Lo scontro allegorico fra Denaro
e Arte, fra potere corruttivo e onestà persuasiva, è proposto da Marivaux in una pièce poco conosciuta, Le
Triomphe de Plutus (1728); divertente e intelligente per i dialoghi acuti e
martellanti e per il finale in musica. La morale della favola deriva dallesito
della scommessa posta da Plutone (Dio Denaro) ad Apollo (Dio Artista e
Intellettuale) e risulta educativa, sia per il Secolo dellAutore, sia per i
giorni nostri. La seduzione della ricchezza ha la meglio sulle sollecitazioni
di Bellezza, Intelligenza e Amore. Vince e stravince Plutone, nella conquista del
premio femminile in palio. Pago e contento della supremazia dimostrata, si gode
il trionfo, quando risale allOlimpo da cui era sceso in dorata mongolfiera.
Vittoria celebrata dagli umani rimasti sulla terra, toccati e convertiti dalla
pioggia dorata delle sue elargizioni.
Il regista Beppe Navello (anche traduttore, con soluzioni pregiate, di un
testo ricco di insidie lessicali e semantiche) ha meditato a lungo il progetto,
lo ha realizzato nel 2015 e ora in tournée
così lo motiva: «Quando nel 1997 ho letto per la prima volta quello che
sembrava un esile atto unico, mi sono ritrovato fra le mani una favola morale
di straordinaria, esemplare efficacia nel rappresentare in modo fulmineo la
capacità corruttiva del denaro e come succede spesso ai grandi classici, nel
far traspirare dalle parole unaria di sempiterna contemporaneità». Nella
durata di unora, lo spettacolo di Teatro Piemonte Europa lascia un senso di dolce-amaro,
perché conferma la cedevolezza alla tentazione dogni persona umana, assieme a unabilità
rappresentativa convincente. Una prova preparata e ben riuscita grazie al suo gruppo
di attori ancora giovani, ma coscienti e maturi. Larmonia degli elementi
scenici, figurativi e musicali, in rapporto alla resa recitativa, offre
uninterpretazione di sostanziale aderenza filologica e di notevole spontaneità
comunicativa.
Un momento dello spettacolo
© Lorenzo Passoni
La trama dichiarata, la conquista di una donna da parte degli Dei rivali manifestatisi sotto falsi nomi e sembianze umane, si svolge rapida e inesorabile, in perfetto equilibrio fra azione e reazione, fra i sentimenti nobili e gli interessi venali dei protagonisti. Il dispositivo scenico di Francesco Fassone consiste in un cielo bianco, nuvoloso e incombente e in un piano inclinato che delimita lesterno duna ricca dimora, quella di Armida, signore zio e tutore di Aminta, la giovane due volte corteggiata. Dal fondo e dalla quinta emergeranno i Musici, per lAria dellIntermezzo, dedicato da Apollo/Ergasto ad Aminta e il Vaudeville del gran finale. Sono distinti e caratterizzati i personaggi, dalla rilevata corrispondenza fra gestualità e parola e dai costumi di bellezza essenziale, con particolare luminosità colorata nella veste di Aminta. Belle analogie o contrasti raffinati, vengono tessuti per gli scambi interpersonali. Così, il primo incontro fra Plutone e Apollo sottolinea opposizioni convenzionali.
La ricchezza appare strafottente e millantata nella postura, nel contegno e nella dizione rude di Alberto Onofrietti, in marsina nera: il nome Richard delloriginale trova in Riccardo un vero “riccastro” attuale. Apollo/Ergasto conta sullesaltazione di virtù e cultura. Lo impersona Camillo Rossi Barattini con eleganza e tatto un po naif e una compitezza che non lo abbandona nemmeno allevidenza dello smacco. Sottili le armi linguistiche del loro duello, ricamato a colpi di fioretto e con volgarità nel contrattacco di Riccardo, che fa allusioni sessuali e si permette di orinare (di spalle) in pubblico. Diego Casalis è un Armida di logica impassibile nel fiutare il tornaconto, e trasgressivo, con un cappello da cowboy, quando viene trascinato nella festa pagata dal Dio. LAminta di Daria Pascal Attolini, che è Diva e Musa per Ergasto e carne fresca sul mercato, per Riccardo, resta costante nella bellezza inamidata della gonna a guardinfante e negli occhi sgranati sui gioielli avuti in dono di cui sagghinda. La freddezza della sua risposta è persino indecente, alle profferte più rozze e al lusso ostentato. Per femminilità simpone invece la scaltra semplicità di Spinetta, viva nella personalità di Eleni Molos, sempre tempestiva alloccasione e allumore mutevole dei padroni. Piace molto anche Stefano Moretti, lArlecchino valletto di Ergasto, che citando sobriamente la maschera ereditata da Vicentini/Thomassin (in Compagnia con Luigi Riccoboni a recitare Marivaux da vivo), insegue, con ruote e capriole, il cibo e la paga, sempre razionati e dilazionati.
Un momento dello spettacolo
© Lorenzo Passoni
Lo spettacolo diventa decisamente corale e ancor più attraente, nel Divertissement scandito dai couplets del Vaudeville in incalzante rimario, che il pubblico può leggere su un rotolo stampato, svolto a lato del proscenio. La musica originale di Germano Mazzocchetti dalle note depoca coglie accordi ed echi e li evolve in anacronistica operetta o musical moderno, composto di ritmi sudamericani, di swing e di ragtime. Nellepisodio conclusivo spicca Cristina Arcari, non più Damina in parrucca, ma chanteuse ironica e sensuale. Mentre la gioia, contagiosa per tutti, sesprime anche nella danza, la sua voce sancisce ancora la potenza pervasiva del Denaro e concorre a commentare la situazione precaria dellAutore di Teatro, soggetto a tanti limiti e in definitiva sospeso alla risposta del giudizio inappellabile dello spettatore.
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