Pubblichiamo lintervista,
a cura di Gabriella Gori, a Cristina Bozzolini, direttrice della Scuola del
Balletto di Toscana, dello Junior Balletto di Toscana e dellAterballetto.
È
sempre unemozione incontrare grandi personalità specie se, a dispetto del loro
carisma, condensano in poche parole il loro credo artistico: «Non si può fare
danza rinunciando alla danza». Questa la lapidaria affermazione di Cristina Bozzolini che ribadisce limportanza
di non perdere mai di vista lessenza stessa dellarte coreutica. Unidentità non
derogabile e non confondibile con altre forme di espressività cinetica. Figura
storica della danza fiorentina e italiana, Cristina Bozzolini è stata prima
ballerina del Corpo di Ballo del Maggio Musicale Fiorentino e vanta una
carriera di successi personali a fianco di partner del calibro di Rudolf Nureyev, Michail Barysnikov, Amedeo Amodio.
Successi a cui fanno eco le soddisfazioni di esperta didatta nella Scuola del Balletto
di Toscana, di volitiva fondatrice del Balletto di Toscana prima e dello Junior
Balletto di Toscana poi, e di energica direttrice dellAterballetto di Reggio
Emilia. Un
sommarsi di ruoli che rendono unico il suo essere e vivere per la danza con lintensità
e la caparbietà di chi ha da dire la sua, è aperto al confronto, non teme
critiche e guarda dritto davanti a sé.
Cristina, quale
è stata la sua reazione alla notizia della chiusura di MaggioDanza
a fine agosto 2015? Ho
provato un vero dolore perché nel lontano 1966, lanno dellalluvione, noi ballerini,
che lavoravamo solo cinque o sei mesi lanno, riuscimmo con un concorso a
diventare stabili e a far nascere un corpo di
ballo che prima non esisteva. Addirittura sotto la direzione artistica di Evgheni Polyakov si riteneva che il
corpo di ballo di Firenze fosse migliore di quello della Scala. E per un
periodo è stato davvero il migliore in Italia. Al dispiacere si somma lamara
consapevolezza di aver lottato per una cosa che non esiste più e trovo
inaccettabile che Firenze, la mia Firenze, non abbia un corpo di ballo. È una
contraddizione rispetto al peso culturale e artistico della città, ma nutro la
speranza che prima o poi qualcuno possa ritrovare il desiderio e la volontà di
ricostituirlo.
Quali sono stati
secondo Lei i motivi che hanno portato a questo epilogo?
Dalla
fine degli anni Sessanta, quando siano diventati stabili, a tutti gli anni
Ottanta è stato un crescendo e al Comunale lavoravano i più gradi nomi. Penso soprattutto
al periodo in cui era sovrintendente Massimo
Bogiankino, una persona unica per il suo amore in egual misura per la
musica, la lirica, la danza, e sono felice di essere stata tanti anni con lui.
È chiaro che nel tempo sono stati fatti degli errori ma ritengo che la crisi
vera sia venuta dopo e gli errori siano stati fatti prima. Forse anche nei
momenti doro ci voleva più attenzione, più lungimiranza, non pretendere troppo
e non dare tutto per scontato anche da parte delle maestranze, dei sovrintendenti,
degli artisti. Neppure i sindacati si sono interrogati sulla questione. A mio
avviso si è perso di vista la progettualità del teatro, concentrandosi solo sul
presente senza chiedersi come sarebbe stato il futuro. Lo stesso gruppo
dirigente non ha considerato questo aspetto e poi, senza far polemica,
bisognava domandarsi se tanti privilegi, da un punto di vista economico, potevano
essere mantenuti. Comunque al di là di tutto il teatro è importante e per me bisogna
continuare a ritenerlo lo specchio di una società civile e riconoscere alla
danza il posto che le spetta.
Volendo riconoscere alla danza il posto che le spetta, quali sono gli obiettivi
della Scuola del Balletto di Toscana?
Quello che contraddistingue la mia scuola è la possibilità di formarsi fin da
piccoli attraverso lo studio della danza. La
selezione per la professione avviene più tardi, quando si prospettano le potenzialità individuali, e non riguarda i bambini. Tutti devono
provare il piacere e il gusto di ballare perché studiare danza è formativo anche
per chi non farà o non vorrà diventare ballerino. Altra cosa speciale, non solo
rispetto alle scuole italiane ma anche straniere, è lidentica preparazione rivolta
alla formazione di danzatori classici e contemporanei. Gli allievi studiano sia
il classico che il contemporaneo in quanto oggi è necessario essere preparati in
entrambe le discipline e questo indipendentemente dalla successiva
specializzazione classica o contemporanea. I più grandi esempi di questa
versatilità sono lOpera di Parigi e il Royal Ballet che una sera presentano il
repertorio con il Lago dei cigni e la
sera dopo un lavoro contemporaneo di McGregor.
È sempre stato il mio sogno e dal 2000 lho potuto realizzare. La duplice formazione
che dà la Scuola del Balletto di Toscana è unica. A Rotterdam cè la più
importante scuola di contemporaneo ma studiano il classico in modo superficiale;
lo stesso dicasi per Cannes e Montecarlo dove si verifica linverso,
privilegiano il classico a discapito del contemporaneo. No, nella mia scuola lattenzione
è duplice e questa credo sia una caratteristica non da poco.
E lo Junior
Balletto di Toscana?
Lidea
di creare una compagnia con le caratteristiche dello Junior risale all83 quando
smisi di ballare ma i tempi non erano maturi.
Poi nel lasso di tempo intercorso tra la chiusura del Balletto di Toscana nel 2000 e linizio della
co-direzione artistica del Balletto di Roma nel 2002, ho deciso di far vivere
ai miei allievi unesperienza straordinaria e professionale unendo lo studio
della sala alla verifica su palcoscenico con coreografi veri. Il caso ha voluto
che mentre perseguivo questo progetto, il mercato ha cominciato a richiedere
ballerini sempre più pronti e con esperienza di palcoscenico alle spalle. Una
domanda di direttori e coreografi a cui bisognava dare una risposta adeguata. Ai
miei tempi o di mia figlia Sveva volevano tutti danzatori giovanissimi,; io ad esempio ho iniziato a quindici anni, ora invece
vanno bene anche i diciottenni, meglio se hanno venti, ventuno e ventidue anni
perché sono ritenuti più maturi e più preparati. Ma non è un
controsenso pretendere esperienza da ballerini in pectore se non è data loro lopportunità
di farsela sul campo?
È
il paradosso odierno della danza. Come e dove è possibile farsi lesperienza se
non ti prendono a ballare? Lo Junior, formato da elementi della Scuola del
Balletto di Toscana, serve a maturare quellesperienza e a poterla scrivere nel
curriculum. Questo consente di essere accettati alle audizioni e al tempo
stesso offre quel periodo di tirocinio artistico che viene richiesto nel
momento in cui si vuol intraprendere la professione. In buona sostanza lo Junior
si comporta come una compagnia stabile seguendo quella che è ormai una
consolidata prassi europea. I Rencontres
Internationals de Jeunes Ballet di Cannes, a cui abbiamo partecipato a
febbraio dello scorso anno insieme al Ballet Junior di Ginevra, al Ballet
Junior di Monaco e al Cannes Jeune Ballet, sono nati propri con lo scopo di creare
occasioni professionalizzanti nei teatri e con coreografi di mestiere.
Che tipo di
programmazione è quella dello Junior?
Lo
Junior esiste da dodici anni e allinizio proponeva serate miste di coreografi
diversi e per tanti anni questo tipo di programmazione ha funzionato bene,
forse anche grazie al nome del Balletto di Toscana che ha aperto la strada. Negli
ultimi cinque anni ho cominciato a guardare al balletto “a serata intera” perché, oltre a
vendersi meglio in quanto attira più facilmente gli operatori e il pubblico,
ritengo che sia culturalmente più formativo. Con titoli come Coppelia di Fabrizio Monteverde, Giselle
di Eugenio Scigliano, Romeo e Giulietta di Davide Bombana,
i danzatori dello Junior sono stati obbligati a conoscere gli stessi balletti
in altre versioni, comprese quelle originali, e hanno approfondito la loro
cultura di danza e affinato le loro doti interpretative. Non escludo in futuro
di dare spazio a coreografi contemporanei per dei piccoli pezzi ricreando delle
serate miste. Questa formula permette ad autori di talento di lavorare con
persone preparate. Spesso a mancare non sono i bravi coreografi ma i bravi
ballerini. La danza contemporanea sta nascendo di qua e di là ma delle volte
difetta la materia prima, ovvero interpreti capaci.
E di Aterballetto,
la compagnia ammiraglia, che mi dice?
Dirigo
lAterballetto dal febbraio 2008 e credo che col passare del tempo e levolversi
delle situazioni bisognerebbe reinventare alcune parole per esprimere meglio quello
che stiamo facendo. Fino a poco tempo fa parlavo di Aterballetto come di una
compagnia di balletto contemporaneo ma mi fecero notare che, portando in scena creazioni
di Cristina Rizzo e Roberto Di Stefano, facevo anche danza
contemporanea. Losservazione mi spinse a riflettere e a cambiare lintestazione
in compagnia di balletto e danza contemporanea in modo da comprendere nel
repertorio produzioni sulle punte e sulle mezze punte. Le punte mi piacciono
molto, soprattutto se adoperate in modo non classico;
e come apprezzo la ricerca contemporanea di Rizzo e Di Stefano, altrettanto mi stimola quella sulle punte. Stilisticamente
Aterballetto è un organico composto da ballerini di formazione classica ma
mentalmente e tecnicamente capaci di fare il contemporaneo. È lunione di
questi due stili che mi permette di realizzare quella che è sempre stata la mia
idea di compagnia. Amo la danza e la bella danza. Mi va bene anche la brutta
danza, quella non conforme ai canoni estetici di riferimento, ma deve comunque esprimere
qualcosa di interessante e avere una sua coerenza, altrimenti non mi interessa.
Azzardare, provocare, stupire, è stimolante ma non devono mai mancare la danza
e lemozione. Quale tipo di
danza contemporanea predilige?
Non
quella troppo astratta o troppo cerebrale. Anche nella danza contemporanea è
necessario capire il senso e cogliere la trasmissione di emozioni e messaggi.
Sono molto aperta alle novità ma su certe cose non transigo e anzi se ho una
paura in questo momento è che la danza vera possa sfuggire di mano. Non si può
fare danza rinunciando alla danza. Questo è il mio parere e credo di essere nel
giusto a guardare i risultati e i consensi che Aterballetto ottiene dovunque si
presenti in Italia e allestero.
Quali sono i
programmi della compagnia?
Il
23 marzo debuttiamo al Teatro Comunale di Modena con la prima assoluta di Bliss, un balletto molto raffinato di Johan Inger su musica di Keith Jarrett. Inger ha già realizzato per
noi Rain dogs e la sua presenza sarà
unoccasione di crescita. In questo 2016 continuiamo a presentare in Italia, e
in particolare in Germania, le ultime produzioni Lego di Spota e Antitesi di Andonis Foniadakis, unite alle riprese di pezzi di Forsythe, Inger, Di Stefano, Rizzo, Scigliano, Kylián, e di alcuni nostri ballerini che si stanno lanciando nella
coreografia come Philippe Kratz. Questultimo con Leco dellacqua ha avuto grande successo a Roma allAuditorim. Poi
Jiri Pokorny, un artista che proviene
dal Nederlands Dans Theater, creerà per la compagnia e lo stesso farà Cristina Morganti, una ballerina di Pina Bausch che firmerà un lavoro per
Aterballetto ma non sarà teatrodanza. Nel 2017 è prevista una nuova creazione del
coreografo Hofer Shechter e un
balletto a serata intera, a cui tengo molto ma di cui è prematuro parlare.
Nella direzione
artistica cosa è cambiato da quando Lei ha preso il posto di Mauro Bigonzetti?
Quando
sono subentrata a Mauro non è stato semplice cambiare le linee guida e per non
sconvolgere troppo limpostazione di una cosiddetta compagnia dautore si
continuavano a interpretare coreografie di Bigonzetti,
rimasto coreografo principale dellAterballetto fino al 2012. Da tre anni
abbiamo iniziato a mettere insieme un repertorio nuovo e con questo affrontiamo
le tournées in Italia e allestero.
A proposito di
Bigonzetti che dire della sua nomina a direttore del Corpo di Ballo della Scala?
Ne
sono stata molto contenta. La sua Cenerentola
è piaciuta tantissimo e quando si vociferava di questa possibilità gli ho consigliato
di accettare. Lo ritengo un direttore capace e un bravo coreografo. Lho sempre
stimato e continuo a stimarlo. È un italiano alla Scala e anche se non sarà un
compito facile, penso debba provarci. Ha una grandissima esperienza, ha
lavorato con i più grandi corpi di ballo e nei più importanti teatri nel mondo,
questa nomina arriva al momento giusto. E poi sono stata la prima a
commissionargli un balletto nel 1991. Si intitolava Sei in movimento e nacque per un piccolo festival di giovani autori
vicino a Firenze. In virtù di tutto questo non posso che augurargli un sincero
e sentito in bocca al lupo.
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