica parabola di presa di coscienza del protagonista:
Loris, da cinico e disincantato antieroe, spettatore della
vita, diventa protagonista consapevole del suo
talento. Il rapporto dialettico con la sorella, dapprima caratterizzato
dallincomunicabilità, ma poi allinsegna dello spirito di squadra, è la molla
che fa scattare la sua crescita.
Veloce
come il vento procede senza
nessun intoppo, aiutato da un montaggio energico perfettamente in linea con
lambientazione. La passione di Giulia e Loris per le corse automobilistiche
fornisce la bussola visiva e sonora del film.
Lestetica delle gare orienta le scelte
narrative e registiche, con luso frequente di camera-car e sequenze al ralenti.
Specialmente le scene ambientante nei circuiti
agonistici adottano un montaggio e una tensione tipici del linguaggio giornalistico sportivo, con il ricorso agli highlights della gara e alla grafica in sovrimpressione.
Un momento del film
La carta
vincente del film è linterpretazione di Stefano Accorsi, che riesce a calarsi
in Loris De Martino in modo sorprendente, scegliendo di esaltare, con laiuto
del trucco, gli aspetti più sgradevoli del personaggio. Accorsi adotta un
registro mimetico sottolineando la magrezza e la sciattezza tipica del
tossicodipendente, e caratterizzando la parlata con la scelta di uno stretto
dialetto romagnolo. Il suo Loris però acquista uno spessore insolito nei
sottotesti legati alla sua vocazione
autodistruttiva e violenta. I momenti più significativi sono legati a immagini di
morte, come nelle scene che lo vedono abbrutirsi nellassunzione della droga e, in
particolare, nella sequenza finale ambientata in un cimitero. Loris è un
personaggio riuscito perché veritiero e in linea con landamento epico della
narrazione.
Veloce come il vento è un film di
pregevole fattura, che ha il coraggio di rischiare sia nella forma sia nei
contenuti. È difficile dire se loperazione di Matteo Rovere, già produttore di
Smetto quando voglio (2014), possa
essere finalmente loccasione per lo sviluppo di ulteriori più audaci progetti, oppure sia solamente
una eccezione nel panorama cinematografico italiano.
Tuttavia il film è la prova che un cinema che sa confrontarsi con modelli
competitivi e contemporanei è possibile anche in Italia.
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