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Giorni di tuono all'italiana

di Nicola Stefani
  Veloce come il vento
Data di pubblicazione su web 04/05/2016  

Macchine sportive che sfrecciano, rumori assordanti, musica ad alto volume. Fin dalle sequenze iniziali il panorama visivo e sonoro che si delinea in Veloce come il vento è atipico per il cinema italiano. Giulia De Martino (Matilda De Angelis) è una giovane promessa dell’automobilismo. La ragazza, non ancora maggiorenne, è costretta a vivere un’esistenza precaria, abbandonata dalla madre e dedita ad accudire il fratello più piccolo. Il suo destino è riscattato dalla passione per le quattro ruote e il sogno di vincere il campionato di Gran Turismo. La sua routine è spezzata dalla morte del padre, anche suo manager. Al funerale ritrova dopo molti anni il fratello tossicodipendente Loris (Stefano Accorsi), un talento del rally caduto in disgrazia e costretto a vivere nell’indigenza con la compagna. I rapporti tra i due sono all’insegna della conflittualità ma Giulia intravede in Loris una possibilità di rinascita, sfruttando la sua esperienza nel campo delle corse. La loro graduale complicità porterà la donna a lottare per il titolo fino all’ultima gara della stagione.  

Il film, ispirato alla storia vera del pilota di rally Carlo Capone, affronta un genere inconsueto per il cinema italiano: quello sportivo, con il protagonista che riscatta una vita degradata attraverso il talento e l’agonismo. Si pensi ai più celebri film sul pugilato: Rocky (1976) di John G. Avildsen, Toro scatenato (1980) di Martin Scorsese e Million Dollar Baby (2005) di Clint Eastwood. La vicenda di Veloce come il vento attraversa le canoniche tappe di crescita e sviluppo dei personaggi, con momenti di esaltazione e di drammatizzazione ben calibrati. A un primo livello il film ripropone le principali formule del genere, aggiornandole al contesto italiano. Quello che cambia è la scelta di attualizzare la vicenda ai tempi della crisi economica, evocata dallo stato di precarietà in cui si trovano i protagonisti. Il film di Matteo Rovere unisce quindi l’approfondimento della società odierna all’intrattenimento tipico dei film di automobilismo. I suoi modelli di riferimento sono Giorni di tuono (1990) di Tony Scott e Rush (2013) di Ron Howard.


Un momento del film

È in quest’ottica che Rovere e gli sceneggiatori Filippo Gravino e Francesca Manieri affrontano la sfida più suggestiva, ma anche la più rischiosa: rendere verosimile una storia italiana di sudore e competizione. Il risultato va oltre ogni più rosea aspettativa. Il film sviluppa la classica parabola di presa di coscienza del protagonista: Loris, da cinico e disincantato antieroe, spettatore della vita, diventa protagonista consapevole del suo talento. Il rapporto dialettico con la sorella, dapprima caratterizzato dall’incomunicabilità, ma poi all’insegna dello spirito di squadra, è la molla che fa scattare la sua crescita.

Veloce come il vento procede senza nessun intoppo, aiutato da un montaggio energico perfettamente in linea con l’ambientazione. La passione di Giulia e Loris per le corse automobilistiche fornisce la bussola visiva e sonora del film. L’estetica delle gare orienta le scelte narrative e registiche, con l’uso frequente di camera-car e sequenze al ralenti. Specialmente le scene ambientante nei circuiti agonistici adottano un montaggio e una tensione tipici del linguaggio giornalistico sportivo, con il ricorso agli highlights della gara e alla grafica in sovrimpressione. 


Un momento del film

La carta vincente del film è l’interpretazione di Stefano Accorsi, che riesce a calarsi in Loris De Martino in modo sorprendente, scegliendo di esaltare, con l’aiuto del trucco, gli aspetti più sgradevoli del personaggio. Accorsi adotta un registro mimetico sottolineando la magrezza e la sciattezza tipica del tossicodipendente, e caratterizzando la parlata con la scelta di uno stretto dialetto romagnolo. Il suo Loris però acquista uno spessore insolito nei sottotesti legati alla sua vocazione autodistruttiva e violenta. I momenti più significativi sono legati a immagini di morte, come nelle scene che lo vedono abbrutirsi nell’assunzione della droga e, in particolare, nella sequenza finale ambientata in un cimitero. Loris è un personaggio riuscito perché veritiero e in linea con l’andamento epico della narrazione.

Veloce come il vento è un film di pregevole fattura, che ha il coraggio di rischiare sia nella forma sia nei contenuti. È difficile dire se l’operazione di Matteo Rovere, già produttore di Smetto quando voglio (2014), possa essere finalmente l’occasione per lo sviluppo di ulteriori più audaci progetti, oppure sia solamente una eccezione nel panorama cinematografico italiano. Tuttavia il film è la prova che un cinema che sa confrontarsi con modelli competitivi e contemporanei è possibile anche in Italia.



Veloce come il vento
cast cast & credits
 


La locandina del film



 
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