«Elena
che superava ogni donna in bellezza, abbandonato il suo illustre marito, andò a
Troia per mare, scordando del tutto la figlia e i genitori» (Saffo, 16 LP); Elena «cagna
perversa e abominevole» (Iliade, VI,
v. 344). Elena che, in nome dellamore, infrange
i tabù e dimentica i suoi ruoli di moglie, madre e figlia; è questa limmagine radicata
nel nostro immaginario.
E
se invece Elena non fosse fuggita con Paride? Se la più bella tra le donne
fosse rimasta fedele al marito Menelao? Se il suo fantasma, un eidolon evanescente, e non Elena in
persona avesse tradito il marito causando la guerra di Troia? Allora Greci e
Troiani avrebbero combattuto per “una nuvola” e la più terribile delle guerre
sarebbe stata inutile.
La
tragedia Elena di Euripide, rappresentata
per la prima volta ad Atene nel 412 a.C., racconta un filone alternativo del
mito della guerra di Troia, narrato da Esiodo e dal poeta lirico Stesicoro,
secondo il quale la moglie di Menelao sarebbe stata condotta, per volontà della
dea Era, in Egitto presso la corte del re Proteo. Il suo fantasma, una «nuvola
di aria», avrebbe quindi causato la guerra di Troia. La fama poi inarrestabile
della donna adultera dalla bellezza perniciosa, causa di tutti i mali, avrebbe attraversato
lecumene e il tempo giungendo fino a noi.
Elena è un dramma non
facile perché si confronta con uno dei miti più conosciuti della classicità: il
rapimento di Elena e la conseguente guerra di Troia. Ma, poiché approfondisce
un filone secondario del mito, confonde e stupisce gli spettatori di ieri e di
oggi unendo il piacere del riconoscimento al gusto della sorpresa.
La
rappresentazione di Elena è poco
frequentata. Basti qui ricordare Elena e il suo fantasma, rappresentata nel 2003 in occasione del 56 °
ciclo di spettacoli classici del Teatro Olimpico di Vicenza, con la regia di Marco Sciaccaluga.

Un momento dello spettacolo © Aléx Daní
Lo
spettacolo Elena e il suo doppio,
regia di Christian Poggioni, direzione
drammaturgica di Elisabetta Matelli,
di scena al Teatro S. Lorenzo alle Colonne di
Milano il 10 marzo scorso, si basa sul dramma euripideo. Nello spettacolo si mescolano
sapientemente momenti tragici e comici nel rispetto del testo originale. Siamo nella
corte egiziana governata da Teoclimeno, il pretendente di Elena. La scenografia
è minimale: la tomba del re Proteo, alcuni gradini e la consueta porta che si
apre su spazi retroscenici. Elena compare in scena tra ancelle intente a filare
e per analogia il pensiero corre subito a Penelope tessitrice, la moglie devota
per eccellenza. Di particolare interesse la ricostruzione dellantico filatoio,
basata su un reperto archeologico, ad opera di Dino Serra.
La
prima parte dello spettacolo è melodrammatica. Elena, edotta da Teucro sugli
avvenimenti tragici di Troia, si dispera, urla e piange, sorretta dalle ancelle.
Emerge con evidenza lo studio scrupoloso della gestualità dellattore tragico
che non si limita a parlare in scena ma agisce e interagisce. Giulia Quercioli ha il merito di esprimere
il pathos della protagonista attraverso
luso consapevole della voce e la gestualità convincente. Il coro intorno a lei,
composto da cinque donne, ne amplifica i sentimenti. Le coreute ballano, cantano
e interagiscono armoniosamente sia in gruppo che singolarmente. Purtroppo solo
nel finale, per ineludibili esigenze di ricezione, cantano in greco antico il
verso toiond apebe tode pragma (“così
termina questa storia”).
Tra
le scene comiche è particolarmente riuscita quella in cui Menelao (Stefano Rovelli), vestito di stracci, reclama
ospitalità presso la corte egizia. Leroe si vanta con la vecchia portinaia
della sua origine nobile e della sua abilità bellica, ma la serva lo scaccia rispettando
la volontà del padrone di non accogliere nessun greco.
Con
toni leggeri emerge in controluce un tema importante e di stretta attualità:
laccoglienza dello straniero. I rapporti tra Occidente (Grecia) e Oriente
(Egitto) sono complessi, ieri come oggi. Significativa la prevaricazione della
furbizia greca (di Elena) sullingenuità egizia (di Teoclimeno) nel finale
della storia. Lo spettacolo unisce con un filo sottile il contesto storico di Atene del 412 a.C., coinvolta e
sconvolta nella Guerra del Peloponneso, e la nostra contemporaneità. Linutilità
della guerra, generata da futili motivi, da “nuvole” di pretesti, è espressa in
modo sinteticamente tragico dal vecchio messaggero (Federica Scazzarriello in una rhesis di straordinaria bravura): «abbiamo
sofferto invano per una nuvola».

Un momento dello spettacolo © Aléx Daní
Anche
il tema del doppio, al centro del dramma euripideo, suscita interrogativi e
riflessioni attuali. Nella tragedia di Euripide si contrappongono Elena-nuvola
creata dagli déi, prototipo della donna seduttrice e fedifraga, e Elena-reale,
moglie fedele. Le due entità non entrano mai in contatto e la nuvola si
dissolve nellavanzamento del plot. Come
Elena anche luomo contemporaneo, social in rete e individualista nella vita quotidiana, sembra vivere unesistenza bipolare:
una vita virtuale-iconica e una reale-corporea.
In rete le immagini e le notizie viaggiano veloci così come la cattiva fama di
Elena si diffonde nel Mediterraneo.
La
sofferenza di Elena, causa di tutti i mali, è tale da farle dire: «Oh se
potessi cancellare il mio splendido aspetto, come si toglie il colore da una
statua e assumerne uno brutto».
Originale
lintermezzo musicale Miao di Rossini eseguito dal vivo da Adriano Sangineto. Il duetto, cantato dal
musicista e da una corifea, rompe in modo inaspettato la quarta parete e
suggerisce un ulteriore livello di interpretazione. Elena e Menelao, finalmente
riuniti, ballano, si abbracciano e si baciano. Elena in questa scena esprime
pienamente il suo fascino, la sua fisicità. La donna non è, e non può essere,
una statua incolore; è una gatta che fa le fusa, che seduce sia il marito che Teoclimeno.
I due uomini sono sedotti e remissivi. Elena è la regista degli avvenimenti,
come emerge poi nel piano di fuga da lei ideato e messo in atto.

Un momento dello spettacolo © Aléx Daní
Lo
spettacolo ha il merito di suggerire la complessità interiore della protagonista
riconducibile alluniverso femminile composito delle eroine tragiche euripidee.
Unaltra donna appare affascinante e inquietante: Teonoe, interpretata da Federica Gurrieri, è la veggente, la
diversa, colei che sa e che comprende. Lattrice ne esprime la “diversità”
attraverso lo sguardo alienato e i gesti manierati.
I
costumi, realizzati con tessuti raffinati e decorazioni in ottone e cuoio,
rievocano le atmosfere orientali e, più in generale, un mondo a colori in cui
le tinte si mescolano, le sfumature si confondono e «ogni colore nasce
dallinfluenza del suo vicino» (C. Monet). Lo spettacolo ha il merito di
restituire la policromia del teatro greco antico: un teatro a “colori” al pari
dellarte ellenica.
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